Una dieta ricca di proteine vegetali consente di vivere più a lungo, mentre consumare molte proteine di origine animale sembra associarsi ad un aumentato rischio di mortalità, soprattutto tra i giovani adulti che abbiano almeno un ‘vizio’ non salutare, come il fumo, l’alzare troppo il gomito, chili di troppo, la sedentarietà. E’ quanto emerge da una ricerca appena pubblicata su
JAMA Medicine a firma di ricercatori dell’Università di Harvard e che potrebbe avere importanti ricadute sulla dieta quotidiana di vasti strati della popolazione.
A queste conclusioni i ricercatori americani sono giunti esaminando due ampi studi epidemiologici americani (il
Nurses' HealthStudy(NHS) e l’
Health Professionals Follow-up Study - HPFS) che hanno monitorato attentamente la dieta di oltre 132 mila soggetti (di età media 49 anni, 64,7% dei quali donne, per un totale di 3,5 milioni di anni-persona), mediante questionari alimentari, nell’arco di 32 anni di
follow up, durante i quali sono stati registrati 36.000 decessi (9.000 per cause cardiovascolari, 13.000 per tumore, 14.000 per altre cause).
L’introito proteico medio, misurato come percentuale di calorie giornaliere, è risultato composto per il 14% da proteine animali (carne, latticini, uova) e per il 4% da quelle vegetali (pane, cereali, pasta, legumi, noci, fagioli). Nell’analisi dei dati, sono stati presi in considerazione i rischi di mortalità per tutte le cause e quelli per cause specifiche; sono stati quindi confrontati i soggetti che consumavano prevalentemente proteine di origine animale (i ‘carnivori’), con quelli che prediligono le proteine di origine vegetale.
Dopo aver effettuato gli opportuni aggiustamenti statistici per i principali fattori di rischio inerenti a stile di vita e dieta, i ricercatori di Harvard hanno evidenziato che ad ogni incremento di consumo del 10% di proteine animali (relativamente alle calorie totali), si associa un aumento di rischio di mortalità per tutte le cause del 2% e di mortalità cardiovascolare dell’8%, nei soggetti con almeno un altro fattore di rischio derivante da una vita o da una dieta poco sana. In chi è ‘in regola’ con tutti gli altri fattori di rischio relativi a dieta e stile di vita, consumare proteine animali non sembra invece comportare un rischio di mortalità aggiuntivo. Le proteine animali più rischiose’sono risultate comunque quelle derivanti da carni rosse processate, seguite da quelle delle carni rosse (manzo e maiale); nessun rischio aggiuntivo invece dalle proteine del pesce o del pollame.
Per contro, ad ogni aumento di consumo del 3% di proteine di origine vegetale, rispetto alle calorie totali, si associa ad una riduzione del 10% di mortalità per tutte le cause e ad un 12% in meno di rischio di mortalità cardiovascolare.
L’aumento di mortalità riscontrato nel gruppo dei ‘carnivori’ è più pronunciato tra gli obesi e tra i forti consumatori di alcol.
Al contrario, l’effetto benefico sulla mortalità, conferito dal consumare più proteine vegetali, è risultato più marcato tra i fumatori, tra quelli che bevevano più di 14 grammi di alcol al giorno, tra i soggetti in sovrappeso-obesi, tra i sedentari, tra quelli con meno di 65 anni e tra gli ultra-80enni.
Con tutti i limiti comportati dal disegno dello studio (osservazionale), secondo gli autori, sostituire il 3% delle calorie totali giornaliere derivanti dal consumo di proteine animali (così ripartito: - 34% di calorie da carni rosse processate, - 12% da carni rosse non processate, - 19% dalle uova) , con una quantità equivalente di proteine vegetali, potrebbe ridurre la mortalità totale per tutte le cause.
In passato una serie di studi avevano suggerito che sostituire le proteine con i carboidrati poteva apportare una serie di benefici, ad esempio un miglior controllo del peso corporeo, la riduzione della pressione e di altri fattori di rischio cardiovascolari. Pochi sono stati invece gli studi ad aver indagato gli effetti di specifiche fonti di proteine.
“I risultati del nostro studio – commenta uno degli autori dello studio
Mingyang Song,
Clinical and Translational Epidemiology Unit (CTEU) del
Massachusetts General Hospital di Boston – sostengono che le fonti delle proteine della dieta possono avere importanti ricadute sulla salute a lungo termine. Mentre gli studi condotti in precedenza si sono focalizzati soprattutto sulla quantità totale di proteine dietetiche – dato di certo molto importante – altrettanto importante è valutare la loro qualità e provenienza. I risultati di questo studio avranno importanti ricadute di salute pubblica e potranno essere d’aiuto nel definire meglio le attuali indicazioni dietetiche, circa l’apporto proteico, alla luce del fatto che non è solo la quantità totale, ma anche la qualità delle proteine ad avere un impatto importante sulla salute a lungo termine”.
Maria Rita Montebelli