Uno studio recentemente pubblicato sulla rivista scientifica
Osteoporosis International ha descritto per la prima volta al mondo, in donne non diabetiche, la correlazione tra la quantità di C-peptide presente nel sangue e la tendenza all’osteoporosi. Lo studio, che potrebbe indicare la giusta strategia per la prevenzione della malattia, è stato coordinato da
Carmine Gazzaruso, responsabile del Servizio di endocrinologia e diabetologia dell’Istituto Clinico Beato Matteo, in collaborazione con l’Irccs Istituto Ortopedico Galeazzi, l’Irccs Policlinico San Donato (3 delle diciotto strutture di eccellenza del Gruppo Ospedaliero San Donato) e le Università di Catanzaro, Padova e Milano.
In questo studio è emersa una correlazione tra i valori nel sangue del C-peptide e un parametro della MOC, che indica il grado di densità dell’osso: si è osservato che più è basso il C-peptide, minore è la densità dell’osso e quindi maggiore potrebbe essere il rischio d’osteoporosi e di frattura. Questi dati potrebbero spiegare come mai nei malati di diabete di tipo 1, che presentano una carenza di insulina e conseguentemente anche di C-peptide, vi sia un’alta prevalenza di osteoporosi. Al contrario i malati affetti da diabete di tipo 2, che spesso hanno livelli di insulina e di C-peptide alti, presentano un osso più denso, anche se fragile.
“L’unicità del nostro studio risiede nel fatto che la correlazione tra il C-peptide e la densità ossea è stata dimostrata in donne non diabetiche e tutte in menopausa, cioè prive dell’influenza di due importanti condizioni ormonali che avrebbero potuto, in teoria, falsare la correlazione”, ha affermato Gazzaruso. Apparentemente privo di funzioni fisiologiche ben definite, il C-peptide è una proteina prodotta nel pancreas dalle stesse cellule beta che generano l’insulina.
Le cellule beta pancreatiche producono, oltre al C-peptide, anche una pro-insulina inerte ad esso legata che, una volta immessa nel sangue, si attiva divenendo insulina e assolvendo alla sua funzione principale, che è quella di regolare il livello di glucosio nel sangue. Affinché questo passaggio da pro-insulina a insulina avvenga, è necessario che il C-peptide si scinda dalla pro-insulina e fluisca autonomamente nel sangue. Il C-peptide è quindi immesso nel torrente ematico nella stessa misura dell’insulina. Essendo però il C-peptide un parametro più stabile dell’insulina, viene usato per misurare indirettamente la quantità di insulina prodotta.
Questi risultati aprono la strada a diverse prospettive e a nuovi studi: anzitutto suggeriscono un potenziale ruolo fisiologico del C-peptide nella regolazione dell’attività dell’osso, che potrebbe essere protettivo se il C-peptide si mantiene nel range di normalità, ma che potrebbe risultare dannoso, qualora il livello della proteina fosse basso o alto. Si scorgono anche delle prospettive preventive e terapeutiche, poiché il C-peptide potrebbe essere utilizzato tra i marcatori di rischio di osteoporosi e potranno essere studiati presidi terapeutici in grado di modularne l’azione sull’osso.