In Italia il miglioramento delle terapie oncologiche, legato soprattutto all’impatto dei farmaci innovativi, sta garantendo un incremento costante e progressivo nella sopravvivenza nei tumori per le oltre 363mila persone che ogni anno ricevono una diagnosi. Tuttavia questa dinamica ha determinato anche un’impennata della spesa farmaceutica, in particolare quella ospedaliera: il rapporto Osmed 2014 indica che i farmaci antineoplastici ed immunomodulatori sono le molecole a maggior spesa pubblica, pari a quasi 3 miliardi di euro (48,7 euro pro capite), superando i farmaci per il sistema cardiovascolare (45 euro pro capite). Questo il tema al centro del workshop
'Il governo dell’innovazione farmaceutica: modelli di governance equa e sostenibile dei farmaci oncologici innovativi ad alto costo', organizzato a Roma presso il Senato da Motore Sanità con la collaborazione di Federsanità Anci e Msd Italia.
Sulla base di questi elementi, “occorre affrontare il tema della separazione delle voci di spesa, dei tetti, tra farmaceutica territoriale e ospedaliera – ha aperto i lavori
Mario Marazziti, presidente della Commissione Affari Sociali alla Camera - Se i farmaci innovativi permetteranno di guarire e non finire più in ospedale, dovrà cambiare anche il modello ospedaliero e quello di spesa”. Il primo trimestre del 2016 sarà di particolare importanza in quanto “è calendarizzato in Parlamento un ddl che si occuperà del Registro Tumori e che dovrebbe approdare in aula a marzo. E’ infatti uno strumento essenziale per raggiungere omogeneità di cure su tutto il territorio, rimuovendo le troppe sperequazioni che ancora caratterizzano il nostro Paese”.
E per rispondere alle esigenze di salute dei nostri cittadini “nelle due ultime leggi di stabilità è stato istituito un Fondo ad hoc. Per il prossimo futuro, sarà necessario avviare una riflessione più ampia che preveda risposte strutturali al tema dell’innovazione. Dobbiamo – ha sottolineato - innanzitutto capire, come Paese, quali livello di costo-efficacia possiamo sostenere per poi dare mandato agli enti regolatori di trattare il prezzo di questi farmaci”.
Numerose criticità sono prodotte dall’attuale modello di regolamentazione che “fino ad oggi è stato in grado di governare la spesa farmaceutica territoriale – ha osservato
Nicoletta Luppi, presidente e amministratore delegato di Msd Italia - ma ora si sta dimostrando sempre più incoerente con le dinamiche della spesa farmaceutica a livello ospedaliero ed emerge in modo sempre più chiaro l’esigenza di un nuovo approccio che consenta di valutare in termini olistici la spesa sanitaria”. Proprio per questo “è venuto meno il senso di mantenere un tetto rigido per la spesa farmaceutica ospedaliera ponendo in capo alle aziende la responsabilità del suo sforamento senza tenere in conto i risparmi prodotti in altre voci della spesa sanitaria o l’aumento dell’aspettativa e della qualità di vita dei pazienti”. Si potrebbe quindi “prendere la spesa farmaceutica per l’oncologia e inserirla in quella ospedaliera, ma anche reinvestire i proventi del gettito fiscale generato dal tabacco appositamente nella lotta ai tumori”.
A livello sistemico è comunque fondamentale “distinguere quali siano i prodotti innovativi che, a fronte di un alto costo, non offrano invece benefici modesti – ha ragionato
Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto superiore di sanità - Questo può essere un criterio con cui costruire l’eventuale istituzione di un Fondo pubblico per i prodotti innovativi”. Allo stesso tempo “affinché i tassi di sopravvivenza non siano strettamente correlati, come sempre più spesso accade, al reddito economico e, come mostrano anche recenti analisi, al grado di istruzione, è necessario far interagire diversi nodi del sistema e metterli in rete: oltre al welfare, è necessario che alla produzione di innovazione concorrano il sistema di ricerca pubblica, sostenuto e affiancato da quello privato, in particolare nella fase di sviluppo di nuove ed efficaci molecole, e riflettere però anche su nuovi sistemi brevettuali che proteggano gli investimenti delle aziende ma rendano possibile alla ricerca pubblica di collaborare nell’interesse della collettività”.
Un vettore fondamentale per un miglioramento del sistema “risiede indubbiamente dell’Health technology assessment, già implementato grazie alla cabina di regia istituita con l’ultimo Patto per la Salute – ha evidenziato
Marcella Marletta, Direttore Generale della Direzione Generale dei Dispositivi Medici e del Servizio Farmaceutico del Ministero della Salute – Ottimizzare è infatti indispensabile ma ottenere risparmi in termini di spesa e questa è una delle sfide principali che ci attende. L’idea può essere anche quella di spendere di più in una fase iniziale per poi migliorare la terapia e abbattere i costi per le cronicità e la farmaceutica. Senza dimenticare le numerose giornate che perdiamo in termini di occupazione a causa dei tumori”.
È inoltre fondamentale “giungere ad una chiara e strutturata definizione di innovazione – ha suggerito
Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva - in modo da quantificarne l'impatto e il beneficio ottenibile dalle cure farmacologiche innovative da un lato e dall'altro promuovere una capillare attività di informazione e comunicazione rivolta ai pazienti sulle diverse opportunità terapeutiche a disposizione operando nella rimozione di tutte quelle condizioni che mettono in discussione il principio di uguaglianza ed universalismo nell'accesso alle cure”.
Forti criticità sono causate “dagli ingenti ritardi che derivano dall’interferenza di Commissioni regionali, locali e aziendali che rallenta ulteriormente l’accesso ai farmaci – ha riferito
Francesco De Lorenzo, presidente di Aimac e di Favo - configgendo talvolta competenze specifiche di Ema ed Aifa, come nel caso della modifica e/o cancellazione di alcune indicazioni terapeutiche. Il complesso di queste procedure costituisce un vero e proprio razionamento dei farmaci effettivamente accessibili ai cittadini, determinando gravi disparità sul territorio, e negando, nei casi in cui ciò avviene, il diritto di tutti i malati di avere accesso ai nuovi farmaci autorizzati in tempo utile. È questa una potenziale forma occulta di razionamento, poco conosciuta e poco monitorata, che crea disuguaglianze territoriali e penalizza larghe fasce di cittadini”.
Un’opzione per sostenere la ricerca indipendente, fattore imprescindibile per alimentare l’innovazione, “potrebbe consistere nella convergenza di fondi pubblici e con la compartecipazione delle imprese del settore e delle charities impegnate in questo campo, organizzando un sistema compartecipato e coordinato lungo le traiettorieprioritarie per il Paese – ha riflettuto
Paolo Bonaretti, Consigliere per le Politiche industriali del Gabinetto del Ministro dello Sviluppo Economico e Responsabile del Tavolo sulla Farmaceutica - Un sistema che, tra l’altro, garantirebbe una riduzione del rischio della ricerca farmaceutica, favorirebbe un sensibile incremento della sperimentazione clinica ed un rapido aumento dell’accesso alle cure e ai farmaci innovativi per una larga fetta della popolazione”.
Ma non si possono dimenticare le implicazioni etiche, “dato che la definizione delle risorse necessarie per il loro acquisto limita la disponibilità di opportunità terapeutiche per altre patologie – ha fatto notare
Angelo Del Favero, direttore generale dell’Iss e presidente di federsanità Anci - Proprio la disponibilità di farmaci innovativi in diverse aree terapeutiche rappresenta una delle maggiori speranze nella cura di malattie a elevato impatto sanitario, sociale ed economico. Per queste ragioni l’accesso a questi farmaci è oggetto di un nuovo report della sezione europea dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, dove si afferma il concetto che il prezzo dei nuovi farmaci dovrebbe essere legato al loro valore aggiunto rispetto ai trattamenti disponibili e all’impatto sanitario”.
I farmaci oncologici, per le loro caratteristiche, “sono il crocevia delle trasformazioni dei sistemi sanitari – ha sottolineato
Enzo Chilelli, direttore generale di Federsanità Anci - Si tratta di prodotti innovativi, a elevato valore terapeutico (spesso la differenza tra il decesso e la sopravvivenza) e altrettanto elevato costo. Il loro utilizzo deve necessariamente confrontarsi con i problemi di sostenibilità della spesa sanitaria che in ogni sistema, sia con finanziamento a prevalenza pubblica che privata, diventano sempre più evidenti. Nel caso dell’Italia, queste difficoltà trovano due fattori di amplificazione, di natura strutturale: da un lato le condizioni della finanza pubblica, sulle quali pesano il debito pubblico e la bassa crescita dell’economia; dall’altro, il “cantiere” federalista che si stenta a chiudere e che implica, per la sanità, la mancanza di una governance unitaria, in particolare su quei capitoli di spesa, come i prodotti oncologici, che avrebbero urgenza di punti di riferimento chiari su come articolare il trade-off tra sostenibilità e adeguatezza delle cure”.
Una proposta concreta, immediatamente operativa, è stata presentata da
Carmine Pinto, Presidente Nazionale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom). “Lo Stato ricava circa 11 miliardi di euro dalle accise del tabacco e impiega queste risorse in vario modo, ne basterebbe una piccolissima parte, anche solo il 5%, per garantire pieno accesso a tutti i malati italiani ai tanti farmaci innovativi che arriveranno sul mercato e che potrebbero cambiare le loro aspettative di vita”. L’Aiom infatti, insieme alle associazione dei pazienti, ha proposto al Governo l’istituzione di questo Fondo autonomo dedicato ai farmaci oncologici innovativi che potrebbe essere finanziato proprio con il gettito derivante dal tabacco, un centesimo in più a sigaretta.
L’idea di un Fondo nazionale per i farmaci innovativi, nel complesso, “interroga a vari livelli le diverse istituzioni grazie al mio emendamento – ricorda
Emilia Grazia De Biasi, presidente della Commissione Igiene e sanità al Senato - che svincola il fondo dei farmaci innovativi dal tetto territoriale e lo rende indipendente per il 2015 e il 2016 e che può liberare risorse dando respiro alla Regioni che, con una attenta programmazione, potranno in modo più ampio rispettare il diritto alla salute. Un fondo che si potrà implementare e sarà autonomo all’interno del Fondo sanitario nazionale, quindi non soggetto alle stesse regole di mercato vigenti per gli altri farmaci. Naturalmente è impensabile che il Fondo aumenti più di tanto ma bisogna riconvertire la spesa sulle esigenze della popolazione”.
Il punto, ha concluso, “è come far arrivare questi soldi, questione che riguarda anche la governance del sistema. Si potrebbero mettere in atto diverse azioni; una per esempio è quella di intervenire sul prontuario. Insomma, dobbiamo scegliere se siamo uguali davanti al cancro o davanti all’aspirina, ricordiamo che quello italiano è un sistema universalistico, equo e solidale e tale va mantenuto, particolarmente per l’oncologia. Questo comporta una revisione della politica del farmaco se si vuole evitare sofferenza su sofferenza a certe fasce della popolazione”.