(Reuters Health) - Le persone anziane che vengono allontanate, dopo un disastro naturale, dalle loro case e dai loro vicini sarebbero più a rischio di sviluppare demenza rispetto ai sopravvissuti che restano nelle proprie abitazioni. A dimostrarlo è uno studio che ha valutato 3556 anziani sopravvissuti allo tsunami del 2011, in Giappone. La ricerca, coordinata da
Hiroyuki Hikichi, ricercatore di salute pubblica presso la Harvard University di Boston, è stata pubblicata su PNAS.
Studi precedenti avevano correlato il declino cognitivo ad altri disastri naturali come gli uragani Katrina e Rita negli USA. Tuttavia, lo studio delle conseguenze sui sopravvissuti al terremoto e allo tsunami in Giappone nel 2011 offre un importante punto di vista sui fattori che possono influenzare la probabilità che questi problemi emergeranno, ha dichiarato Hikichi alla
Reuters Health. Nello studio, infatti, i ricercatori hanno dati su fattori di rischio e tassi di demenza sia prima che dopo il disastro.
Lo studio
I ricercatori americani hanno esaminato un gruppo di anziani residenti nella città costiera di Iwanuma, a circa 80 chilometri a est dall'epicentro del terremoto giapponese. Sette mesi prima del disastro, gli anziani avevano partecipato a uno studio, il Japan Gerontological Evaluatio Study (JAGES). Due anni e mezzo dopo lo tsunami, Hikichi e colleghi hanno condotto un follow-up tra queste persone. Complessivamente, il 38% dei partecipanti aveva perso parenti e amici e circa il 59% aveva riportato danni dopo il disastro. Prima dell'evento catastrofico, circa il 4% di questi adulti aveva manifestato qualche sintomo di demenza. Mentre a distanza di due anni e mezzo dallo tsunami, la percentuale era cresciuta fino al 12%.
Inoltre, anche l'ictus sarebbe diventato più frequente, con un 3% di frequenza prima del disastro e un 7% dopo l'evento. Allo stesso tempo, è raddoppiata la percentuale di persone che ha riportato di non aver avuto contatto con i vicini, passando da 1,5 prima dello tsunami a 2,9 dopo. E le persone che erano state ospitate in alloggi temporanei dopo che le loro case erano state distrutte o danneggiate avevano subito i più alti livelli di declino cognitivo, con un calo maggiore tra chi aveva subito più danni alle abitazioni. Insomma, sembra che il calo nelle interazioni sociali con amici e vicini di casa abbia influenzato le probabilità di insorgenza di demenza o di declino cognitivo dopo il disastro, mentre lo stesso non è stato dimostrato per la perdita di familiari e amici.
I commenti
“In seguito a un evento catastrofico, ci si concentra di più su problemi di salute mentale come il disturbo da stress post-traumatico – ha dichiarato Hikichi – ma il nostro studio suggerisce che anche il declino cognitivo è una questione importante. Sembra che la ricollocazione temporanea dopo un disastro, con il conseguente allontanamento dalle case e dai vicini, possa accelerare il declino cognitivo tra persone vulnerabili”, ha sottolineato il ricercatore americano. Il collegamento tra stress e demenza è ben noto ed è plausibile che danni alle case e trasferimento dopo un disastro possano essere una causa di stress", ha sottolineato
Richard Lipton, ricercatore nel campo dell'invecchiamento e della neurologia all'Albert Einstein College of Medicine and Montefiore Medical Center di New York.
"Lo stress potrebbe portare quindi a picchi di cortisolo, l'ormone dello stress, e all'attivazione del sistema nervoso simpatico, aumentando potenzialmente il declino della memoria e il rischio di demenza" ha sottolineato Lipton, che non era coinvolto nello studio. “In base a questa ipotesi, si potrebbe prevedere che la gestione dello stress, la meditazione, il sostegno sociale e altri interventi potrebbero ridurre gli impatti di eventi catastrofici sulle funzioni cerebrali”.
Fonte: PNAS 2016
Lisa Rapaport
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)