Per molti la fine dell’anno è tempo di bilanci. Altri preferiscono guardare al futuro e tracciare trame che intessono realtà, sogni e
wishful thinking. E non si sono sottratti all’esercizio di san Silvestro gli editori di
PLOS Medicine che hanno chiesto a 11 esperti in altrettanti campi di ricerca di elaborare le loro previsioni di sviluppo e possibili scoperte nei rispettivi ambiti, sulla base di quanto accaduto nel 2015. Ecco cosa hanno risposto.
Ewan Birney,
condirettore dello European Bioinformatics Institute:
“Le prospettive della ricerca sul genoma”
Decodificare in maniera sistematica i dati del genoma sta diventando, grazie alle nuove tecnologie (quali il sequenziamento
real-time e quello
longer read), sempre più rapido ed economico e questo avrà un enorme impatto sulle possibilità diagnostiche e sulle scoperte in questo campo. “Il punto cruciale nel caso dei dati genomici personalizzati non riguarda tanto il fatto che queste informazioni vengano rese disponibili gratuitamente, ma come verranno integrate nei sistemi sanitari in tutto il mondo”.
Nel frattempo, i maggiori successi messi a punto in quest’area sono quelli riguardanti le malattie rare; un esempio eccellente viene dal
Deciphering Developmental Disorders project inglese che ha consentito di rivoluzionare la diagnosi nei bambini e di condurre a nuove scoperte. Altri progetti importanti dai quali ci si aspetta molto per il prossimo anno sono il
100K Genomes inglese e il
ClinGen americano. L’impiego dei dati genomici ha avuto un grande impatto finora sui test non invasivi prenatali e sta trasformando diagnosi e controllo delle infezioni.
Philipp du Cros, Médecins Sans Frontières:
“Nuove armi terapeutiche contro la tubercolosi”
Una delle sfide che ci aspettano nel prossimo futuro è la lotta alla tubercolosi, in particolare contro le forme resistenti al trattamento (MDR-TB). Nel 2014 ne sono stati registrati nel mondo ben 480.000 casi. Secondo l’esperto, gli attuali standard di trattamento contro la MDR-TB sono inadeguati: troppo lunghi (20-24 mesi, di cui 8 mesi con farmaci per via iniettiva), tossici, costosi e soprattutto gravati da un 50% di fallimento.
“Nel 2016 sarà necessario migliorare la disponibilità e l’accesso ai nuovi farmaci, come la bedaquilina e il delamanid. Più a lungo termine, le priorità riguardano l’organizzazione di nuovi trial clinici per definire quali sono le più efficaci combinazioni di farmaci che consentano regimi di più breve durata e più efficaci”.
Nick Wareham,
Università di Cambridge:“Il diabete come manifestazione clinica di un problema sociale”
La pandemia del diabete rappresenta una priorità per i governi di tutto i Paesi; la lotta per invertire questa tendenza dovrà prevedere approcci a livello di popolazione, mirati a modificare comportamenti e stili di vita di ampi gruppi di persone a basso e moderato rischio di diabete, piuttosto che concentrare tutti gli sforzi sulle popolazioni ad alto rischio. “Forse il primo e più importante passo per i governi è quello di riconoscere e accettare che il diabete è la manifestazione clinica di un problema della società, che richiede quindi soluzioni a livello sociale”.
Andrew Beck,
Department of Pathology, Harvard Medical School, Beth Israel Deaconess Medical Center:
“Nuovi approcci per la diagnosi del cancro alla mammella”
La più importante ricerca pubblicata lo scorso anno nel campo dell’oncologia è secondo questo esperto il lavoro di
Joann Elmore e colleghi sulla discordanza diagnostica della valutazione istopatologica del tumore della mammella preinvasivo. In particolare gli autori mettono in evidenza l’elevato livello di concordanza diagnostica nel caso delle forme invasive (96%), rispetto all’ampia variabilità e discordanza diagnostica nel caso delle lesioni mammarie preinvasive (solo il 48% vengono diagnosticate come lesioni benigne con atipia).
Visti i grandi progressi nell’
imaging diagnostico, che rivela lesioni mammarie in stadio sempre più precoce, la valutazione istopatologica di queste lesioni precocissime è sempre più richiesta e dal suo esito può dipendere la decisione di continuare con lo
screening o avviare la paziente dal chirurgo, per poi passare alla chemio e alla radioterapia. Questo studio evidenzia dunque gli attuali principali problemi nel campo della diagnostica istopatologica del tumore della mammella e suggerisce di sviluppare degli approcci innovativi (basati sui dati molecolari e morfologici e sui nuovi approcci di intelligenza artificiale e di apprendimento automatico) per assistere l’istopatologo nel fare una diagnosi sempre più accurata, riproducibile e informativa in quest’area ancora ‘opaca’ di diagnosi.
Manuel Graeber,
Neuropatologo e Direttore della Brain Tumour Research, Università di Sydney:
“Antinfiammatori e demenze: un binomio discutibile”
E’ passato quasi un secolo dalla scoperta della malattia di Alzheimer e dalla descrizione dei corpi di Lewy associati al Parkinson, ma ancora non si dispone di un trattamento efficace per rallentare le malattie neurodegenerative. Si parla molto di neuro-infiammazione anche se, nel corso degli anni, il significato di questo termine è andato cambiando e oggi si usa per indicare l’aumentata espressione di alcune citochine e di altri marcatori di attivazione della microglia.
Il problema è che queste cellule risultano attivate nella maggior parte delle patologie cerebrali e anche in condizioni subcliniche. L’esperto invita dunque alla prudenza e ad evitare cortocircuiti, quali quello di trattare questi pazienti con farmaci anti-infiammatori. “Per le aziende farmaceutiche – scrive nella sua riflessione – è molto appetibile trovare nuovi impieghi di farmaci già sul mercato, senza doversi sobbarcare ulteriori costi di R&D. Resta però tutto da dimostrare se queste terapie siano realmente efficaci in condizioni quali demenza, depressione, schizofrenia”.
James Tumwine,
Professore di Pediatria, School of Medicine, Makerere University, College of Health Sciences,
Uganda: “Africa senza medici africani?”
L’esperto riflette sulle difficoltà che incontrano i tirocinanti di medicina nei Paesi con poche risorse e sulle sfide poste dalle iniquità di assistenza sanitaria. Accedere all’università è praticamente impossibile per gli studenti provenienti da famiglie a basso reddito (praticamente la regola in paesi quali l’Uganda). Sul versante clinico, bisogna fare i conti con la carenza cronica di farmaci e kit diagnostici. A fare la differenza sarebbero maggiori investimenti nei programmi di prevenzione e nell’offerta di assistenza sanitaria gratuita ‘
point of delivery’.
Phillipa Hay,
University of Western Sydney:
“Malattie mentali e stigma: c’è ancora molto da fare”
L’accesso alle cure per le malattie mentali incontra molti ostacoli, sebbene queste patologie siano ormai in vetta alla classifica del carico globale di malattia. Sono ancora troppi i gap in un’equa distribuzione di assistenza sanitaria
evidence-based e non è sempre questione di soldi. Nei Paesi ad alto reddito ad esempio c’è un eccesso di psichiatri, mal distribuiti però e questo lascia molti pazienti senza adeguati trattamenti e riduce significativamente la loro aspettativa di vita.
Tra le varie barriere da affrontare, quella dello stigma resta probabilmente la più importante nel creare un ‘sommerso’ di queste patologie. Un miglior
training dei medici, che includa anche la consapevolezza dei problemi creati dallo stigma è quanto meno necessaria secondo questa esperta. Campagne di
awareness e interventi del tipo ‘pronto soccorso psichiatrico’ hanno riscosso un discreto successo nei Paesi che li hanno realizzati. Ulteriori studi saranno necessari per testare l’efficacia della ‘traduzione’ di queste pratiche attraverso confini geografici e linguistici, oltre ad una più ampia disseminazione di questi approcci comunitari ‘
evidence-based’.
Hyeong Sik Ahn,
Dipartimento di Medicina Preventiva, College of Medicine, Korea University:
“Cancro: se troppi screening fanno male”
In Corea il governo ha introdotto nel 1999 un programma di
screening del cancro; da allora, in questo Paese,
screening e trattamento dei tumori sono diventati un grande
business.
Gli ospedali vendono dei pacchetti di
screening e
check up che comprendono spesso tecnologie ad alto costo, come la risonanza magnetica o la PET e, negli ultimi anni, hanno aumentato gli spazi destinati ai programmi di
screening e assunto più radiologi e chirurghi. Ma anche molti medici di famiglia propongono, sempre a pagamento, dei servizi di
screening avvalendosi di ecografi o di endoscopi che utilizzano nei loro studi medici.
Il lato oscuro di questa medaglia è rappresentato dai tanti falsi positivi generati da questa caccia al cancro e, come ricaduta, dai tanti interventi chirurgici inutili.
In un sistema orientato al profitto insomma, è facile che i medici si discostino dalle linee guida ufficiali sullo
screening tumorale e si facciano un po’ prendere la mano con le ‘iperdiagnosi’.
“La società dovrebbe essere consapevole del fatto che servizi sanitari di questo tipo - scrive l’esperto – possono indurre a trattamenti non necessari, che non necessariamente allungano la vita. Anzi, che addirittura, possono provocare complicanze anche mortali”.
Ma intanto la
Physician Coalition for Prevention of Overdiagnosis of Thyroid Cancer ha ottenuto una sua vittoria. Dopo aver pubblicato una lettera aperta al pubblico nel 2014, ha visto crollare gli interventi chirurgici per cancro della tiroide (o supposto tale) del 35%, nell’arco di appena un anno. I buoni propositi per il nuovo anno sono dunque quelli di estendere questa
good practice anche in altri campi.
Anushka Patel,
The George Institute for Global Health, University of Sydney:
“Allarme cuore nei Paesi a basso reddito”
Le nazioni a basso e medio reddito sono sempre più schiacciate da un carico crescente di patologie croniche, soprattutto cardiovascolari, come indicano anche gli ultimi dati dello studio
Global Burden of Disease.
E’ proprio in queste nazioni che si verifica l’80% dei decessi per queste patologie, fortemente correlate allo scarso controllo di condizioni cardio-metaboliche.
Lo studio PURE (
Prospective Urban Rural Epidemiology) ha pubblicato dati sulla disponibilità di quattro farmaci essenziali per la prevenzione secondaria delle malattie cardiovascolari, evidenziando come questi scarseggino nelle nazioni a basso e medio
income, soprattutto nelle comunità rurali. Ma anche laddove disponibili, almeno il 60% degli abitanti di queste nazioni non ha i soldi per acquistarli.
Una crisi questa che potrebbe essere affrontata imparando da una lezione del passato: quella della disponibilità e della sostenibilità delle terapie anti-HIV/AIDS.
Lorenz von Seidlein,
Mahidol-Oxford Tropical Medicine Research Unit (MORU), Mahidol University, Bangkok, Thailand:
“Malaria: siamo ancora al secolo scorso”
Il più grande ostacolo nella lotta alla malaria previsto per il 2016? L’aumento di resistenza degli insetti agli insetticidi e del
Plasmodium ai regimi di trattamento a base di artemisina. “Ed è un problema serio – sottolinea l’esperto – Se prima parlavamo di sacche di resistenza, oggi dobbiamo parlare di sacche di suscettibilità”.
Le forme di
P. falciparum resistenti all’artemisina sono ormai diffuse in tutta la Cambogia, uno dei posti dove ha avuto origine la resistenza alla clorochina, alla pirimetamina e alla sulfadossina. Purtroppo questi ceppi di
P. falciparum resistenti si stanno diffondendo in tutto il sud-est asiatico e si stanno spostando verso l’Africa.
A fronte di questa catastrofe, la risposta di salute pubblica alla resistenza del vettore e dei parassiti è rimasta quella del secolo scorso. “In assenza di rapidi e congrui adeguamenti nelle strategie di controllo rispetto all’epidemiologia della malattia, che è in continua evoluzione – ammonisce l’esperto - la ricomparsa della malaria, anche nei posti dove si era riusciti a controllarla nell’ultima decade, è una possibilità concreta”.
Nicola Low,
Institute of Social and Preventive Medicine, University of Bern:
“Non solo Aids. La sifilide torna a colpire”
La sfida più impegnativa per il prossimo anno nel trattamento e nella prevenzione dell’HIV e delle infezioni a trasmissione sessuale (STI)? Parlando di infezioni a trasmissione materno-fetale, si pensa troppo spesso solo all’HIV, mentre ad esempio la sifilide in gravidanza causa un numero molto più alto di infezioni fetali e perinatali rispetto all’HIV.
E’ dunque necessario – asserisce l’esperto – procedere al più presto alla quantificazione accurata degli anni di vita persi e della disabilità causata dalle STI, anche per dimostrare quanto valga la pena investire in prevenzione e nel controllo di condizioni quali le nascite pretermine, il basso peso alla nascita, la mortalità perinatale causata dalle STI in gravidanza, il cancro della cervice causato dall’HPV.
Le linee guida OMS del 2015 raccomandano la somministrazione immediata di terapia antiretrovirale a tutti i soggetti con infezione da HIV e la profilassi pre-esposizione nei soggetti HIV-negativi ad alto rischio di infezione.
La sfida principale per il nuovo anno sarà quella di determinare se un numero sufficiente di persone, nelle nazioni col maggior carico di malattia, possano essere incoraggiate a valutare il loro
status HIV.
Maria Rita Montebelli