Potenziando una risposta specifica del sistema immunitario, diretta contro le cellule cancerose, alcuni farmaci chemioterapici risultano maggiormente efficaci che in assenza di questo meccanismo. Ad affermarlo è un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Ematologia, Oncologia e Medicina Molecolare dell’Istituto Superiore di Sanità, diretto da
Filippo Belardelli, in collaborazione con il prestigioso istituto francese Gustave Roussy. Lo studio* è stato pubblicato su
Nature Medicine.
Concentrandosi sulle
antracicline, molecole con cui vengono trattate le pazienti affette da tumore alla mammella, i ricercatori hanno osservato che questi farmaci inducono nelle cellule cancerose l’apoptosi immunogenica, un particolare tipo di morte che coinvolge il sistema immunitario. Le antracicline, infatti, sono in grado di attivare risposte immuni, sia di tipo innato che mediate dai linfociti T.
"La cellula tumorale morente invia segnali che allertano il sistema immunitario e attivano una sua risposta specifica che contribuisce all’eliminazione della massa tumorale, vigilando al tempo stesso che la malattia non insorga di nuovo”, spiega
Enrico Proietti dell’ISS. “In questo meccanismo, viene ad assumere un ruolo centrale, nell’indurre il fenomeno dell’apoptosi immunogenica, l’interferon di tipo I (interferon alfa e interferon beta), ovvero quella famiglia di proteine dotate di azione antivirale e antitumorale che sempre più sembrano essenziali nell’allertare e attivare il sistema immunitario”.
In pratica, l’Interferon I è fondamentale nel meccanismo di cooperazione del sistema immunitario. Al punto che si è potuto osservare come nelle pazienti non in grado di attivare completamente i diversi circuiti legati al sistema interferon, l’effetto delle antracicline risultava ridotto. "Conoscendo perciò la suscettibilità individuale della risposta all’interferon”, va avanti l’esperto, “sarà possibile prevedere anche la risposta individuale alla terapia con antracicline".
Ma non è tutto: l’interferon potrebbe favorire l’apoptosi immunogenica anche in associazione a farmaci che normalmente non determinano questo tipo di morte cellulare: a spiegarlo è
Antonella Sistigu, primo autore del lavoro.
"Abbiamo anche visto che associando interferon di tipo I al trattamento, alcuni chemioterapici che normalmente non riescono ad indurre l’apoptosi immunogenica (tra questi il cisplatino) diventano capaci di farlo”, spiega
Sistigu. Un risultato importante che lascia intravedere la possibilità di incrementare l’efficacia, e dunque il successo, di alcuni chemioterapici tra i più usati nel trattamento dei tumori".
Viola Rita
*Antonella Sistigu, Cancer cell–autonomous contribution of type I interferon signaling to the efficacy of chemotherapy, Nature Medicine 20, 1301–1309 (2014) doi:10.1038/nm.3708