Una
review appena pubblicata sul
New England Journal of Medicine contribuirà senz’altro a riaprire il dibattito tra le fazioni pro e contro le sigarette elettroniche (
e-cig).
Al centro della contesa sono da anni i sistemi elettronici per il rilascio della nicotina, anche detti
e-cig, che producono un aerosol, direttamente inalato (o ‘svapato’) dal loro utilizzatore. Sia per le modalità d’uso, che per i loro effetti biologici (i liquidi alla nicotina producono un picco di nicotina sierica entro 5 minuti) le
e-cig sono dunque quanto di più simile esista in commercio all’esperienza di fumarsi una sigaretta vera. E per questa loro ‘attitudine’ sono state immediatamente ‘adottate’ dai fautori del loro uso come efficace sistema ‘sostitutivo’ delle sigarette, in grado di facilitare la graduale disassuefazione del fumo.
Da dove nasce dunque la polemica, il motivo del contendere, l’opposizione strenua di alcuni alle sigarette elettroniche?
Da due constatazioni fondamentali. La prima è che ormai il mercato delle sigarette elettroniche è esploso in maniera incontrollabile; negli USA ormai si contano 466 marche e 7.764 ‘liquidi’ per
e-cig, con o senza nicotina e aromatizzati nei modi più impensabili. Ora, nessuno può, scientificamente parlando, mettere la mano sul fuoco sull’innocuità di un uso prolungato di questi ‘liquidi’ e questo è già motivo di preoccupazione da parte dei fautori del principio di precauzione (che consiste nell’evitare di adottare un nuovo prodotto del quale non siano noti gli effetti nel lungo termine).
Ma c’è dell’altro. Nel 2010 solo l’1,8% degli americani riferiva di aver utilizzato almeno una volta nella vita una
e-cig; percentuale di colpo salita al 13% nel 2013. Nello stesso lasso di tempo gli ‘svapatori’ abituali sono passati dallo 0,3% al 6,8%. Ma attenzione, scrivono gli autori dell’articolo su NEJM, sebbene la maggior parte degli utilizzatori di sigarette elettroniche siano fumatori ‘classici’, almeno uno su tre non ricade in questa categoria e appartiene dunque al gruppo di chi non ha mai preso in mano una sigaretta vera o ai pentiti delle bionde.
Ciò significa, come dimostrano anche i risultati di una
survey condotta su 4.444 studenti di
college americani, che il
drive che accosta in particolare i giovani la prima volta alla sigaretta elettronica non è quello di smettere di fumare. Insomma le
e-cig potrebbero rappresentare anziché un sistema per smettere di fumare, un tappeto rosso per approdare al vizio delle bionde. E questo non va affatto bene.
Stime americane rivelano che nel 2013 qualcosa come 263 mila ragazzi della scuola media inferiore e superiore, mai stati fumatori di sigarette ‘vere’ in vita loro, si sono invece accostati ‘per curiosità’ alle e-cig. Ed è una marea montante che non accenna a raggiungere il
plateau. Nel 2015 il 16% dei ragazzi delle scuole superiori ha dichiarato di aver provato almeno una volta una
e-cig nell’arco del mese precedente e ci sono buoni motivi per ritenere che l’uso delle
e-cig sia un ‘fattore di rischio’ per cominciare poi a fumare le bionde vere.
Di chi è la colpa? Gli autori del pezzo sul NEJM attribuiscono la responsabilità dell’uso delle sigarette elettroniche tra i ragazzi di 12-17 anni al
marketing aggressivo che si avvale di campagne pubblicitarie con tanto di sorrisi seduttivi delle
celebrities; il resto lo fanno gli aromi evocanti immagini o profumi (come lo zucchero filato) che fanno presa sugli adolescenti. E c’è anche chi si è preso la briga di quantificare il fenomeno, calcolando che l’esposizione dei minori alla pubblicità televisiva di
e-cig è aumentata del 256% tra il 2011 e il 2013. Nel 2013 gli spettatori minorenni di queste pubblicità sarebbero stati ben 24 milioni. Un
mare magnum insomma nel quale gettare la rete.
Negli USA attualmente il mercato delle
e-cig è stimato nell’ordine dei 1,5 miliardi di dollari ma le previsioni sono di un incremento di vendite pari allo 24,2% l’anno, da qui al 2018, fino a toccare i 10 miliardi di dollari nel 2017.
Altro punto controverso è poi se le e-cig aiutino realmente a smettere di fumare. Gli autori fugano subito il campo da dubbi dicendo che non esistono prove certe. I risultati degli studi (compresi i pochi
trial randomizzati condotti finora e le metanalisi) e delle indagini condotte finora sono nella migliore delle ipotesi non univoci.
C’è poi il dilemma sulla
safety effettiva delle sigarette elettroniche. Molto dipende ovviamente dall’uso che se ne fa. Se venissero realmente utilizzate come sistema per smettere di fumare, il loro uso dovrebbe essere limitato a poche settimane e gli eventuali effetti indesiderati dovrebbero soppesati rispetto a quelli degli altri sistemi per smettere di fumare, in cerotto o in pillole. Se le
e-cig si considerano invece un vero e proprio sostituto a lungo termine (cioè a tempo indefinito) delle bionde, allora il discorso cambia e visto il ventaglio dell’offerta-liquidi non si presta ad un facile inquadramento.
I liquidi per sigarette elettroniche in genere sono composti di glicerina vegetale, propilenglicole o da un insieme dei due. A questa base vengono poi aggiunti aromi di ogni tipo, oltre a nicotina in concentrazione da 0 a 24 mg/ml. Ma se sulla
safety dell’inalazione a lungo termine dell’aerosol generato dalla combustione della glicerina o del propilenglicole non ci sono dati, non parliamo poi di quella delle migliaia di aromi disponibili.
Questo per quanto riguarda quello che viene dichiarato dal produttore in etichetta. Ma spesso e volentieri, andando ad analizzare questi ‘liquidi’, ci si accorge che la lista delle sostanze contenute è molto più lunga e non necessariamente tutta dichiarata.
Ma ovviamente, ancor più importante della composizione dei liquidi è quella delle sostanze presenti nell’aerosol delle sigarette elettroniche, inalato dal consumatore. 13 svapate di una
e-cig caricata con un liquido contenente nicotina alla concentrazione di 18 mg/ml equivale sostanzialmente alla nicotina inalata fumando una sigaretta vera. E se è vero che la concentrazione di formaldeide alla quale è esposto uno svapatore, è inferiore a quella delle sigarette vere, è pur sempre dell’ordine di 400 μg/m
3. Un altro studio di laboratorio ha rivelato che l’aerosol delle e-cig, come il fumo delle sigarette, contiene la stessa quantità di ROS (
reactive oxygen species) che si vanno a depositare nei bronchioli e negli alveoli.
Lo studio della composizione dell’aerosol delle sigarette elettroniche ha inoltre evidenziato la presenza di una serie di sostanze, molte delle quali cancerogene, come formaldeide e acetaldeide, anche se in concentrazioni minori rispetto al fumo delle bionde.
Fin qui gli studi ‘chimici’; molto più indietro sono quelli
in vivo, l’analisi cioè degli effetti biologici di liquidi ed aerosol delle sigarette elettroniche. Gli studi animali dimostrano che l’esposizione agli aerosol delle
e-cig produce infiammazione a livello del polmone, stress ossidativo polmonare e sistemico, alterazioni funzionali della barriera endoteliale del polmone, aumenta i livelli delle citochine infiammatorie nel liquido di lavaggio bronco-alveolare.
Altri studi suggeriscono che le e-cig, sempre negli animali, aumentano il rischio di infezioni respiratorie, sia virali che batteriche.
Per quanto riguarda la salute umana, molto semplicemente gli autori dello studio sostengono che non si possa ancora dire nulla con certezza sui possibili effetti a breve o a lungo termine delle sigarette elettroniche. Mancano gli studi, i dati, le evidenze scientifiche certe.
Due categorie di rischi ‘certi’ non vanno però sottovalutate nel frattempo: sono sempre più frequenti le segnalazioni di ingestione accidentale (o intenzionale) di liquidi per sigaretta elettronica e di danno fisico procurato dal
device. Per un bambino, ricordano gli autori, l’ingestione di una bottiglietta da 10-20 ml di liquido contenente nicotina, può essere letale.
Al momento insomma è impossibile stabilire con certezza la totale innocuità o rivelare i possibili danni da sigarette elettroniche; si può forse affermare che siano meno dannose delle sigarette vere, ma non ci sono ‘prove provate’ della loro assoluta
safety.
E non ci sono neppure prove convincenti che le
e-cig aiutino a tagliare i ponti con le sigarette, cioè che siano un valido ausilio per smettere di fumare.
Ma di certo, fintanto che non vengano chiariti tutti questi punti, non è possibile ignorare il dato epidemiologico di una sempre più ampia diffusione delle sigarette elettroniche anche tra i giovanissimi, né il fatto che possano promuovere la dipendenza da nicotina anche tra quanti magari non avrebbero mai preso in mano una sigaretta in vita loro.
Insomma bisogna continuare, concludono gli autori, a proteggere i bambini e i ragazzi dalle sigarette e continuare a fare campagne anti-fumo. Sia per scoraggiare l’uso delle ‘bionde’, che delle loro cugine elettroniche.
Maria Rita Montebelli