L'Insonnia familiare fatale è una rara patologia, di origine genetica, che colpisce il cervello umano ed ha un esito fatale in un breve arco di tempo, compreso tra sei mesi e due anni. Oggi, un gruppo di ricerca dell’Istituto Mario Negri, in collaborazione con l’Università Statale di Milano e l’Istituto Neurologico “Carlo Besta”, ha messo a punto un particolare modello animale per studiare questa malattia, ancora poco conosciuta,
pubblicando i risultati del lavoro sull’ultimo numero della rivista
PLOS Pathogens.
Quello che si sa dell’insonnia familiare fatale è che essa è causata da agenti patogeni di natura proteica (prioni) e che si manifesta intorno ai 50 anni di età, con sintomi che comprendono sudorazione continua, tremori, disturbi comportamentali, decadimento cognitivo e un rapido e inarrestabile dimagrimento, ma soprattutto l’impossibilità di “chiudere occhio”, a causa della morte dei neuroni in quelle parti del cervello che controllano l'alternanza tra sonno e veglia.
Oggi, i ricercatori potranno studiare la malattia non solo su cellule di laboratorio, ma disporranno di uno strumento in più: essi, infatti, hanno messo a punto un modello di topo transgenico in cui è stata inserita la variante maligna della proteina prionica (il prione) e che riproduce le caratteristiche principali della malattia umana.
Il modello è stato sviluppato dal gruppo di
Roberto Chiesa del Dipartimento di Neuroscienze dell’IRCCS Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” di Milano, in collaborazione con
Luca Imeri del Dipartimento di Scienze della Salute dell’Università degli Studi di Milano e con
Fabrizio Tagliavini della Fondazione IRCCS Istituto Neurologico “Carlo Besta”.
“I primi studi effettuati sul topo modello”, spiega
Roberto Chiesa, “suggeriscono che la causa della disfunzione e della morte dei neuroni sia l’accumulo della proteina prionica nella via secretoria, ovvero in quel compartimento all’interno della cellula in cui transitano le proteine destinate alla membrana cellulare o all’esterno della cellula”. In questo modo, spiegano i ricercatori, si potrà valutare l’efficacia di eventuali terapie che auspicabilmente verranno messe a punto.
Lo studio è finanziato da Telethon, dal Ministero della Salute e da Fondazione Cariplo.