I microbiologi clinici italiani dell'Amcli richiamano l’attenzione sul possibile incremento di casi legato all’attività di sviluppo delle zanzare in Italia. Oggi sono 25 sono i Paesi in cui Zika è presente ma “il numero è destinato ad aumentare”.
“Il problema più serio nel nostro Paese si porrà con l’inizio della stagione di attività biologica delle zanzare, perché se una persona torna con il virus Zika nel sangue e viene punto da una zanzara, questa diventa portatrice ed in grado di infettare la persona che punge dopo e via di seguito”. Commenta
Maria Paola Landini, Professore di Microbiologia Bologna, Responsabile del Centro Regionale per le emergenze microbiologiche della regione Emilia Romagna e Membro del Consiglio Direttivo AMCLI alla luce delle notizie che hanno iniziato a diffondersi presso l’opinione pubblica italiana.
“Se questa catena non si ferma subito si può innescare un focolaio autoctono che può assumere anche dimensioni rilevanti o portare il Paese a diventare endemico. Ciò che noi microbiologi siamo tenuti a fare è la diagnosi rapida di infezione in fase viremica ( virus nel sangue) e molte Regioni si sono attrezzate con un centro regionale di riferimento che conduce la diagnosi di infezione da Zika, ma anche di Dengue, e di Chikungunya, virus trasmessi dalle stesse zanzare che possono dare origine a catene di trasmissione esattamente come Zika e che causano sintomatologia spesso sovrapponibile. Ce l abbiamo fatta a tenere sotto controllo la diffusione del virus Dengue, molto più diffuso di Zika, ce la faremo a tenere lontano anche Zika!”.
“In effetti ciò che stiamo osservando è che le infezioni trasmesse da artropodi ematofagi stanno aumentando e bisogna ricordare che non sono solo trasmessi dei virus, ma anche dei parassiti come i plasmodi della malaria o le leishmanie, batteri come Tripanosoma, Rikettsie, Babesie.. Oggi questi piccoli insetti sono da considerare gli animali più pericolosi al mondo per la salute dell’ uomo e noi microbiologi ci troviamo ancora una volta in prima linea” dichiara
Pierangelo Clerici, Presidente Amcli e Direttore dell'Unità Operativa di Microbiologia dell'Azienda Ospedaliera di Legnano.
Tra i sintomi più comuni si segnalano episodi di mal di testa, rash maculopapulare (3-4 gg), episodi febbrili (2-3 gg), malessere, congiuntivite, artralgie. Come per altre infezioni da arbovirus, solo in un caso su 4 si manifesta la sintomatologia. Negli altri tre l’infezione decorre in modo asintomatico.
“Come per altri virus che si sono progressivamente manifestati in diversi continenti, occorre adottare semplici accorgimenti per le persone che si recano nelle zone ritenute a maggior rischio sia per motivi di lavori sia di piacere. Questo avvertimento in ragione anche del probabile flusso di persone che si recheranno in Brasile in occasione dei prossimi Giochi Olimpici e che trascorrono periodi estivi negli Stati Uniti” conclude il Dr. Clerici.
Zika Virus. Un po’ di storia. Si tratta di un Flavivirus, simile al virus della febbre gialla o della Dengue, trasmesso dalle zanzare del genere Aedes, tra cui la Aedes aegypti, suo vettore originario e all’ Aedes albopictus (zanzara tigre) al quale, secondo le prime evidenze, si deve l’ enorme e recente diffusione. Il virus è stato isolato per la prima volta in Uganda nel 1947 da scimmie della foresta ZIKA, vicino al lago Victoria, da cui prese il nome. Fu isolato per la prima volta da un uomo malato in Nigeria nel 1968 e dal 1968 al 2012, si sono registrati casi di infezioni umane solamente in centro Africa e nel sud est asiatico. Dal 2012, invece, si è assistito ad una diffusione straordinaria nelle isole del pacifico. In queste isole e soprattutto nella Polinesia francese, si sono avuti casi di complicazioni neurologiche di cui alcune decine di casi Guillain-Barré. Nel 2014 ha avuto inizio la diffusione nei Paesi dell’ America latina come il Cile, il Venezuela, e il Brasile dove si sta manifestando la correlazione tra l’ infezione nelle donne in gravidanza e la nascita di neonati microcefalici. Infine, nel 2015, si sono registrati i primi casi in Porto Rico e in Florida da cui ha preso piede l’allarme negli USA.
Pochi i casi in Europa e tutti da importazione.