L’infezione da
Clostridium difficile è un problema sempre più diffuso nei nostri ospedali, che comporta enormi problemi nella gestione del paziente che ne è affetto: dalla messa in atto delle complesse procedure dell’isolamento da contatto, ai problemi di resistenza antibiotica, alla mortalità non certo trascurabile.
Per questo in tutto il mondo i riflettori della ricerca sono puntati su questo insidioso germe, resistente alla maggior parte degli antibiotici.
Le ultime notizie al riguardo vengono da una ricerca del
Vanderbilt University Medical Center, pubblicata su
Nature Microbiology. I ricercatori americani sono riusciti ad ottenere la struttura cristallina della tossina del
Clostridium difficile e nel loro studio riferiscono anche di aver scoperto che è necessaria la presenza dello zinco per scatenare gli effetti dannosi della tossina a livello del colon. Secondo gli autori, queste scoperte potrebbero aprire la strada allo sviluppo di un vaccino e di nuove terapie per prevenire le conseguenze potenzialmente fatali dell’infezione da
C. difficile.
“La nostra è ricerca di base – spiega
Borden Lacy, professore di patologia, microbiologia, immunologia e biochimica - che fornisce però un inquadramento per comprendere come, una volta contratta questa infezione, le tossine causino la malattia”.
L’infezione da C. difficile è una malattia mediata da una tossina, esattamente come l’antrace, il botulino e la difterite. Il batterio produce due tossine la A e la B e a differenza di altre infezioni non si dispone ancora di un vaccino, né di terapie efficaci. Ma nel frattempo, questo batterio, ormai ubiquitario negli ospedali di tutto il mondo, sta diventando una minaccia per la salute pubblica. Nei soli Stati Uniti, nel 2011 ha causato mezzo milione di infezioni e oltre 29 mila decessi.
Lacy e colleghi negli ultimi anni avevano già chiarito il meccanismo attraverso il quale la tossina B esercita i sui effetti citotossici. Più di recente i loro studi avevano portato alla scoperta del recettore cellulare al quale si lega la tossina. Dopo il legame con il recettore, le tossine sono interiorizzate in un endosoma, una sorta di vescica che penetra la membrana cellulare, rilasciano all’interno della cellula frammenti di tossina con attività enzimatica. Questi ‘enzimi’ modificano l’attività delle proteine cellulari e da ultimo portano a morte la cellula.
Il gruppo di Lacy, in questo nuovo studio, è riuscito a ricostruire la struttura cristallina della tossina A del C. difficile, grazie anche alla collaborazione del farmacologo
Benjamin Spiller. Questo ha consentito di scoprire che una piccola parte della tossina è ‘altamente conservata’, ovvero che la sua sequenza aminoacidica è identica anche in altre specie di
Clostridium.
“Ciò suggerisce – affermano gli autori – che anticorpi specifici per questa regione potrebbero offrire protezione contro diverse infezioni da clostridio tossino-mediate e suggerisce la possibilità di una strategia generalizzabile per mettere a punto antigeni vaccinali sicuri per questa classe di tossine”.
Infine i ricercatori americani hanno scoperto che per produrre i ben noti danni, la tossina deve legarsi allo zinco. Ciò significa che piccole molecole mirate all’enzima che legano lo zinco potrebbero bloccare gli effetti della tossina.
Insomma un importante passo avanti nelle lotta a questa infezione, che diventa di giorno in giorno più minacciosa e di difficile gestione.
Maria Rita Montebelli