Per la prima volta la terapia genica ha mostrato effetti benefici in pazienti affetti da fibrosi cistica rispetto alla funzionalità polmonare. Lo afferma un gruppo di ricercatori dell’Imperial College che, insieme ai colleghi di altri Istituti, hanno condotto il trial di fase 2 randomizzato su 140 pazienti con questa malattia. I risultati dello studio sono stati
pubblicati su
The Lancet Respiratory Medicine.
La particolare terapia genica utilizzata è consistita nell’inalazione di molecole di Dna che, nelle cellule polmonari, hanno fornito una copia funzionante del gene difettivo coinvolto nella fibrosi cistica, la cui risposta è stata così ‘rimpiazzata’ da quella del nuovo gene.
La fibrosi cistica è una rara malattia ereditaria, determinata da mutazioni del gene
CFTR (Cystic Fibrosis Transmembrane conductance Regulator). La malattia colpisce principalmente l’apparato respiratorio e il pancreas, ma anche altri organi. Le mutazioni genetiche comportano che lo strato di rivestimento dei polmoni produca un muco con uno spessore anomalo; tale fenomeno determina ricorrenti infezioni polmonari che possono mettere in pericolo la vita e che danneggiano progressivamente i polmoni, causando il decesso nel 90% dei pazienti affetti da questa rara malattia. Dal 1989, anno in cui è stata scoperta, sino ad oggi, i ricercatori hanno individuato 2000 diverse mutazioni che modificano il gene
CTFR ed hanno sviluppato diversi vettori per veicolare e spedire all’interno dei polmoni una copia corretta di questo gene; tuttavia, spiegano i ricercatori, finora nessun trial basato sulla terapia genica ha mostrato un miglioramento nel trattamento della fibrosi cistica.
Nel trial odierno sono stati coinvolti 140 pazienti, che per un anno hanno ricevuto la terapia genica oppure il placebo. In base ai risultati, nel gruppo di 78 pazienti trattati con terapia genica, il ‘volume espirato forzato in un secondo’ (un parametro definito dalla sigla
FEV1, che indica il volume massimo espulso durante il primo secondo di un’espirazione forzata) risultava in media del 3,7%* superiore rispetto alla stessa misura effettuata nei 62 pazienti che hanno ricevuto placebo.
Tuttavia, gli effetti sono disomogenei, con alcuni individui che hanno mostrato una risposta migliore rispetto ad altri. In particolare, le persone che all’inizio mostravano la peggiore funzionalità polmonare hanno avuto un miglioramento più marcato con un parametro
FEV1 superiore del 6,4% rispetto al gruppo placebo.
“Rispetto al gruppo placebo, i pazienti che hanno ricevuto la terapia genica hanno mostrato un beneficio significativo, anche se modesto, all’interno dei test di funzionalità polmonare e non c’è stata alcuna preoccupazione riguardo alla sicurezza”, ha detto l'autore senior professor
Eric Alton del National Heart and Lung Institute at Imperial College London. “Anche se l'effetto è risultato disomogeneo, con alcuni pazienti che hanno risposto meglio di altri, i risultati sono incoraggianti”.
Complessivamente, inoltre, la terapia genica è stata ben tollerata e i pazienti sottoposti alla terapia hanno mostrato lo stesso tasso di eventi avversi del gruppo placebo.
Dunque, il risultato del trial odierno mostra la stabilizzazione della funzione polmonare piuttosto che un miglioramento della malattia, spiegano i ricercatori, che tuttavia sottolineano l’importanza del risultato attuale.
“La stabilizzazione della malattia polmonare rappresenta di per sé un obiettivo utile”, ha spiegato il Professor
Stephen Hyde, coautore senior del Gene Medicine Research Group alla University of Oxford. “Stiamo proseguendo in maniera attiva ulteriori studi basati sulla terapia genica non-virale, cercando diverse dosi e vettori più efficienti e combinando la terapia con altri trattamenti”. “La pubblicazione di questo trial rappresenta un punto di riferimento per i pazienti con fibrosi cistica”, aggiunge il Dottor
Alastair Innes, senior coautore del Western General Hospital, a Edinburgo, nel Regno Unito, che invia un particolare ringraziamento ai pazienti del Regno Unito che hanno preso parte agli studi.
Viola Rita
*L’intervallo di confidenza al 95% per la dimensione dell’effetto va dallo 0,1% al 7,3%, un range di valori che passa da un effetto nullo sino ad una chiara rilevanza clinica.
**Lo studio è stato finanziato da una partnership tra il Medical Research Council (MRC) del Regno Unito e il National Institute for Health Research (NIHR).