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QS Edizioni - sabato 17 agosto 2024

Scienza e Farmaci

Carcinoma dell’ovaio. Scoperto il meccanismo che resiste alla chemioterapia

di Maria Rita Montebelli
immagine 8 novembre - Una ricerca del Regina Elena di Roma che potrebbe rivoluzionare nel prossimo futuro il trattamento del tumore ovarico. Alla base della resistenza alla chemioterapia sembra esserci l’endotelina. Già disponibile un farmaco per vincere la chemioresistenza correlata all’endotelina, sia a livello del tumore che del suo microambiente.
Non solo i batteri, ma anche i tumori possono diventare ‘resistenti’ alle terapie. Alcuni più di altri, come il carcinoma ovarico. E l’elevata mortalità di questo tumore è determinata soprattutto dalla resistenza alle terapie disponibili. Alla chemioresistenza tumorale possono contribuire sia alcuni fattori intrinseci al tumore, che le caratteristiche peculiari del microambiente nel quale è immerso.

Cancer Research
ha appena pubblicato online first un’importante scoperta, fatta da un gruppo di ricercatori dell’Istituto Nazionale Tumori ‘Regina Elena’ di Roma, riguardante appunto un meccanismo alla base della chemioresistenza del carcinoma ovarico. E non solo. I ricercatori romani ritengono di aver anche trovato il modo di neutralizzarlo.

Alla base di questa ‘resistenza’ del tumore alla terapia ci sarebbe l’endotelina, un polipeptide prodotto dalle cellule endoteliali dei vasi, noto per essere un potentissimo vasocostrittore e un induttore di proliferazione delle cellule muscolari lisce dei vasi. Per queste sue caratteristiche, l’endotelina finora è stato oggetto di studi soprattutto in ambito cardiovascolare e gli inibitori dell’endotelina (bosentan, ambrisentan, macitentan) vengono utilizzati ad esempio nell’ipertensione polmonare.

Nel caso del tumore ovarico, i ricercatori italiani hanno però evidenziato che l’endotelina, legandosi al suo recettore e alla proteina adattatrice beta-arrestina, va ad attivare altre cascate di segnale e si integra con la via molecolare di Wnt/beta-catenina, responsabile dell’insorgere della chemioresistenza.

A questo punto, i ricercatori del Regina Elena, sono andati a vedere se l’inibizione dell’endotelina potesse bloccare questi fenomeni e dunque combattere la chemioresistenza. Per farlo, si sono serviti di un farmaco, il macitentan, da poco approvato come trattamento per l’ipertensione polmonare.

“Il macitentan – spiega la dottoressa Anna Bagnato, coordinatrice della ricerca – riesce a neutralizzare gli effetti dell’endotelina e abbiamo dimostrato che questo farmaco consente anche ai tumori chemioresistenti di rispondere alla terapia. Il macitentan, bloccando sia i recettori A che B dell’endotelina, espressi sulla parete dei vasi sanguigni, ma anche sulle cellule tumorali, riesce a bloccare sia la formazione delle metastasi, che l’insorgenza della chemioresistenza; allo stesso tempo impedisce la formazione di nuovi vasi, che alimentano il tumore”.

In vivo il trattamento con macitentan ha ridotto la crescita tumorale, la formazione di nuovi vasi, l’intravasazione e la progressione metastatica. L’associazione del macitentan con il cisplatino ha prodotto un potenziamento dell’effetto citotossico, indicando dunque che l’antagonista recettoriale dell’endotelina è in grado di aumentare la sensibilità del tumore alla chemioterapia.

Il farmaco, utilizzato nell’ipertensione polmonare, potrebbe dunque avere presto una nuova e inaspettata indicazione. Al momento naturalmente, questo impiego off-label è possibile solo all’interno di una sperimentazione clinica, ma potrebbe un giorno entrare a far parte dei protocolli di trattamento del carcinoma ovarico, in associazione alla chemioterapia tradizionale.

Un’altra parte della ricerca, realizzata in collaborazione con Gabriella Ferrandina, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma – si è focalizzata sulle caratteristiche clinico-patologiche associate alla chemio-resistenza. Questo ha permesso di scoprire che un’iperespressione del recettore A dell’endotelina nel tessuto tumorale ovarico starebbe a segnalare i casi di carcinoma ovarico a cattiva prognosi e la chemioresistenza.

La ricerca pubblicata su Cancer Research è stata finanziata con fondi AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro).

Maria Rita Montebelli
8 novembre 2014
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