La Regione Emilia Romagna non ha ancora deciso quale sarà la futura linea d’azione in materia di biologici e sulla sostituibilità con i biosimilari che entreranno in scena a partire dal 2015. Ma è facile immaginare che le politiche regionali indicheranno il biosimilare come farmaco di prima scelta per i pazienti naive, considerando un decreto di giunta del 2011 che prevedeva gare con lotto unico per il fabbisogno dei pazienti naive, e per i pazienti già in trattamento la possibilità della sostituzione del farmaco in uso previa l’elaborazione e la documentazione tecnico-scientifica sulla sovrapponibilità elaborata da gruppo di lavoro multidisciplinare nominato con provvedimento regionale.
Indicazioni precise quindi, che non hanno però mai trascurato nella stesura delle linee guida il parere dei clinici che continuano a chiedere che non vengano meno, in nome del risparmio, sicurezza, continuità terapeutica e possibilità di scelta.
Il dibattito è quindi ancora aperto e per affrontarlo a 360° la Fondazione Charta ha organizzato a Bologna il decimo incontro “Il valore del farmaco biologico tra continuità terapeutica e sostenibilità economica”.
“La Regione Emilia Romagna, non ha ancora dato disposizioni in materia di biosimilari in campo reumatologico, ma penso comunque che sarà garantita ai pazienti la continuità terapeutica per gli Ab monoclonali. In altri contesti regionali il rischio che prevalga l’esigenza di risparmio potrebbe essere reale – osserva
Carlo Salvarani, Direttore S.C. di Reumatologia dell’Arcispedale Santa Maria Nuova AO di Reggio Emilia – ad ogni modo la continuità terapeutica deve essere assolutamente preservata, noi la consideriamo un diritto inalienabile del paziente”.
Per Salvarani occorre dimostrare efficacia e sicurezza attraverso trials controllati: “Non si possono estrapolare dati sulla spondilite anchilosante. Abbiamo bisogni di trials randomizzati”.
Sulla stessa linea
Nazzarena Malavolta, Responsabile Servizio di Reumatologia Policlinico S. Orsola Malpighi di Bologna per la quale conditio sine qua non, è avere dati certi sulla sicurezza dei nuovi biosimilari considerando che, ad esempio proprio la trasferibilità dei dati dall’artrite reumatoide alla spondilite anchilosante è tutt’altro che scontata. Soprattutto, per Malavolta dispensare un biosimilare a pazienti con artrite reumatoide precedentemente in remissione, sarà molto difficile.
“Il dibattito sul farmaco biologico e sul biosimilare è sicuramente un argomento di primo piano – ha detto
Marcello Govoni, direttore del reparto di reumatologia dell’Aou Ferrara – i dati ci dicono che in termini di efficacia biosimilari e originator su infliximab hanno dati sovrapponibili. E questo è confortevole. Anche la società di reumatologia si è espressa con un position paper in linea con il documento di Aifa, ma il problema è che non abbiamo ancora dati certi, salvo quelli sull’artrite reumatoide. Curiosità e incertezza quindi, con la necessità di raccogliere dati per avere studi completi di safety e di efficacia”.
Tranchant
Paolo Gionchetti, Professore associato di Medicina interna dell’Università di Bologna, secondo il quale sulla materia si è scaricata sui clinici ogni responsabilità, sempre considerando che quando si entra nel campo delle estrapolazioni i dubbi di safety sono enormi: “La letteratura non è così chiara abbiamo quindi bisogno di studi clinici”.
Tirando le somme, gli specialisti sottolineano il valore della continuità terapeutica, di fronte al rischio che una volta iniziata una terapia con un farmaco biologico, si possa imporre, magari per ragioni economiche, il passaggio al biosimilare, il cosiddetto “switch” anche in mancanza di adeguate evidenze cliniche.
“Se il motivo della sostituibilità automatica è il solo aspetto amministrativo ed economico, entriamo in un argomento molto delicato: è necessario che vi sia una evidenza scientifica molto forte che garantisca l’eticità del cambio di farmaco – afferma
Fernando Rizzello, ricercatore dell’Università di Bologna – occorre considerare che in molti casi, i pazienti che arrivano al trattamento con farmaci biologici hanno presentato una malattia particolarmente aggressiva e invalidante. Proporre al paziente di cambiare il farmaco che ha indotto la remissione di malattia deve essere giustificato da dati scientifici clinici molto solidi, sostenuto da un vero e tangibile vantaggio economico per la comunità e infine, ma primo per importanza, accettato dal paziente correttamente ed esaustivamente informato. Inoltre, c’è il problema della corretta identificazione ed attribuzione degli eventi avversi. In caso di un evento avverso serio, a quale dei due farmaci va attribuito e a quale lotto?”.
Per i pazienti affetti da patologie gravi e debilitanti, un biologico ha il valore di un farmaco salvavita e le Associazioni chiedono che si scelga l’eventuale passaggio dal biologico originatore al biosimilare su dati clinici che ne avvalorino efficacia e sicurezza piuttosto che sul risparmio e che in ogni caso i pazienti siano sempre adeguatamente informati su tutte le alternative:
“Molto lavoro deve essere fatto ancora a livello di comunicazione sul tema del trattamento e della presa in carico di patologie che sono croniche e che richiedono un impegno proiettato verso l’arco temporale di una vita – commenta
Daniele Conti consulente dell’Associazione malati reumatici Emilia Romagna – mettere a conoscenza i pazienti in modo corretto e chiaro sulle terapie proposte loro e su come gestire le stesse, condividendone obiettivi e strategie, buone prassi anche quotidiane come la gestione/comunicazione di eventuali effetti collaterali, favorisce l’aderenza ai trattamenti proposti e una migliore efficacia sul lungo periodo”.