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QS Edizioni - giovedì 18 luglio 2024

Scienza e Farmaci

La Tbc non si ferma in carcere

immagine 3 gennaio - Un caso di tubercolosi ogni 11 tra quelli riscontrati nella popolazione generale è in qualche modo connesso al contatto con la popolazione delle carceri, in cui la prevalenza dell’infezione è 35 volte più alta.
Sono i risultati di uno studio condotto da ricercatori dell’Università del Piemonte Orientale e pubblicato su Plos Medicine.
 
Non è un mistero che la prevalenza della tubercolosi, sia essa conclamata o latente, è più alta nella popolazione carceraria rispetto alla popolazione generale e da tempo le organizzazioni sanitarie hanno messo l’accento sulla necessità di arrestare il contagio in questa popolazione a rischio.Tuttavia, la Tbc non resta rinchiusa dietro le sbarre del carcere. Anzi.
Secondo uno studio condotto da ricercatori dell’Università del Piemonte Orientale e pubblicato su Plos Medicine l’alta prevalenza di tubercolosi nella popolazione carceraria contribuisce all’aumento dell’infezione anche nella popolazione generale.I ricercatori piemontesi hanno analizzato 23 studi calcolando la prevalenza della tubercolosi nei carcerati e nella popolazione residente nell’area intorno alla struttura penitenziaria. Hanno inoltre stimato il tasso di infezioni nella popolazione generale attribuibile al contagio da parte dei detenuti.
I risultati hanno evidenziato una prevalenza 23 volte più alta nella popolazione carceraria per la Tbc conclamata e 26,4 volte più alta per la Tbc latente. Inoltre, l’8,5 per cento dei contagi nella popolazione generale è attribuibile a contatti con la popolazione carceraria.“Questi dati - hanno scritto i ricercatori - possono dimostrarsi utili per orientare lo sviluppo di politiche razionali nel controllo della trasmissione della tubercolosi nelle carceri. Gli studi futuri dovranno valutare il rischio di trasmissione dell’infezione dalla popolazione carceraria a quella generale e descrivere le condizioni delle carceri che favoriscono la diffusione della Tbc in quell’ambiente”.
Un’opinione, questa, condivisa dalla redazione di PlosMedicine che, in un editoriale pubblicato a corredo dello studio, ha ribadito che “questa revisione sistematica fornisce evidenze necessarie per i policymakers - compresa l’Organizzazione mondiale della sanità - per rinnovare gli sforzi finalizzati ad arrestare la diffusione della Tbc nelle carceri”.
La redazione ha inoltre ricordato come il 13 ottobre 2010, sia stato dato il via al Global Plan to Stop TB 2011–2015 e “uno degli obiettivi per raggiungere questo risultato è proprio «assicurare la diagnosi precoce di ti tutti i casi di Tbc», compresi quelli registrati nella popolazione vulnerabile, come i carcerati. La pubblicazione di questa revisione - hanno concluso — “segna un cambiamento” nel modo in cui valutiamo l’impatto dell’incidenza della Tbc. Più che le “singole carceri” occorre “prendere in considerazione l’impatto globale della tubercolosi in tutte le carceri”.
3 gennaio 2011
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