Tracciare un bilancio dei primi 10 anni dall’entrata in vigore, il 21 ottobre 2005, della Legge 219 sul sistema trasfusionale. Con questo intento la Sala del Mappamondo della Camera dei Deputati ha ospitato oggi il convegno ‘Una legge che fa buon sangue’, promosso da Avis. Ogni anno in Italia si effettuano oltre 3.000.000 di emocomponenti e Avis è presente su tutto il territorio nazionale con 1.314.316 soci (compresa la Svizzera) distribuiti in 3384 (+ 20 in Svizzera) sedi locali, 122 provinciali ed equiparate, 21 regionali.
Per Vincenzo Saturni, presidente di Avis Nazionale, ”È stato importante dialogare in un prestigioso luogo istituzionale come la Camera dei deputati sui primi anni 10 di vita di una legge che ha avuto – e ha ancora – il grande merito di porre le associazioni di volontariato del sangue al centro del sistema. Non si è trattato di un momento auto celebrativo, benché sia innegabile che siano stati ottenuti da tutti gli attori ottimi risultati, quanto piuttosto di un’occasione per discutere delle prossime sfide che attendono il sistema. Un sistema, quello italiano, chiamato sempre più a dare risposte ai pazienti, i veri beneficiari del gesto di gratuità della donazione, e a diventare punto di riferimento in un’Europa dove ci sono ancora pressioni perché la donazione di sangue esca dalla sfera della gratuità”.
All’incontro hanno partecipato le associazioni di volontari del sangue del Civis (Avis, Croce Rossa, Fidas e Fratres), il presidente della SIMTI,
Claudio Velati, il direttore del Centro nazionale del Sangue,
Giancarlo Liumbruno. Il convegno è stata, come ha sottolineato il presidente Saturni, un’occasione per fare il punto sul piano per la programmazione dell’attività trasfusionale, che rappresenta uno strumento strategico ed essenziale per adempiere completamente a quanto previsto dalle normative in materia.
Avis ritiene che l’attività trasfusionale vada inserita nella
programmazione sanitaria di ogni Regione, con un’ottica nazionale nel rispetto del suo inserimento nei Lea e con puntuali finanziamenti. Considerata poi necessaria
una visione di medio - lungo periodo (3 – 5 anni) per permettere adeguati investimenti e scelte organizzative funzionali e sostenibili anche per le Associazioni e Federazioni dei donatori (es. adeguamento delle Unità di Raccolta, gestione della chiamata). Altra novità proposta riguarda l'idea che
l'attività trasfusionale sia predisposta dalle Strutture Regionali di Coordinamento che devono essere adeguatamente sostenute o rinforzate stante il loro ruolo essenziale di raccordo con il Centro Nazionale Sangue e quindi con il Sistema Trasfusionale nel suo complesso e infine veda il reale coinvolgimento delle Associazioni e Federazioni dei donatori, nella coprogettazione delle strategie, con la condivisione costante delle informazioni quali/quantitative del sistema.
Il ministro della salute
Beatrice Lorenzin ha voluto intervenire sulla ricorrenza del decennale, rilasciando un’intervista per la rivista “Avis Sos nella quale ha sottolineato che “I risultati raggiunti oggi nel settore trasfusionale hanno la loro origine nelle novità introdotte dalla legge 219 del 2005, in particolare l’istituzione di organismi nazionali e regionali di ‘governance’ del sistema (il Centro nazionale sangue e i Centri regionali di coordinamento). Per molti aspetti la Legge è ancora assolutamente attuale, soprattutto per quanto concerne i princìpi fondanti e il substrato etico: concetto di donazione volontaria, non remunerata, Lea trasfusionali, gratuità del sangue e della trasfusione, autosufficienza nazionale indivisibile, non frazionabile, sovra-aziendale e sovra-regionale, ruolo e valore delle associazioni e federazioni di donatori volontari nella promozione del dono e nel conseguente contributo importantissimo ai fini istituzionali del Ssn, gestione esclusivamente pubblica delle strutture trasfusionali ST (o, meglio, "governo" interamente pubblico)”.
Nel merito del ruolo delle associazioni di volontariato, il ministro Lorenzin ha aggiunto che “senza dubbio il nostro sistema trasfusionale è complesso e articolato, ma le sue caratteristiche peculiari lo distinguono dagli altri sistemi dei Paesi europei. Rappresenta infatti un modello che si fonda sulla sinergia delle azioni degli attori che lo costituiscono. Cioè istituzioni, associazioni e federazioni del volontariato del sangue e professionisti e operatori sanitari del settore, incluse le rispettive società scientifiche. E si basa inoltre su un principio etico: la donazione volontaria, periodica, responsabile e gratuita. Un principio che, a monte del sistema, rappresenta la garanzia primaria di sicurezza e qualità del sangue e del plasma raccolto sul territorio nazionale, e quindi dei prodotti medicinali da esso derivati”.
Maria Rita Tamburrini, direttore Ufficio VIII Sangue e Trapianti Ministero della Salute, ha osservato che :"nella legge c'è un neo: manca un fondo per le campagne per la promozione del dono del sangue, degli emocomponenti, e del sangue cordonale. Non avere dei fondi programmati può creare dei problemi, anche se a livello nazionale è stata realizzata una campagna normativa per sostenere il dono. Il 14 giugno è la giornata dedicata ai donatori di sangue e ogni anno il Ministero insieme alle associazioni si è fatto promotore di campagne specifiche. Non c'è un fondo specifico ma sono stati comunque fatti interventi nello specifico".
“Dal 2005, anche grazie alla legge 219, sono stati fatti molti ed importanti passi avanti – ha sottolineato
Manuela Granaiola, senatrice del Pd - ma credo di poter affermare che c'è ancora da lavorare per poter affermare che abbiamo - veramente e concretamente - unificato il sistema trasfusionale. Mi risulta, ad esempio, che il processo di accreditamento non sia avvenuto secondo gli standard della GMP Europea ( Good Manifacturing Practice) e comunque la situazione è ancora assai differenziata rispetto alle diverse tipologie di donazione. Tuttavia oggi abbiamo un modello operativo e gestionale di riferimento unitario, sappiamo cosa dobbiamo fare; ma sappiamo anche che ancora, nelle diverse realtà operative non sempre siamo in grado di garantire un servizio omogeneo per opportunità a tutti i cittadini del nostro paese che ne hanno bisogno. L'ombra delle storiche divisioni e del divario tra nord e sud del paese, specialmente nel sistema sanitario, pesa ancora e continua a rendere tutto più difficile”.
Granaiola ha poi ricordato come la 219 affermi anche che ‘il sangue umano non è fonte di profitto’. Il sangue non si compra e non si vende, dunque è – ha aggiunto la senatrice - offerto da donatori volontari e già dal 1990 fu sancita l'assoluta gratuità della donazione del sangue; ma voglio sottolineare che prima di quella data, anche se non ancora sancita per legge la storia, la pratica e la cultura delle associazioni del dono da sempre avevano già affermato e conquistato la gratuità del dono e la non commerciabilità del sangue. Oggi la non commerciabilità di qualsiasi parte anatomica umana è una cosa che tutti consideriamo scontata, un valore ed un concetto che voglio sperare possa essere considerato come definitivamente acquisito; tanto che nella discussione in corso al senato relativa ad un ddl sull'uso post mortem del cadavere donato per uso didattico o di ricerca, ritroviamo gli stessi temi: il rispetto per il corpo e le parti anatomiche, la gratuità, la scelta consapevole. Quella delle associazioni del Dono è' una storia che, rileggendola oggi, evidenzia e richiama il ruolo di advocacy civile e culturale che hanno saputo esercitare nel tempo, in un terreno così delicato, sensibile e complesso. Un ruolo che – ha concluso - seppur differenziandosi per temi, è stato, ed è tutt'ora trasversalmente presente in gran parte del mondo del più ampio terzo settore”.