La rara distrofia muscolare di Duchenne e Becker (DBD/BMB) colpisce circa 5 persone su 10mila, e conduce progressivamente ad una completa immobilità, riducendo l’aspettativa di vita dell’individuo. In particolare, la forma Duchenne, più diffusa, da sola riguarda un bambino maschio ogni 3.300. Ad effettuare il punto della situazione su questa malattia e sulle prospettive della ricerca scientifica è l’Osservatorio Malattie Rare (OMAR), diretto da
Ilaria Ciancaleoni Bartoli, insieme all’Associazione Parent Project Onlus, nata nel 1996 e presieduta da
Filippo Buccella; il tutto durante un evento divulgativo dedicato ai media, dal titolo “Viaggio alla scoperta della distrofia di Duchenne”, a Roma. Durante l’incontro OMAR a Roma, la significativa testimonianza di
Luca Buccella, giovane ventiquattrenne affetto da tale distrofia, lancia un messaggio di grande forza e speranza per tutti i ragazzi che soffrono di questa patologia.
In Italia, dal 2008 è disponibile il
Registro Pazienti DMD/BMD (che fa parte del Registro Globale DMD di TREAT-NMD Alliance - Translational Research in Europe for the Assessment and Treatment of Neuromuscular Diseases Alliance), creato dall’Associazione Parent Project Onlus, che conta oggi circa 750 pazienti con diagnosi di distrofia di Duchenne e Becker e intorno ai 13mila casi accertati al mondo. Il Registro assume un ruolo importante sia per stimare il numero di persone affette dalla malattia in Italia e nel mondo, sia per chi soffre di DMD/BMD, per ricevere eventuali informazioni sull’opportunità di partecipare ad uno specifico studio clinico. Il paziente può effettuare la registrazione online, attraverso una procedura molto semplice, oppure, per chi non ha la possibilità di accedere ad internet, su un modulo cartaceo che, su richiesta, viene inviato direttamente a casa.
In caso di difficoltà nell’inserimento dei dati, il paziente può chiedere aiuto al proprio medico curante o al Responsabile del Registro.
Inoltre, non bisogna dimenticare che l’Italia è presente in quasi tutte le ricerche internazionali relative a tale malattia, come sottolineano gli esperti. “Non solo l’Italia è in prima linea per quel che riguarda i trial clinici più promettenti in corso”, spiegano gli esperti dell’Osservatorio Malattie Rare, “ma è anche il paese in cui sono stati ideati alcuni studi di base e approcci terapeutici che sono all’avanguardia nel campo della ricerca sulla Duchenne a livello mondiale”. Ilaria Ciancaleoni Bartoli, Direttrice dell’Osservatorio Malattie Rare e moderatrice dell’Evento, ricorda alcuni dei nomi italiani parte dell’eccellenza italiana nella ricerca nell’ambito della distrofia Duchenne: si tratta del Professor Eugenio Mercuri, il Dottor Pier Lorenzo Puri, il Professor Emilio Clementi e il Professor Giulio Cossu.
La malattia: cause e manifestazioni
La malattia di Duchenne e Becker intacca il tessuto muscolare scheletrico ed è causata da alcune mutazioni nel gene della distrofina, localizzato sul cromosoma X. La distrofina è una piccola proteina che assume un ruolo essenziale nel nostro organismo, dato che concorre alla corretta funzionalità del muscolo e in sua assenza o in caso di carenza accende un processo che porta alla distruzione delle cellule muscolari. Nelle persone che soffrono di questa particolare distrofia, il gene ‘mutato’ può presentare diverse variazioni e potrebbe essere paragonato ad un libro in cui mancano alcune pagine o alcuni capitoli o ancora in cui è del tutto assente il finale oppure che presenta altre variazioni che ne impediscono la lettura completa, come ha spiegato durante l’incontro Fernanda De Angelis, Area Scienza Parent Project Onlus.
La malattia si manifesta in forme differenti a seconda che si tratti della forma ‘Duchenne’ o della forma ‘Becker’: infatti, nel primo caso, più severo, si ha l’assenza della proteina distrofina, mentre nel secondo caso si ha una variazione quantitativa o qualitativa della stessa proteina, che comporta una malattia ad esordio ritardato ed un decorso meno definito rispetto alla Duchenne. Inoltre, la distrofia Becker (DBD) presenta un’incidenza minore rispetto alla Duchenne, contando un caso ogni 20mila.
La patologia presenta i primi sintomi nel bambino intorno ai 3 anni di vita e si manifesta ‘pienamente’ soltanto negli individui di sesso maschile (che possiedono un cromosoma X ed un cromosoma Y), mentre nelle donne, definite ‘portatrici sane’, la sintomatologia è molto ridotta per via di una compensazione con la presenza di una forma normale del gene sul secondo cromosoma X. Tuttavia, esistono rari casi in cui le donne con la mutazione hanno una riduzione della forza muscolare generica e possono manifestare problemi cardiaci intorno ai 50 anni.
La distrofia Duchenne e Becker è dunque una malattia ereditaria: da un padre sano e da una madre portatrice sana, la probabilità di avere un figlio con la malattia è pari al 25%. Restringendo il campo al caso di un figlio maschio, le probabilità che abbia la malattia sono pari al 50%, mentre facendo lo stesso per una figlia femmina, le probabilità che sia portatrice sana sono pari al 50%. Inoltre, sul totale delle persone affette dalla patologia, circa il 30% risulta avere mutazioni de novo: in questo caso il gene mutato non è trasmesso, ma vi sono nuove mutazioni che insorgono nel nascituro.
La diagnosi
La presenza della malattia può essere accertata solamente tramite biopsia muscolare oppure analisi molecolare. Tuttavia, alcuni campanelli d’allarme riguardano un incremento di creatinfosfochinasi (CPK) e di transaminasi (AST e ALT) nel sangue del bambino, indicativi per un danno muscolare e per una possibile malattia neuromuscolare, ma assolutamente non specifici. Gli esperti sottolineano l'importanza di una diagnosi quanto più precoce. In particolare, spiegano gli scienziati, talvolta la diagnosi può arrivare in ritardo e i sintomi essere inizialmente sottovalutati. Gli esperti, e in questa occasione in particolare Marika Pane, sottolineano l'importanza “Non esistono bambini pigri”, ha dichiarato Maria Teresa Moscato, Area Scienza Parent Project Onlus, durante l’evento organizzato da OMAR. “L’età media della diagnosi è intorno ai 4,6 anni di età del bambino. Un’età già ‘tarda’ se si considera che solitamente intorno ai cinque anni si inizia il cortisonico. Anche il ritardo motorio e del linguaggio rappresentano un segnale di attenzione da prendere in considerazione”.
Gli approcci terapeutici principali
Relativamente all’intervento contro la malattia, l’unica terapia universalmente utilizzata si basa sui farmaci corticosteroidi, che agiscono prevalentemente intervenendo sui processi antiinfiammatori e riducendo le reazioni immunitarie coinvolte nella progressione della malattia. In generale l’approccio farmacologico punta a contrastare i sintomi e controllare lo stato dell’infiammazione, che è alla base del danno muscolare. Tuttavia, sono in fase di studio e applicazione nuovi approcci terapeutici, tra cui quello genico, che mira a correggere il difetto genetico alla base della deficit nella produzione della proteina distrofina, e quello cellulare, che ha l’obiettivo di utilizzare staminali che siano in grado di ‘trasformarsi’ in cellule muscolari per integrare o sostituire quelle presenti, e quello genico.
La strategia genica ha visto lo sviluppo del farmaco “ataluren*, la prima terapia orale che ripristina la proteina in caso di una particolare mutazione”, spiegano gli esperti dell’Osservatorio Malattie Rare: si tratta di un farmaco “che agisce esclusivamente sulle 'mutazioni cosiddette ‘nonsenso’, presenti nel 13% dei casi di Duchenne. Tali mutazioni causano l’interruzione anticipata della lettura del gene e quindi la non funzionalità della distrofina”. Nel 2014 ataluren aveva già ottenuto l’autorizzazione condizionale all’immissione in commercio dall’EMA (Agenzia Europea del Farmaco) per l’uso nei pazienti DMD deambulanti, con mutazione nonsenso, dai cinque anni in su.
Attraverso una procedura particolare (legge 648/96), illustrata da Francesco Macchia, Docente “Marketing e Tecniche di Accesso al Mercato Farmaceutico” Facoltà di Farmacia Università “La Sapienza” di Roma, “lo scorso anno questa molecola è finalmente diventata disponibile in Italia ed è fruibile da un sottogruppo di pazienti (dal 10 al 15% delle persone affette da distrofia Duchenne) che possiedono la mutazione opportuna, che deambulano e con un’età superiore ai cinque anni”, ha dichiarato Fernanda De Angelis.
I risultati di uno studio clinico di fase III su 228 ragazzi affetti da Distrofia di Duchenne (DMD) hanno confermato i benefici di ataluren, spiegano gli esperti OMAR, che sottolineano come nessun paziente di questo gruppo abbia perso la deambulazione. “In un gruppo di pazienti che erano ancora in grado di percorrere tra i 300 e i 400 metri, secondo le misurazioni del 6MWT, la terapia ha portato un guadagno estremamente rilevante con 47 metri percorsi in più rispetto al gruppo di controllo”, ha spiegato il Prof. Eugenio Mercuri, ordinario di neuropsichiatria infantile all’Università Cattolica del Sacro Cuore e direttore dell'Unità Operativa Neuropsichiatria infantile, Policlinico Agostino Gemelli, che ha seguito in prima linea la sperimentazione del farmaco in Italia.
Tra gli interventi del Media Tutorial organizzato da OMAR vi sono quelli dei seguenti esperti: Fernanda De Angelis, Area Scienza Parent Project Onlus, Francesco Macchia – Docente “Marketing e Tecniche di Accesso al Mercato Farmaceutico” Facoltà di Farmacia Università “La Sapienza” di Roma; Eugenio Mercuri – Direttore UOC Neuropsichiatria infantile Policlinico A. Gemelli; Maria Teresa Moscato - Area Scienza Parent Project Onlus; Marika Pane – Dirigente Medico Neuropsichiatria infantile (UOC) Policlinico A. Gemelli.
Viola Rita
*sviluppata da PTC Therapeutics, una societàbiofarmaceutica americana”.