Effettuato nel Regno Unito il primo trapianto di cuore con un organo prelevato da un soggetto deceduto per arresto cardiaco in Europa. L’intervento è stato effettuato il mese scorso nel Cambridgeshire su Huseyin Ulucan, londinese di sessant’anni, che aveva subito un attacco cardiaco nel 2008. “Prima dell’operazione – ha raccontato – riuscivo a malapena a camminare e mi mancava subito il respiro. La mia qualità della vita era bassissima”. Adesso, invece, “mi sento ogni giorno più forte e stamane sono entrato in ospedale per controlli senza alcun problema”.
Il cuore del donatore è stato alimentato con sangue e altri nutrienti, riattivandosi così cinque minuti dopo la morte e mantenendosi a temperatura corporea. Stephen Large, il chirurgo che ha guidato l’equipe medica, ha spiegato: “Abbiamo tenuto il cuore pulsante per 50 minuti e, controllando le sue funzioni, siamo stati in grado di verificare che era in ottime condizioni”. L’organo è stato quindi rimosso ed è stato collocato all’interno di una struttura apposita (condizionatote) dove è stato nutrito e fatto battere per altre tre ore prima dell’intervento di trapianto. In precedenza una tecnica analoga era stata adottata nel 2014 in Australia e negli Usa.
“La novità è che in questo caso è stato utilizzato un cuore che era già stato soggetto ad arresto – ha spiegato
Alessandro Nanni Costa, direttore del Centro nazionale trapianti - Lo hanno quindi inserito all’interno di un condizionatore per riattivarlo e farlo riprendere a battere per un certo numero di ore. A quel punto l’hanno trapiantato”. In genere quando si verifica una morte per arresto cardiaco “si possono infatti prelevare, a determinate condizioni, fegato, polmoni e reni. Stavolta la procedura è avvenuta col cuore”. Per Nanni Costa la fattibilità di una simile operazione in Italia è invece da verificare, soprattutto “alla luce della nostra normativa che prevede si possa dichiarare il decesso dopo 20 minuti che il cuore non batte più, mentre in Gran Bretagna per dichiarazione di morte cardiaca sono sufficienti alcuni minuti. Bisognerebbe quindi accertare l’esistenza di tecniche che consentano di riattivare e quindi poter trapiantare l’organo una volta intercorso questo lasso di tempo fissato dalla legge”.