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QS Edizioni - mercoledì 27 novembre 2024

Scienza e Farmaci

La fede e la preghiera hanno davvero un effetto benefico sulla salute? Conferme anche dall'Italia

di Edoardo Stucchi
immagine 20 maggio - C’è qualcosa di vero nello studio dei ricercatori della Harvard School of Public Health che hanno pubblicato un’analisi del loro grande studio prospettico sulle infermiere americane circa la relazione tra la frequentazione di funzioni religiose e la mortalità. Uno studio che non ha destato meraviglia ma che, anzi, ha confermato alcune evidenze già osservate anche nel nostro Paese. La discussione resta aperta. Fenomeno attendibile o effetto placebo?
C’è qualcosa di vero nello studio dei ricercatori della Harvard School of Public Health che hanno pubblicato un’analisi del loro grande studio prospettico sulle infermiere americane circa la relazione tra la frequentazione di funzioni religiose e la mortalità. Ben 14.158 di loro avevano riferito di andare in chiesa più di una volta a settimana, 30.410 una volta a settimana, 12.103 meno di una volta a settimana e 17.872 di non andarci mai, con percentuali di rischio verso malattia o morte dal 33 al 13%.
 
“Un risultato interessante sul quale avviare nuovi studi, ma promettente – commenta Franco Berrino, epidemiologo dell’Istituto dei tumori di Milano, oggi in pensione – Ma se si considera che molte persone vanno in chiesa solo per convenienza sociale o per abitudine, è possibile che la protezione associata alla devozione religiosa sia significativamente maggiore di quella risultata dagli studi americani. Gli autori dello studio non fanno ipotesi sui possibili meccanismi biologici che potrebbero spiegare la protezione, ma è ragionevole ipotizzare che la preghiera, come la meditazione, agisca riducendo uno dei principali fattori di rischio delle malattie croniche, lo stato infiammatorio cronico”.

E lo si legge anche nel portale dell’Associazione che il professor Berrino ha creato, con due suoi collaboratori (il dottor Luigi Fontana ed Enrica Bortolazzi) chiamandola “La grande via”, per promuovere la consapevolezza di temi spesso ignorati da chi informa sulla salute, come l’etica, la disciplina, l’empatia, la compassione, l’amore. “Opportune scelte nutrizionali – si legge nel portale – e di esercizio fisico, associate a tecniche di respirazione e di meditazione (chiaro il riferimento alla preghiera per i cattolici) siano essenziali per favorire una longevità in salute e prevenire e curare le malattie croniche tipiche della nostra era”.

Per riassumere. Nel corso di 16 anni dello studio sono stati registrati 13.537 decessi, fra i quali 2700 circa per malattie cardiovascolari e 4.400 circa per tumore. Le più assidue frequentatrici di servizi religiosi mostravano in generale meno sintomi depressivi ed erano più spesso sposate e non fumatrici, ma l’analisi statistica ha tenuto conto di queste differenze e inoltre delle differenze di età, indice di massa corporea, esercizio e performance fisica, stato menopausale, trattamenti ormonali, ipertensione, dislipidemie, diabete, stile alimentare, reddito, scolarità del marito, e indicatori di supporto sociale.
A parità di tutti questi potenziali fattori di rischio, per le grandi frequentatrici di funzioni religiose è stato registrato un rischio di mortalità ridotto del 33% rispetto alle infermiere che non mettevano mai piede in chiesa. Quelle che frequentavano la chiesa una volta a settimana hanno visto il loro rischio di mortalità ridursi del 26% e le frequentatrici meno assidue del 13%.

Di questo risultato è convinta anche dottoressa Laura Zorzella, psicologa, responsabile del centro pastorale della provincia Lombardo-Veneta dell’Istituto di ricerca Fatebenefratelli di Brescia, che afferma di conoscere altri studi, svolti anche presso l’IRCCS di Brescia, con l’uso del questionario messo a punto dall’OMS che ha uno specifico criterio di indagine dell’influenza delle credenze personali spirituali e religiose sulla qualità di vita e sulla percezione del proprio benessere. "Da uno dei nostri studi, infatti, si evince quanta influenza possa avere la credenza spirituale, come tempo dedicato alla preghiera, sui benefici generali al benessere della persona".
 
“I dati americani sono comunque – dice Laura Zorzella - da approfondire, perché riguardano soltanto donne di carnagione bianca, cristiane, con un determinato livello di studio e di cultura. Dedicare tempo alla consapevolezza e alla fiducia nel 'trascendente' ti apre una visione nel segno della speranza. Riscoprire la fede nel corso della malattia, con accanto un laico o un cappellano, con i quali si possono scambiare condivisioni, non ti fa sentire solo e ti permette di recuperare il rapporto con Dio, e di essere più consapevole che la vita non finirà. E questo porta beneficio sul piano del benessere psicospirituale”.

Anche Michele Carruba, past president della Società italiana obesità e direttore del Centro studi e ricerca sull’obesità dell’Università degli Studi di Milano, è convinto che la partecipazioni ad eventi religiosi, ma anche il solo pregare induce uno stato di benessere e di buon umore che rafforzano il sistema immunitario. E con un sistema immunitario forte, si tengono più lontane le malattie e quindi il rischio di morte.

Questo lavoro americano non deve meravigliare perché, come spiega il professor Giorgio Lambertenghi Deliliers, ematologo rappresentante dei medici cattolici, le credenze sull’influenza delle azioni divine nel condizionare l’evoluzione più o meno favorevole della malattia, o più in generale dello stato di benessere attraverso rituali, danze sacre, sacrifici, invocazioni ed ex voto, risalgono alle origini del genere umano. E se anche ai tempi della Bibbia, la medicina era vista come il diavolo perché allontanava da Dio, nei secoli successivi il cristianesimo, pur insegnando che i rimedi medici sono un dono di Dio, suggeriva ulteriori pratiche basate sulla preghiera e sulle invocazioni a determinati santi capaci di influire sul decorso della malattia.
 
Nella prefazioni al convegno annuale dei medici cattolici, nel 2006, La preghiera: medicina del corpo, si legge che nel secolo scorso il medico Alexis Carrel sosteneva che la preghiera riconcilia l’uomo con Dio e con se stesso, confermandosi medicina dello spirito con documentabili effetti sulla salute integrale della persona. “Ai giorni nostri – conclude Lambertenghi – un’analisi attenta delle norme ascetiche cristiane ha ravvisato non secondari contributi alla educazione dell’uomo nella cura della propria salute fisica e psichica e numerosi studi hanno cercato di affrontare sul piano scientifico le relazioni che intercorrono tra medicina e diverse pratiche spirituali. Negli Stati Uniti la gente crede che la fede può favorire la guarigione e alcuni sollecitano il medico a pregare con loro”.

Ma c’è anche una spiegazione più logica. Secondo certi studi sembra esistere un legame stretto tra pratica religiosa e pressione arteriosa, in quanto chi segue le funzioni liturgiche o legge la Bibbia con assiduità, mantiene la pressione bassa, diminuendo quindi il rischio di infarti e altre malattie cardiovascolari. Anche la recita del rosario ha un effetto favorevole di ordine psicologico e fisiologico, perché influenza positivamente il respiro e la frequenza cardiaca.

Ma la discussione ora è ancora aperta perché le affermazioni sono frutto di osservazioni empiriche e quindi scientificamente non attendibili. Potrebbe trattarsi dello stesso effetto placebo. I sintesi la preghiera è una medicina dell’anima e dello spirito, un elemento di conforto nei momenti di disperazione. Sta di fatto che le donne, in Lombardia hanno un’aspettativa di vita di 85 anni e gli uomini di 80. E in genere in chiesa si vedono molte più donne che uomini.

Edoardo Stucchi 
20 maggio 2016
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