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QS Edizioni - giovedì 21 novembre 2024

Scienza e Farmaci

Un importante passo avanti per l’antidoto dei nuovi anticoagulanti

di Maria Rita Montebelli
immagine 1 settembre - I risultati ad interim dello studio ANNEXA-4 dimostrano che l’andexanet è in grado di invertire l’azione anticoagulante degli inibitori del fattore Xa nell’arco di una mezz’ora ottenendo un’efficace emostasi in caso di gravi sanguinamenti. Un presidio fondamentale per i pazienti, in terapia con in NOA e che presentino un’emorragia maggiore (gastrointestinale o cerebrale nei pazienti di questo studio), per utilizzare il quale sarà tuttavia necessario attendere in termine dello studio, coordinato dalla canadese McMaster University.
L’antidoto per bloccare rapidamente i sanguinamenti acuti causati dai nuovi anticoagulanti è ormai ad un passo dalla pratica clinica. L’entusiasmo degli esperti deriva dalla presentazione dei risultati ad interim dello studio ANNEXA-4 (ANdexanet Alfa, a Novel Antidote to the Anticoagulation Effects of FXA Inhibitors) presentati al congresso della Società Europea di Cardiologia a Roma e pubblicati in contemporanea sul New England Journal of Medicine.
 
Nello studio, firmato come primo autore da Stuart J. Connolly della McMaster University (Canada) - l’andexanet alfa si è dimostrato in grado di ridurre l’attività anticoagulante degli inibitori del fattore Xa del 90% nell’arco di una mezz’ora nei pazienti con sanguinamenti maggiori acuti, dovuti al trattamento con questi nuovi anticoagulanti.
 
“L’andexanet – commenta Mark Crowther della McMaster University, co-autore principale dello studio ANNEXA-4 – è il primo agente specificamente disegnato per invertire l’azione degli inibitori del fattore Xa. Sebbene fosse stata già dimostrata la sua capacità di ridurre l’attività anti-fattore Xa nei volontari, finora non avevamo alcuna esperienza nei pazienti con un’emorragia acuta in atto. In questi pazienti l’andexanet ha ridotto l’effetto anticoagulante degli inibitori del fattore Xa ed ha prodotto un’emostasi efficace nella maggior parte dei pazienti.
 
I risultati ad interim riguardano 67 pazienti di età media 77 anni, che hanno richiesto un’urgente inversione dell’effetto anticoagulante per via di un’emorragia maggiore, entro 18 ore dall’assunzione di un inibitore del fattore Xa diretto (apixaban, rivaroxan, edoxaban) o indiretto (enoxaparina). Il 49% di queste emorragie erano a livello gastrointestinale, il 42% intracraniche. Tutti i pazienti, per ovvie ragioni etiche, sono stati trattati con l’andexanet somministrato prima in bolo lento (nell’arco di 15-30 minuti) poi in infusione nell’arco di 2 ore; il dosaggio veniva deciso in base alla tipologia di farmaco assunto e alla distanza in ore dall’ultima somministrazione. Tutti i pazienti hanno ricevuto, oltre alla valutazione basale, un controllo alla fine della somministrazione del bolo, alla fine delle due ore di infusione, poi a 4, 8 , 12 ore e infine a 3 e a 30 giorni dopo.
 
Tra i 47 pazienti inclusi nella valutazione dell’efficacia dell’antidoto è stata registrata una riduzione dell’89% dell’attività anti-fattore Xa dal momento della prima valutazione alla fine della somministrazione del bolo lento, per quelli in terapia con rivaroxaban, e una riduzione del 93%, per quelli in terapia con apixaban. A distanza di 12 ore l’efficacia clinica dell’emostasi è stata giudicata da ‘buona’ a ‘eccellente’ nel 79% dei pazienti.
 
Nel corso del mese di follow-up si sono registrate complicanze trombotiche nel 18% dei pazienti. “Un tasso di eventi non del tutto inaspettato – commenta Connolly – visto il potenziale trombotico dei pazienti studiati e il fatto che nella maggior parte di questi pazienti la terapia anticoagulante fosse stata sospesa al momento dell’emorragia e mai più ripresa”.
 
I risultati preliminari di questo studio dimostrano dunque che l’andexanet è in grado di invertire rapidamente l’azione degli inibitori del fattore Xa nei pazienti con emorragie maggiori in fase acuta e produce nella maggior parte dei soggetti un’emostasi molto soddisfacente.
L’andexanet è una proteina ‘esca’ del fattore Xa umano modificato ricombinante, in grado di invertire rapidamente l’effetto degli inibitori del fattore Xa.
 
Maria Rita Montebelli
1 settembre 2016
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