“Quando si promuove un’iniziativa come una campagna vaccinale, è importante mostrare quanto è ampio il consenso che c’è intorno a quell’iniziativa. E questo messaggio deve raggiungere sia le istituzioni che i professionisti sanitari e i cittadini”. Così Stefania Salmaso, direttore del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell’Iss, spiega l’obiettivo della giornata di lavoro promossa oggi presso il ministero della Salute per tirare le fila della
Settimana Europea della Vaccinazione da poco conclusa (23-30 aprile 2011).
“L’iniziativa dell’Oms – ha aggiunto – muove i passi dalla convinzione che le vaccinazioni abbiano un ruolo di strumento primario per guadagnare salute, non solo a livello individuale, ma anche a livello di salute della società intera”. Tuttavia, non esiste un obbligo comunitario a sottoporsi ad alcuna vaccinazione. Ed anche all’interno di un Paese, le diverse aree regionali possono condurre programmi molto diversi tra loro per la promozione della salute dei cittadini. "Per questo assume grande importanza l’azione compatta di tutta l’Europa contro il morbillo e la rosolia congenita. Un impegno che l’Italia ha sottoscritto e che è stato recentemente sancito anche con un accordo Stato Regioni. Ma ora questo impegno deve tradursi in realtà”.
Per questo è necessario che anche tra la popolazione si diffonda la consapevolezza del bene derivante dai vaccini, spesso oggetto, al contrario, di forti polemiche, anche riguardo alle loro reazioni avverse. “Polemiche che – secondo Salmaso - fanno leva sull’emotività, trascurando le ragioni scientifiche anche questo si parla di vaccinazione consolidatissime, registrate da decenni e assolutamente sicure”. Si crea così un muro emotivo che, secondo la dirigente dell’Iss, è difficile da penetrare. “Ma scoprire che in Italia il 42% delle donne a cui è stata confermata un’infezione di rosolia in gravidanza non era una prima gravidanza impone un impegno immediato per ricordare a tutti l’importanza e i benefici dei vaccini. Il problema non è la pericolosità delle vaccinazione, ma mancata consapevolezza di quanto sia importante proteggere il loro bambino”.
Secondo i dati dell’Iss, quasi la metà delle donne non conosce il proprio stato immunitario per la rosolia, che si considera presuntivamente come negativo. Questo significa che la percentuale di donne in età fertile, che sono certamente o presuntivamente suscettibili alla rosolia risulta ancora molto elevata. Nell’ultimo anno si sono contati oltre 100 casi sospetti di rosolia in gravidanza e la diagnosi è stata confermata in circa 40 donne con un’età media di 27 anni.
“Non si tratta di fare crociate – sottolinea Salmano – ma di ricordare l’importanza delle vaccinazioni e lasciare che sia una scelta libera, ma consapevole, cioè basata su informazioni corrette”.
Nel pomeriggio, al ministero, il confronto vedrà protagonisti i rappresentanti delle professioni, dai pediatri ai ginecologici, dai medici di famiglia ai farmacisti e agli infermieri. “Perché senso della giornata è condividere e allargare il consenso. Sappiamo benissimo – ha affermato Salmaso -che anche all’interno delle professioni sanitarie non tutti si ricordano gli obiettivi di salute che sono alla base della vaccinazione. E forse, da questo punto di vista, l’introduzione dell’obbligo vaccinale contro alcune malattie è stato controproducente. Le vaccinazioni sono diventate routine, ma sono venute meno l’autocoscienza e la consapevolezza di perché ci si sottoponesse a vaccinazione”.