Un gruppo internazionale di ricerca, per una buona ‘fetta’ italiano, ha mostrato, all’interno di due differenti studi scientifici, che le importanti proteine, dette SERINC3 e SERINC5, potrebbero ridurre ampiamente l’aggressività del virus HIV-1, ostacolando la capacità del virus stesso di infettare nuove cellule. Inoltre, i ricercatori hanno messo in luce i meccanismi con cui la proteina Nef, il cui ruolo è noto da più di vent’anni, ostacola l’azione delle altre due proteine citate, favorendo così la diffusione del virus.
Uno dei due studi è stato condotto dal team di ricerca del Centro di biologia integrata (Cibio) dell’Università di Trento, guidato da
Massimo Pizzato, insieme al gruppo dell’Università di Ginevra in Svizzera e dal team della
University of Massachusetts Medical School (UMMS) negli Stati Uniti, mentre l’
altro studio è stato svolto dalla
University of Massachusetts Medical School (UMMS), guidato da
Heinrich Göttlinger. I risultati delle due ricerche, che sono pubblicate - indipendentemente una dall’altra - su
Nature, potrebbero fornire indicazioni su nuove potenziali strategie di intervento nella lotta al virus.
I due differenti studi hanno utilizzato metodologie diverse, arrivando però a risultati simili. Il primo studio, guidato da
Massimo Pizzato, in collaborazione con
Federico Santoni (Università di Ginevra) e
Jeremy Luban (UMMS), insieme ai colleghi, ha effettuato un’analisi genetica su ceppi di cellule umane, mentre nello studio guidato dal professor
Heinrich Göttlingerè stato analizzato il problema dal punto di vista biochimico.I risultati dimostrano che probabilmente le proteine SERINC ‘combattono’ tutti i retrovirus, anche quelli più lontani parenti di HIV-1, inibendone l’infettività, spiegano i ricercatori. Dunque, “l’effetto antiretrovirale potrebbe essere esteso a tutti i 'retrovirus'”, ha dichiarato Jeremy Luban, MD, the David J. Freelander Professor nella Ricerca sull’Aids e professore di Medicina molecolare alla UMass Medical School. “Il nostro risultato potrebbe avere implicazioni per trattare tutti i virus con ‘involucro’”.
In particolare, il gruppo di ricerca del Centro di biologia integrata (Cibio) dell’Università di Trento, ha ‘fotografato’ l’importante ruolo della proteina SERINC5, ed ora i ricercatori stanno lavorando “per renderla ‘invisibile’ all’HIV, al fine di generare un meccanismo difensivo che il virus non riesca più ad eludere”, ha dichiarato
Massimo Pizzato.
Il prossimo step per
Luban e
Göttlinger consiste nel determinare con precisione le modalità con cui le proteine SERINC proteggono le cellule dall’attecchimento del virus, impedendo alle particelle virali di trasmettere il genoma del virus nelle nuove cellule ospitanti. “Una possibilità è che le SERINC impediscano fisicamente al genoma del virus di attraversare l’involucro virale e la membrana cellulare per raggiungere la nuova cellula ospitante”, illustra Luban. “C'è ancora molto che non sappiamo su questo processo e sul funzionamento delle proteine SERINC”.
Ecco come funziona l’‘ingranaggio biologico’
Il virus dell’Hiv è composto da 9 geni, che a loro volta ‘corrispondono’ a 9 proteine, e non è in grado di riprodursi da solo, ma richiede la presenza di una cellula ospite. Una volta infettata questa cellula, il virus può replicare il suo genoma, e la cellula ospite infettata produce nuovi ‘virioni’, ovvero particelle di virus, portatrici del nuovo genoma. Questi virioni, simili a messaggeri dell’Hiv, cercano nuove cellule ospitanti e continuano il ciclo dell’infezione. In base ai risultati degli studi, come una sorta di scudo della cellula contro l’infezione, le due proteine
SERINC3 e
SERINC5, perciò, svolgerebbero un ruolo molto importante, dato che la loro presenza nella membrana della cellula ostacola l’azione infettante del virus.
Tuttavia, in questo processo biologico entra in gioco anche un altro componente, chiamato
Nef, una delle 9 proteine primarie espresse dall’Hiv. Tale proteina aumenta la capacità dell’Hiv di infettare nuove cellule, apportando delle modifiche alla cellula ospitante. Secondo i risultati di Luban, Göttlinger e colleghi, uno dei ruoli della Nef, ad esempio, consiste nel ‘sequestrare’ le due proteine SERINC3 e SERINC5, in modo che esse non raggiungano la superficie della cellula e non possano essere incorporate nelle nuove particelle del virus: così, Nef ‘neutralizza’ l’azione delle due proteine SERINC3 e SERINC5 e favorisce l’azione infettante dell'Hiv. In assenza della proteina Nef, al contrario, le nuove particelle virali incorporano le proteine SERINC3 e SERINC5 nello stesso ‘involucro’ del virus nel momento in cui lasciano la cellula ospite, e così, grazie a questo meccanismo, diventano ‘incapaci’ di infettare nuove cellule bersaglio.
“Queste particelle virali sono in grado di attaccarsi alle cellule ospiti potenziali, ma il genoma del virus HIV-1 non riesce a passare attraverso l’involucro virale in presenza delle proteine SERINC3 e SERINC5”, ha detto
Heinrich Göttlinger, professore di Biologia Molecolare, Biologia Cellulare e del Cancro presso la UMass Medical School. “In qualche modo queste proteine bloccano il rilascio del genoma del virus, impededendo essenzialmente il diffondersi del virus”.
“Utilizzando la proteina virale Nef", commenta Pizzato, "l’HIV ha acquisito la capacità di rimuovere SERINC5 dalla superficie delle cellule e così eludere la sua azione antivirale”.
Insomma, secondo gli esperti la chiave strategica futura potrebbe riguardare proprio la relazione tra queste proteine al fine di trovare un sostegno nella lotta contro il virus e la sua diffusione nell'organismo.
Viola Rita