Pur essendo paragonabili a livello di efficacia nel prevenire l'ictus in pazienti con problemi di fibrillazione atriale non valvolare, il dabigatran, l'anticoagulante inibitore diretto della trombina, sarebbe più sicuro rispetto al rivaroxaban, riducendo il rischio di incorrere in effetti collaterali, come le emorragie, nonché in eventi fatali. È la conclusione a cui sono giunti
Immaculada Hernandes, del Dipartimento di Farmacia e Terapia della Facoltà di Farmacia dell'Università di Pittsburgh, e
Yuting Zhang del Dipartimento di Politica e Gestione Sanitaria sempre dell'Università di Pittsburgh, USA. I dati sono stati riportati sull'American Journal of Cardiovascular Drugs.
Dai risultati è emerso che il rischio di ictus ischemico sarebbe simile tra i due trattamenti, tuttavia la dose da 20 mg di rivaroxaban sarebbe associata ad un maggiore rischio di altri eventi di origine tromboembolica e di tutte le cause di mortalità rispetto a dabigatran 150 mg. Anche il rischio di emorragie maggiori, emorragie in generale e quelle gastrointestinali aumenterebbe con il rivaroxaban, mentre non sarebbe diverso il rischio di emorragie intracraniche. Gli stessi risultati sarebbero stati ottenuti confrontando i dosaggi più bassi dei due anticoagulanti.
Secondo gli autori, “non ci sono differenze nella prevenzione dell'ictus, mentre il rivaroxaban è associato ad un aumento del rischio di emorragia. Dunque – hanno sottolineato – nonostante la somministrazione di dabigatran richieda due dosi al giorno al rivaroxaban, il primo avrebbe un migliore rapporto rischio/beneficio nella pratica clinica”. Insomma, secondo Hernandes e Zhang “dabigatran si è mostrato superiore a rivaroxaban per quel che riguarda la sicurezza d'impiego”.
Per lo studio, i ricercatori hanno utilizzato i dati di Medicare, un programma sanitario americano, selezionando i pazienti con fibrillazione atriale che avevano cominciato una terapia anticoagulante a base di dabigatran, alla dose di 150 o 75 mg, o rivaroxaban, da 20 o 15 mg, tra il novembre 2011 e la fine del 2013. In totale, sono stati presi in considerazione 7.322 pazienti trattati con dabigratan 150 mg, 5.799 con rivaroxaban 20 mg, 1.818 con la dose più bassa di dabigatran e 2.568 con la dose più bassa di rivaroxaban.
Per valutare l'efficacia dei due anticoagulanti, i ricercatori hanno contato gli ictus ischemici, altri eventi di origine tromboembolica e tutte le cause di mortalità. Per la sicurezza, Hernandes e Zhang hanno considerato qualsiasi tipo di emorragia e le emorragie maggiori, distinte in intracraniche ed extracraniche, tra cui quelle a livello gastrointestinale. Per confrontare meglio una popolazione eterogenea, poi, i due ricercatori americani hanno applicato il propensity score weighting.
I pazienti sono stati tenuti sotto controllo fino all'eventuale comparsa di eventi avversi, fino alla sospensione della terapia o al passaggio ad un altro anticoagulante. In particolare, per i vari gruppi, si è andati da un periodo di osservazione medio di 385 giorni per i pazienti trattati con dabigatran 150 mg, ai 239 per quelli in terapia con rivaroxaban 15 mg. Mentre l'età media, prima di applicare il propensity score, era di 75,64 anni nei pazienti trattati con la dose più alta di dabigatran e 75,44 in quelli in terapia con rivaroxaban 20 mg. I due dosaggi più bassi, invece, sono stati somministrati a pazienti più anziani, con un'età media di 82 anni per dabigatran e 81,71 per quelli trattati con rivaroxaban. Inoltre, anche se il dosaggio più basso di entrambi i farmaci è indicato nei malati con ridotta funzionalità renale, solo il 52,6% tra le persone in terapia con dabigatran 75 mg e il 51,5% di quelle trattate con rivaroxaban 15 mg aveva problemi a livello renale. In ogni caso, dopo l'applicazione del propensity score, le caratteristiche dei pazienti sono state bilanciate tra i quattro gruppi, dimostrando così che il dato su dabigatran è evidente anche nei pazienti più anziani e con ridotta funzionalità renale.
In passato, per confrontare i due farmaci, si sono messi a paragone i risultati dei due trial clinici più importanti che li hanno studiati rispetto a warfarin: RE-LY per dabigatran e ROCKET-AF per rivaroxaban. Dal momento però che la validità di questi confronti è limitata, nell'ultimo anno sono stati pubblicati diversi studi osservazionali su popolazioni allargate di pazienti in terapia. Sia che si tratti di popolazioni europee che americane, questi confronti vanno nella stessa direzione, evidenziando la maggiore sicurezza di dabigatran.
Attualmente sono quattro i Nuovi Anticoagulanti Orali (NOA) in commercio: dabigatran, rivaroxaban, apixaban ed edoxaban. L'unico ad avere per ora un antidoto in grado di arrestare, in caso di urgenza o di intervento chirurgico, l'effetto anticoagulante, è il dabigatran con l’idarucizumab. Questo aggiunge al dabigatran la sicurezza anche nelle situazioni di emergenza quelle nelle quali anche in pochi minuti sono fondamentali per avere salva la vita, completandone il profilo di safety. Mentre per l'antidoto che antagonizza l'effetto degli inibitori del fattore X della coagulazione, attualmente in fase di sperimentazione, bisognerà presumibilmente aspettare almeno un paio di anni.
Fonte: American Journal of Cardiovascular Drugs 2016 Sett.