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QS Edizioni - mercoledì 27 novembre 2024

Scienza e Farmaci

Presentata all'Expo l’Easo Milan Declaration, un invito all'azione per riconoscere e trattare l'obesità

immagine 6 giugno - Il documento è stato illustrato da European Association for the Study of Obesity (EASO), Società Italiana dell’Obesità (SIO) e Centro per lo Studio e la Ricerca sull’Obesità (CSRO). Secondo gli esperti, ridurre di 1 punto percentuale il numero di persone obese può evitare da 1 a 3 milioni di casi di tumore, malattie cardiovascolari, diabete e ipertensione tra i cittadini europei.
Presentata al Padiglione dell’Unione Europea a Expo Milano, da European Association for the Study of Obesity (EASO), Società Italiana dell’Obesità (SIO) e Centro per lo Studio e la Ricerca sull’Obesità (CSRO) dell’Università degli Studi di Milano l’EASO Milan Declaration, un invito all’azione per riconoscere e trattare l’obesità. Il quadro delineato al recente congresso europeo sull’obesità (ECO) è preoccupante: se il trend attuale non dovesse mutare, entro il 2030 in quasi tutti i Paesi europei si assisterà a un sostanziale aumento dell’incidenza di obesità.

“Anche l’Organizzazione mondiale della sanità ha recentemente lanciato un preoccupante allarme riguardo l’epidemia dell’obesità”, dichiara Paolo Sbraccia, Presidente SIO. “Solo nel nostro paese il 10 per cento della popolazione è obeso e il 40 per cento in sovrappeso, ma basta guardare oltreoceano per rendersi conto di che cosa ci può attendere. Ad esempio, la stessa Oms prevede che in Italia, entro 15 anni, le donne sovrappeso saranno una su due e gli uomini il 70%, mentre l’obesità raggiungerà il 15% tra le donne e il 20% tra gli uomini”, conclude.

“È chiaro che la gestione del peso deve giocare un ruolo di primo piano nella riduzione delle malattie e della mortalità delle popolazioni in Europa e in tutto il mondo”, afferma Gema Frühbeck del Ciberobn dell’Università di Navarra, Spagna, e past president Easo. “Siamo determinati a fornire guida e supporto ai governi allo scopo di promuovere e sostenere azioni che riducano l’impatto del sovrappeso patologico in Europa attraverso la prevenzione e la sua gestione. Occorre però uno sforzo più intenso ed efficace”.

La Milan Declaration presentata oggi segue le orme di quella messa a punto al Congresso europeo sull’obesità tenutosi a Milano nel 1999, che spingeva per il riconoscimento dell’obesità come malattia e per un’azione concertata per combatterla. “Il documento di oggi - spiega Michele Carruba, past president SIO e Direttore CSRO - vanta un’importante e fondamentale novità rispetto alla dichiarazione che avevamo redatto nel 1999 ossia l’adesione della società civile e delle associazioni di persone malate di obesità, un grande passo avanti verso una maggiore consapevolezza che il problema esiste e deve essere affrontato”.

“L’obesità è causa delle maggiori patologie cronico-degenerative” prosegue l’esperto. “È stato stimato che ridurre di 1 punto percentuale il numero di persone obese può evitare da 1 a 3 milioni di casi di tumore, malattie cardiovascolari, diabete e ipertensione tra i cittadini europei; se questa riduzione fosse del 5 per cento, i casi evitati sarebbero tra i 2 e i 9 milioni. Come è evidente, la riduzione della prevalenza dell’obesità in Italia può comportare enormi risparmi in termini di sostenibilità il sistema sanitario. Questa operazione sicuramente comporterà una spesa ma i risparmi previsti superano di 3 volte l’investimento effettuato”. “La EASO Milan Declaration 2015 costituisce il lascito della comunità medico-scientifica internazionale all’Expo 2015 e alla Carta di Milano”, conclude Carruba.

Firmata dai massimi esponenti delle società scientifiche per l’obesità delle 32 nazioni che formano l’EASO, la Milan Declaration spinge all’azione in svariate aree:
• Riconoscere che gli individui e le comunità colpite da obesità richiedono comprensione, rispetto e supporto
• Riconoscere che il sovrappeso e l’obesità rappresentano le principali cause di malattie che affliggono dal punto di vista sociale ed economico gli stati europei
• Riconoscere che l’obesità, oltre a essere in alcuni casi una malattia altamente disabilitante e fatale di per sé, rappresenta un importante fattore di rischio per lo sviluppo di malattie non trasmissibili (NCDs)
• Riconoscere che dando la priorità alla prevenzione e cura dell’obesità, i sistemi sanitari possono efficacemente ridurre i costi causati dalle malattie non trasmissibili, in particolar modo se l’intervento sulla malattia avviene precocemente
• Adottare e promuovere un approccio multidisciplinare per identificare e migliorare le soluzioni pratiche per bloccare l’obesità
• Rendere l’obesità una priorità nazionale tramite lo sviluppo, il supporto e il miglioramento delle strategie per combatterla. Queste strategie devono dare la precedenza all’educazione scientifica a studenti e professionisti, e alle campagne di informazione pubblica
• Rendere prioritaria l’identificazione di bisogni non soddisfatti nella ricerca sull’obesità, nella cura e nell’educazione
• Supportare la ricerca nazionale ed europea volta allo sviluppo di nuove ed efficaci strategie di prevenzione e gestione della malattia.

Il documento contiene anche una presa di posizione del Patient Council dell’Eeaso, il comitato che riunisce le associazioni di pazienti europee costituito allo scopo di analizzare le sfide sociali poste dall’epidemia di obesità. Il Council dichiara: “L’obesità è un problema multidisciplinare in una società in rapida evoluzione. Gli individui sono vulnerabili ai cambiamenti che avvengono nella produzione alimentare, nella preparazione dei cibi, nel marketing e negli stili di vita. Molti di questi cambiamenti sono collegati all’obesità. Ci si deve seriamente chiedere se l’obesità in quanto tale sia una malattia o non piuttosto il sintomo di una società malata. Per questo dovremmo cercare di agire per cambiare la società e non solo gli individui”.

Ficcante e incisiva la conclusione: “oggi le colpe ricadono prevalentemente sulla persona obesa. È necessario far comprendere che la responsabilità deve coinvolgere anche scienziati, medici, manager e legislatori. Perseguire il successo richiede uno sforzo congiunto”.
 
6 giugno 2015
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