Potrebbe essere una piccola rivoluzione nel trattamento dei bambini affetti da sindrome nefrosica. Uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Unità Operativa di Nefrologia, Dialisi, Trapianto dell’Istituto Giannina Gaslini di Genova ha infatti scoperto che rituximab, l’anticorpo monoclonale diretto contro i linfociti B, è in grado di “produrre una remissione stabile della sindrome nefrosica e permette la sospensione delle altre terapie a base di cortisone ed immunodepressori”, ha spiegato Gian Marco Ghiggeri, direttore dell’Unità Operativa Nefrologia, Dialisi, Trapianto del Gaslini e tra gli autori dello studio che verrà pubblicato sul Clinical Journal of the American Society of Nephrology.Da tempo si era ipotizzato che questa malattia renale, in soggetti predisposti, possa essere determinata da un eccesso di risposta a infezioni causate da agenti esogeni (batteri, virus). E diverse osservazioni casuali avevano suggerito che l’eliminazione dei linfociti B potesse contribuire a mantenere una stabile normalità in piccoli pazienti affetti da sindrome nefrosica.
Ora, il team genovese ha confermato l’ipotesi: dallo studio è emerso che nel 10 per cento dei pazienti si ottiene la remissione stabile della malattia.
La somministrazione degli anticorpi monoclonali “che avviene una volta ogni 6-12 mesi”, è “un’importante novità”, ha aggiunto Ghiggeri, che porta enormi vantaggi, “sia dal punto di vista delle complicanze fisiche, che vengono notevolmente ridotte, sia dal punto di vista psicologico: eliminare la necessità della cura quotidiana, permette a molti pazienti una nuova vita senza l’incubo giornaliero della dipendenza dalle “pillole” e l’ansia dei genitori sul loro effetto”.
La sindrome nefrosica, che colpisce 1 persona su 50.000, infatti, “nella grande maggioranza dei casi richiede lunghi cicli terapeutici (che in genere durano anni) con farmaci steroidei e immunodepressori che creano effetti collaterali devastanti per i bambini: cataratta, osteoporosi, arresto della crescita, ipertensione arteriosa”, ha spiegato il nefrologo. “Questa scoperta nasce a 50 anni dalla validazione delle prime terapie per la sindrome nefrosica, che, allora all’avanguardia, presentano oggi limiti inaccettabili a causa degli effetti collaterali”.
“La scoperta - ha commentato il direttore generale del Gaslini Paolo Petralia - cade a quarant’anni dalla prima dialisi in un bambino effettuata al Gaslini nel 1969 dalla professoressa Rosanna Gusmano, recentemente scomparsa. Ricordiamo oggi quella procedura che significò l’inizio di una nuova vita per tanti piccoli pazienti, che prima di allora non avevano possibilità di sopravvivenza. Siamo orgogliosi di presentare oggi un’altra tappa fondamentale per la cura delle malattie renali pediatriche", ha concluso.