Poche, pochissimi, appena l’8% delle donne italiane in menopausa assume terapie per bilanciare il profilo ormonale e migliorare la qualità della vita, nonostante i benefici dimostrati da oltre 50 anni di studi internazionali. Le cause? La scarsa prescrizione medica della terapia ormonale sostitutiva nelle donne in menopausa dovuta a una carenza di informazione, ma anche da dati allarmistici diffusi negli anni passati e da confutare.
A puntare i riflettori sulla terapia ormonale in menopausa è
Andrea Genazzani, Presidente del 17° Congresso della Società Internazionale di Ginecologia Endocrinologica che si terrà a Firenze dal 2 al 5 Marzo in contemporanea con il 5° Congresso Nazionale di Ginecologia Endocrinologica.
“Purtroppo solo una bassissima percentuale di 50-60enni fa una terapia ormonale in menopausa nonostante gli evidenti benefici dimostrati dagli studi internazionali e dichiarati dalle stesse pazienti – ha affermato – a mio parere dovrebbero seguirla, invece, l’80% delle donne, direi tutte a esclusione di quel 20% che ha patologie che ne sconsigliano l’impiego”.
A contribuire alla scarsa diffusione della terapia ormonale, ricorda Genazzani sono stati “in buona parte anche a dati allarmistici diffusi anni fa da studi americani, svolti su una popolazione non rappresentativa della realtà internazionale, tanto meno italiana, perché effettuato su donne americane scelte senza o con minimi sintomi e che erano per l'80% già in menopausa da oltre dieci anni. L'impatto mediatico fu enorme: milioni di donne cessarono le loro terapie, anche se non erano quelle oggetto dello studio”.
Studi recentissimi di
Tomy Mikkola, finlandese, che sarà presente a Firenze, ha aggiunto il Presidente del Congresso, hanno dimostrato che a “causa dell’improvvisa interruzione delle terapie ormonali, la patologia e la mortalità cardiovascolare sono aumentate in queste donne a causa della perdita della protezione cardiovascolare conferita dalle terapie stesse”.
“Abbiamo dimostrato, dopo molti anni di silenzio – ha quindi aggiunto Genazzani – che non solo le terapie ormonali con sostanze appropriate, personalizzate e utilizzate con differenti vie di somministrazione sono efficaci nel ridurre i sintomi, ma anche che, protratte per tempi prolungati come 10-15 anni, modificano il naturale invecchiamento della donna e proteggono cervello, cuore, ossa, vasi, apparato digerente”.
Troppo spesso vengono dimenticati anche gli androgeni che giocano invece un ruolo importante nella vita della donna: “Gli androgeni iniziano a diminuire già ben prima della menopausa – ha concluso – una donna a quarant’anni ha perso il 50% degli androgeni circolanti totali e questo coincide con la generale riduzione del desiderio, del piacere e di quella passione femminile che avevano invece caratterizzato gli anni tra i 15 e 25 dove massimi sono i valori di androgeni”.
La scarsa prescrizione medica della TOS indica quindi che la stessa è poco conosciuta, prosegue a Genazzani. “Età, stile di vita, sintomatologia da carenza ormonale, fattori di rischio oncologici, sono tutte variabili importanti per una corretta e individuale prescrizione. Ora poi le terapie si sono arricchite di nuovi ‘amici’ – ha aggiunto – come le terapie locali per migliorare trofismo, sensibilità, tono della vagina e del piano perineale. Abbiamo anche nuove classi di farmaci quali il polline decorticato che potenzia il sistema serotoninergico e corregge le vampate di calore”.
Possono essere tanti i disturbi che colpiscono le donne in menopausa, tra i tanti, la secchezza vaginale: un disturbo sottovalutato e non curato, che ha forti conseguenze sul benessere psico-fisico della donna. “La secchezza vaginale colpisce circa il 50% delle donne in post menopausa – ha dichiarato
Rossella Nappi, Professore di Ginecologia e Ostetricia presso l’Università degli Studi di Pavia –disturbo ampiamente sottovalutato e non curato, che impatta fortemente sul benessere psico-fisico della donna e sulla salute sessuale della coppia. Questo è tanto più vero nelle donne operate, curate e guarite dal tumore al seno e che presentano un tasso molto elevato di atrofia vaginale dovuta ai trattamenti chemioterapici”.