Una ‘tassa’ di 100 euro l’anno. È quanto grava sulle tasche degli italiani il costo dei soli ricoveri legati al diabete, che in media corrono un rischio doppio, rispetto ai soggetti non diabetici, di doversi ricoverare almeno una volta l’anno per le complicanze legate a questa malattia, con degenze protratte di almeno il 20%.
Il diabete provoca ogni anno 12 mila ricoveri per 100 mila persone e in media una persona con diabete su 4 deve ricorrere al ricovero ogni anno. Questo genera una spesa di 6 miliardi di euro, pari appunto 100 euro pro capite.
Sono alcuni dei dati del rapporto “
Facts and figures about diabetes in Italy 2014”, presentato nel corso della settima edizione dell’
Italian Barometer Diabetes Forum, organizzata da IBDO e da Università di Roma “Tor Vergata”, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica e con il patrocinio di Presidenza del Consiglio dei Ministri, Commissione Europea, Parlamento Europeo, Ministero della Salute, con il contributo non condizionato di Novo Nordisk.
“Obiettivo del Forum -
Simona Frontoni, Presidente Comitato Scientifico
Barometer Forum - è identificare delle strategie per affrontare il diabete, derivanti dalla collaborazione tra addetti ai lavori e Istituzioni a livello sempre più globale, e non solo dal punto di vista clinico, ma soprattutto sociale, economico e politico. I costi del diabete incidono per il 10% sulla spesa sanitaria nazionale; ogni anno si spendono cioè oltre 11,2 miliardi a causa di questa malattia. E una fetta consistente di questa spesa è rappresentata dalle ospedalizzazioni, che pesano per oltre il 58% (circa 6 miliardi di euro) sulla spesa totale per il diabete. Da sottolineare inoltre che oltre 50 milioni di euro all’anno sono spesi solo per i ricoveri dovuti a ipoglicemia grave. Minimo è invece l’impatto del costo dei trattamenti: appena il 7% del totale”.
“L’edizione 2014 del Forum, che coincide con l’avvio del semestre di presidenza italiana del Consiglio d’Europa – sottolinea
Renato Lauro, Presidente IBDO
Foundation - ha visto la partecipazione di oltre 200 esperti di diversa estrazione e diversa provenienza geografica: da Juan Riese Jordà, coordinatore della
Joint Action europea contro le malattie croniche (CHRODIS-JA) ad Andrew Boulton, presidente della
European Association for the Study of Diabetes (EASD). Tra gli obiettivi che questo progetto si pone c’è quello di applicare i metodi della medicina di precisione, per capire l’evoluzione della malattia e trovare le terapie personalizzate”.
In un contesto internazionale caratterizzato da continui tagli per le risorse alla ricerca, l’area del diabete mellito resta comunque una priorità, come testimoniato anche dallo sviluppo di reti di collaborazione tra accademia, società scientifiche, industrie, associazioni di pazienti e partner istituzionali. La ricerca ha il ruolo fondamentale di consegnare ai pazienti e alla società le conoscenze necessarie per affrontare questa sfida medica ed epidemiologica del terzo millennio. Buone notizie, nonostante le crescenti ristrettezze nei finanziamenti, vengono dal nostro Paese. “Ogni ricercatore italiano ha a disposizione in media appena 8 mila euro l’anno – spiega il professor
Enzo Bonora, presidente della Società Italiana di Diabetologia – eppure, nonostante questo, l’Italia continua a mantenere ben saldo il suo quarto posto nella classifica mondiale come H-
index. Non solo i ricercatori italiani continuano a produrre lavori di qualità e a pubblicarli, ma sono anche tra i più citati. E’ il cosiddetto ‘
Italian paradox’: pochi fondi ma tanta ricerca di ottima qualità”.
E i ‘cervelli’ italiani si fanno ben valere anche all’estero “Sono oltre 15 mila i ricercatori italiani attivi negli Stati Uniti – ricorda il dottor
Ranieri Guerra Attaché scientifico presso l’Ambasciata italiana a Washington – praticamente tanti, quanto tutto il comparto ricerca in Italia. E non sorprende visto che negli Stati Uniti i finanziamenti per la ricerca si muovono su altre cifre, offrendo dunque altre opportunità. Nel campo del diabete ad esempio, nel periodo 2011-2014 il Governo ha finanziato ben 439 progetti di ricerca, 75 dei quali sono ancora in corso. Ma il grosso dei finanziamenti proviene dal privato, con un rapporto di 4 a 1 rispetto al pubblico, mentre in Italia mancano proprio gli investimenti privati. Ma per cambiare il sistema non basta la disponibilità finanziaria; fondamentale per attirare investimenti, anche dall’estero, è lavorare con un
business plan adeguato, che garantisca una puntuale rendicontazione dell’impiego dei fondi”.
Maria Rita Montebelli