‘Globorisk’ è il il nome di una complessa equazione per il calcolo del rischio cardio e cerebro-vascolare ‘planetario’, messo a punto dai ricercatori della Harvard T.H. Chan
School of Public Health di Boston (USA) e appena pubblicato su
Lancet Diabetes and Endocrinology.
Per definire questo nuovo
score di rischio, i ricercatori americani hanno utilizzato i dati pertinenti ad oltre otto studi di coorte, per un totale di 50 mila soggetti. Gli autori dello studio sottolineano che, a differenza di altri ‘calcolatori di rischio’ messi a punto in passato, il loro è applicabile in tutto il mondo e a tutte le etnie.
“Globorisk – commenta
Goodarz Danaei, professore associato di
Global Health della Harvard T.H. Chan
School of Public Health di Boston (USA) – rappresenta un importante passo avanti nel campo della prevenzione delle malattie cardiovascolari. Fino ad oggi, la maggior parte degli
score predittivi sono stati sviluppati utilizzando un singolo studio di coorte e non sono mai stati validati per accuratezza a livello di singole popolazioni, nelle nazioni a basso e medio
income. Di conseguenza, medici e autorità sanitarie di questi Paesi erano privi di un mezzo affidabile per predire il rischio cardiovascolare nei loro pazienti, a livello delle varie comunità e della loro nazione”.
Questo calcolatore di rischio è applicabile su persone dai 40 anni in su e tiene conto di una serie di fattori di rischio quali l’eventuale abitudine al fumo, la pressione arteriosa, il diabete, il colesterolo totale, tutti aggiustati per gli effetti del genere e dell’età sulle malattie cardiovascolari, a livello delle diverse nazioni. Lo
score è stato infatti ricalibrato e applicato su 11 diverse nazioni di varie regioni del mondo (Cina, Repubblica Ceca, Danimarca, Inghilterra, Iran, Giappone, Malawi, Messico, Corea del Sud, Spagna, USA), utilizzando dati di recenti, relativi a indagini sulla salute delle singole nazioni e i tassi di mortalità per malattie cardio-vascolari, per ogni gruppo d’età e per genere.
Con questa modalità di lavoro i ricercatori americani sono riusciti a definire delle tabelle di rischio specifiche per nazione, in grado cioè di prevedere il rischio individuale del carico di rischio cardiovascolare a 10 anni, con valutazioni specifiche per le singole nazioni.
La percentuale di persone ad alto rischio (pari o superiore al 10%) di infarto del miocardio o ictus entro i successivi 10 anni è risultata maggiore nelle nazioni a basso e medio reddito (quali ad esempio Cina e Messico), rispetto alle nazioni ad alto
income (quali Corea del Sud, Spagna, Danimarca). In Cina ad esempio i ricercatori americani hanno calcolato che un terzo circa delle persone tra i 40 e gli 84 anni, di entrambi i sessi (il 33% degli uomini e il 28% delle donne), ovvero qualcosa come 170 milioni di persone, presentino un elevato rischio (10%) di un evento a 10 anni, contro il 5-10% degli abitanti di Spagna e Danimarca. In Messico la prevalenza delle persone ad alto rischio è risultata pari al 16% tra gli uomini e all’11% tra le donne.
“Globorisk – spiega Danaei – può essere utilizzato per individuare i soggetti ad alto rischio di malattie cardiovascolari, quelli suscettibili cioè dei maggiori benefici in seguito al cambiamento degli stili di vita o alla somministrazione di terapie preventive. Inoltre la stima dei soggetti ad alto rischio, nazione per nazione, consente di misurare con maggior accuratezza i progressi fatti verso l’obiettivo fissato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che consiste nel raggiungimento di una copertura del 50% con terapie multi-farmacologiche e
counselling negli ultra-40enni ad elevato rischio di malattie cardiovascolari”.
Questa nuova equazione per la previsione del rischio – scrivono gli autori – colma il vuoto di uno
score di rischio ‘unificato’, utilizzabile in diversi Paesi, che può essere naturalmente ricalibrato e aggiornato in diverse popolazioni, anno per anno, con le informazioni disponibili di
routine. Questo strumento sarà di aiuto nell’implementazione dei trattamenti per i fattori di rischio cardiovascolari e potrà essere utilizzato per ‘misurare’ i progressi globali nel trattamento delle malattie non trasmissibili, attraverso la stima del numero delle persone ad alto rischio nei diversi Paesi.
Il prossimo passo di questa ricerca americana consisterà proprio nel quantificare gli effetti, a livello di popolazione, dell’introduzione nei vari Paesi del modello Globorisk, e della conseguente implementazione dei trattamenti preventivi, commisurati al livello di rischio. Questo potrebbe dare una spinta ulteriore all’introduzione di modelli predittivi e al trattamento preventivo personalizzato, sulla base del singolo livello di rischio, in tutti i Paesi del mondo.
Lo studio è stato finanziato dai
National Institutes of Health americani, dal
Medical Research Council britannico e da Wellcome Trust.
Maria Rita Montebelli