Almeno un milione di casi nell’arco di qualche mese. Questo il pesante tributo dell’epidemia di Zika virus nei Paesi del Centro e del Sud America.
Un’infezione di per sé non preoccupante, anche perché asintomatica in 4 pazienti su 5; e anche i ‘sintomatici’ se la cavano con un po’ di febbre e un
rash cutaneo. Nessuna terapia, remissione spontanea.
Ma le cose non sono così facili e neppure così banali. Il vero incubo collegato a questa epidemia di inizio 2016 è quello di un’altra terribile epidemia. Quasi 5.000 i bimbi nati finora in Brasile con microcefalia, una condizione – spiegano gli esperti di Mayo Clinic - derivante da un’alterazione dello sviluppo cerebrale
in utero.
Riconosce diverse cause la microcefalia, dalla craniosinostosi (la fusione prematura delle suture delle ossa craniche che impedisce al cervello di svilupparsi normalmente), alle alterazioni cromosomiche (come in alcuni casi di sindrome di Down), al ridotto apporto di ossigeno al cervello del feto per complicanze gravidiche, all’esposizione in gravidanza a farmaci e alcol, alla malnutrizione, alla fenilchetonuria della madre, alle infezioni contratte in gravidanza. A quest’ultimo capitolo appartenevano finora solo toxoplasma, citomegalovirus, rosolia e varicella. Ma oggi il sospettato numero uno dell’epidemia di microcefalia registrata negli ultimi mesi in Brasile, soprattutto nella regione del Pernambuco, è il virus Zika.
Per la verità - ammettono gli scienziati (che intanto invitano le donne in gravidanza ad evitare viaggi nelle aree dove è in corso l’epidemia – già, ma milioni di altre vivono in quei Paesi e magari sono incinte in questo momento) - per ora si può parlare sono di associazione epidemiologica tra le due epidemie, perché nessuno è riuscito finora a provare un nesso di causalità tra il virus Zika e la microcefalia.
Ma i sospetti di un tropismo particolare del virus per il sistema nervoso sono forti e avvalorati anche da un’altra epidemia, più contenuta nei numeri ma dalle conseguenze gervissime, quella di sindrome di Guillain-Barré, anch’essa messa in relazione con questo virus.
Gli scienziati di tutto il mondo si sono messi dunque di buona lena a studiare questo virus misterioso, anche grazie al fatto che la psicosi planetaria indotta dallo Zika, un virus forse neurotropo e teratogeno, sta facendo allentare i cordoni di molte borse (solo ieri il Presidente Obama ha chiesto al Congresso americano un finanziamento straordinario di 1,8 miliardi di dollari). C’è chi lotta contro il tempo alla ricerca di una cura o di un vaccino e chi tenta di far luce sui meccanismi di malattia scatenati dallo Zika. E intanto in tutto il mondo aumentano le segnalazioni di casi di infezione da Zika. Per ora di importazione, come quelli registrati in Norvegia e in Cina nelle ultime ore.
A portare acqua al mulino del rapporto causale tra Zika e microcefalia è oggi uno studio pubblicato sul
New England Journal of Medicine da un gruppo di ricercatori di Lubiana che hanno condotto uno studio autoptico su un feto microcefalico.
La madre aveva presentato una sindrome compatibile con infezione da Zika alla 13° settimana di gravidanza, mentre si trovava per motivi di lavoro nel nordest del Brasile. Tornata in Europa, la donna si è sottoposta ad ecografia ostetrica che ha rivelato un feto microcefalico con calcificazioni cerebrali, come quelle osservate in altri casi correlati a infezione materna da Zika.
L’autopsia del feto ha rivelato la presenza di grossolane alterazioni cerebrali, caratterizzate da un cervello molto piccolo (84 gr), assenza completa di circonvoluzioni cerebrali, grave dilatazione dei ventricoli laterali cerebrali, presenza di calcificazioni distrofiche su tutta la corteccia cerebrale, ipoplasia del tronco e del midollo spinale. Studi di microscopia elettronica hanno rivelato la presenza di particelle compatibili con il virus Zika; elevate quantità di RNA virale sono state inoltre riscontrate a livello del cervello, ma non in altri organi. Il feto non mostrava alterazioni genetiche, né sono stati rintracciati altri possibili patogeni.
“Certo – fanno notare
Eric J. Rubin,
Michael F. Greene e
Lindsey R. Baden, Dipartimento di Immunologia e Malattie Infettive della Harvard
School of Public Health e Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia del Massachusetts
General Hospital, in un editoriale di accompagnamento a questo
case report – anche tutto questo non basta a dimostrare che sia stato lo Zika a produrre queste alterazioni.
I criteri per dimostrare un rapporto di causalità sono infatti ancora quelli formulati da
Robert Koch nel 1890 (isolamento del microrganismo causale, che deve dare infezione quando reinoculato in organismo suscettibile, nel quale vada a determinare i tratti caratteristici della malattia iniziale, per poter poi essere nuovamente isolato).
“Tuttavia – ammettono gli editorialisti – spesso accade, come in questo caso, che ci si debba accontentare di un’associazione di evidenze scientifiche ed epidemiologiche”.
E di certo, lo studio dei ricercatori di Lubiana porta acqua al mulino di un nesso causale tra Zika e microcefalia. Ma la strada da fare è ancora molta.
Maria Rita Montebelli