I ricercatori dei
National Institutes of Health americani hanno scoperto una sorta di ‘marchio di fabbrica’ nel DNA tumorale, presente in almeno cinque tipi diversi di tumore. Il ‘segno’ patognomonico del tumore è una ‘metilazione’, una modificazione chimica alla quale può andare soggetto il DNA, che modula l’espressione dei geni, un po’ come avviene con i regolatori d’intensità ( i cosiddetti ‘
dimmer’) degli interruttori. Più il DNA è metilato (zone di ipermetilazione), come si verifica in alcune zone di DNA tumorale, più si riduce l’attività di un gene.
Partendo da questa scoperta, i ricercatori americani sperano di mettere a punto un esame del sangue in grado di rivelare la presenza di una serie di tumori in fase precoce di sviluppo, quando cioè le terapie hanno più
chance di successo.
“Trovare un particolare ‘marchio’ tumorale basato sulla metilazione è un po’ come cercare un abete in una foresta di pini – afferma
Laura Elnitski, biologa computazionale dell’
Intramural Research Program presso il
National Human Genome Research Institute (NHGRI) dei NIH – è una vera sfida tecnica individuarlo, ma noi siamo riusciti a rintracciare un ‘marchio’ caratterizzato da un’elevata metilazione intorno al gene ZNF154, presente solo nei tumori.”
Nel 2013 il gruppo di ricerca della Elnitski aveva scoperto un ‘marchio’ di metilazione intorno al gene ZNF154 in 15 tipi di tumori solidi, presenti in 13 organi diversi , che era stato visto come un possibile biomarcatore tumorale universale.
In questo nuovo studio, pubblicato su
Journal of Molecular Diagnostics, lo stesso gruppo di ricerca ha compiuto una serie di passi che lo ha portato a scoprire dei marchi di metilazione ‘rivelatori’ a livello dei tumori di colon, polmone, mammella, stomaco ed endometrio. In particolare hanno scoperto che tutti i tipi e i sottotipi di tumore producono costantemente lo stesso marchio di metilazione intorno al gene ZNF154.
“Trovare questa firma di metilazione è stata un’impresa incredibilmente ardua e importante – sostiene il direttore scientifico del NHGRI
Dan Kastne – Questa scoperta potrebbe rappresentare un passo importante verso lo sviluppo di un test che consenta di individuare la presenza di un tumore in fase precoce, attraverso un esame del sangue.”
Questi i passaggi che hanno permesso di arrivare alla scoperta. L’
Intramural Sequencing Center degli NIH ha sequenziato il DNA tumorale che è stato amplificato attraverso la PCR (
polymerase chain reaction). Il gruppo della Elnitski ha quindi analizzato i risultati, riscontrando elevati livelli di metilazione intorno al gene ZNF154 nei vari tipi di tumore analizzati.
Per verificare l’esistenza di un legame tra l’aumentata metilazione e il cancro, i ricercatori hanno sviluppato un programma computerizzato in grado di trovare i marchi di metilazione nel DNA di persone affette da un tumore o no. E il computer è stato infallibile nel rintracciare l’ago nel pagliaio del DNA ipermetilato e quindi nell’individuare i portatori di tumore. Dato che i tumori molto spesso rilasciano il loro DNA in circolo, gli scienziati hanno calcolato la percentuale di DNA tumorale circolante che potrebbe essere riscontrato nel sangue.
I prossimi passi consisteranno nello screenare campioni di sangue prelevati a pazienti con tumori della vescica, colon, mammella, pancreas e prostata per determinare l’accuratezza della loro individuazione, in presenza di bassi livelli di DNA circolante. Il DNA tumorale in un soggetto portatore di tumore normalmente costituisce l’1 -10% di tutto il DNA in circolo. I ricercatori americani hanno evidenziato che quando il livello del DNA circolante è il 10% del totale, l’individuazione del ‘marchio’ di metilazione è molto buona e dunque dovrebbe essere adeguata per individuare non solo i tumori in fase avanzata, ma anche quelli in stadio intermedio e in stadio precoce, a seconda del tipo.
E’ prevista anche una collaborazione con
Christina Annunziata del
Women’s Malignancies Branch e direttore della Sezione di Genomica Traslazionale degli NIH, per testare campioni di sangue prelevati a donne con tumori dell’ovaio, allo scopo di validare il processo per tutta la durata del trattamento e di determinare se questo tipo di analisi porti ad una più accurata scoperta delle recidive e ad un miglioramento della prognosi.
“Il cancro dell’ovaio – spiega la Annunziata - è un tumore difficile da scoprire nelle fasi iniziali e non esistono metodi di provata utilità per la diagnosi precoce . Abbiamo dunque bisogno di un biomarcatore affidabile per diagnosticare la malattia, possibilmente nelle fasi iniziali quando ci sono maggiori possibilità di guarigione. Per questo non vediamo l’ora di testare questo nuovo approccio basato sulle ‘firme’di metilazione del DNA, proposto dalla Elnitski”.
Gli oncomarcatori attualmente a disposizione sono specifici per un determinato tipo tumorale; ciò significa che per la diagnosi i medici devono prima trovare il tumore, effettuare una biopsia e determinare la sua sequenza genomica. Potenzialmente, con questa nuova metodica non sarà necessario sapere prima se c’è un tumore e dove; questa esame è anche decisamente meno invasivo o fastidioso di altri metodi di
screening, quali coloscopie e mammografie e potrebbe essere utilizzato per seguire soggetti ad elevato rischio di tumore o per monitorare l’attività di un tumore in trattamento.
Una volta messo a punto un test utilizzabile in laboratorio, sarà necessario valutarne la sensibilità e la specificità. Non è ancora chiaro inoltre il rapporto tra tumori e ipermetilazione del DNA. Potrebbe trattarsi di un processo di ‘deragliamento’ dei normali processi cellulari o potrebbe avere qualcosa a che fare con il fatto che il tumore consuma moltissima energia ed elude i processi che tengono sotto controllo la proliferazione. Per finire non è noto neppure a cosa serva il gene ZNF154.
Ma, nonostante tutti questi buchi di conoscenza, “abbiamo gettato le basi per sviluppare un test diagnostico – afferma la Elnitski – che si spera possa individuare i tumori in fase precoce e migliorare il tasso di sopravvivenza delle persone affette da vari tipi di tumore”.
Maria Rita Montebelli