“L’obesità è una malattia potenzialmente mortale, riduce l’aspettativa di vita di 10 anni, è causa di disagio sociale e spesso, tra bambini e adolescenti, favorisce episodi di bullismo, che più volte le cronache hanno riportato. Eppure, l’Italia e l’Europa, sino ad oggi, hanno guardato altrove”. È la forte denuncia di
Paolo Sbraccia, Presidente della Società italiana dell’obesità (Sio), in occasione della presentazione organizzata da Sio con il contributo non condizionato di Novo Nordisk - oggi al Senato della Repubblica - della Giornata europea dell’obesità, che si svolgerà il 21 maggio.
Sbraccia ha ricordato come nonostante l’Organizzazione mondiale della sanità consideri l’obesità una malattia, nel Vecchio continente solo il Portogallo ne abbia preso atto. Per queste ragioni, sotto la spinta della Società europea dell’obesità (Easo) e delle associazioni scientifiche nazionali, tra le quali Sio, un gruppo di Parlamentari europei di tutti gli schieramenti politici, guidati dal maltese
Alfred Sant e che comprende gli italiani
Enrico Gasbarra,
Fabio Massimo Castaldo e
Giovanni La Via, Presidente della Commissione Ambiente, sanità pubblica e sicurezza alimentare del Parlamento Europeo, ha promosso una “dichiarazione scritta” che invita Commissione europea e Consiglio d’Europa “ad agire in vista di un riconoscimento armonizzato, a livello europeo, dell'obesità come malattia cronica”. Il documento, inoltre, sottolinea come: “stante la situazione, vi è l'urgente necessità di riconoscere l'obesità come malattia, onde garantire una migliore mobilitazione delle risorse quando si tratta di prevenzione, cura e assistenza.”
“Si stima che l’obesità colpirà, entro il 2030, il 50% dei cittadini europei e in molti Paesi, tra persone obese e sovrappeso, si raggiungerà il 90% della popolazione - ha detto Sbraccia -. Già oggi, come ricordano i proponenti il documento al Parlamento europeo, il costo economico e sociale dell’obesità è pari a 70 miliardi di euro nell’Unione, tra costi sanitari e mancata produttività, quasi 200 milioni di euro al giorno, che hanno un impatto notevole e assolutamente sottovalutato sui sistemi sanitari”.
“Affinché i Governi, incluso quello italiano, pongano il giusto rilievo a questo enorme problema di salute e sociale, è fondamentale che la maggioranza dei membri del Parlamento europeo aderisca, firmandola, a questa iniziativa. Rivolgo pertanto un appello a tutti i nostri parlamentari europei, perché si impegnino e contribuiscano attivamente”, ha concluso Sbraccia.
Gli ha fatto eco la senatrice
Laura Bianconi, membro della XII Commissione Igiene e Sanità del Senato e Vicepresidente del gruppo Area popolare a Palazzo Madama: “L’obesità, come emerge dai recenti dati di uno studio pubblicato sull’autorevole The Lancet, che ha analizzato l’evoluzione del fenomeno in quasi 200 nazioni, è aumentata in maniera drammatica negli ultimi 40 anni nel mondo, in Europa e in Italia; basti pensare che si stimava in 105 milioni il numero di obesi sul pianeta nel 1975, cresciuto di sei volte ai 640 milioni di oggi. Come parlamentare italiano, da sempre impegnata in ambito sanitario, non posso non associarmi all’invito della comunità scientifica nazionale e internazionale, sollecitando i colleghi Italiani eletti a Strasburgo ad aderire all’iniziativa”.
Sulla medesima lunghezza d’onda anche la Vicepresidente della XII Commissione Igiene e sanità,
Maria Rizzotti, e la Vicepresidente del gruppo Partito Democratico al Senato,
Giuseppina Maturani, anche membro della XII Commissione. Concordemente, hanno sottolineato come il problema obesità sia più che reale anche nel nostro Paese, soprattutto per l’elevata presenza del fenomeno tra le giovani generazioni e l’aumento della percentuale complessiva di obesi dall’8,5% al 10,2% nel periodo 2001-2014.
Sulla necessità che le Istituzioni europee e il Governo italiano prestino la massima attenzione al tema dell’obesità si è espresso, infine, anche
Walter Ricciardi, Presidente Istituto superiore di sanità. “Per la prima volta nella storia di questo Paese - ha ricordato - il Rapporto Osservasalute riscontra come l'aspettativa di vita degli italiani sia diminuita rispetto al passato: per gli uomini è stata di 80,1 anni nel 2015 rispetto agli 80,3 dell’anno precedente; analogo trend per le donne, con 84,7 anni contro 85,0. La colpa sta nella scarsa propensione degli Italiani alla prevenzione e nella poca attenzione verso uno stile di vita adeguato a ridurre il rischio delle malattie croniche non trasmissibili come obesità, diabete e disturbi cardiovascolari.”