50 anni di leggi anti-tabacco hanno fatto crollare negli Usa la prevalenza dei fumatori dal 42% del 1965, all’attuale 18%. Risultati ottenuti a colpi di tassazione sui prodotti di tabacco, creazione di aree
smoke-free e supporti di vario tipo per dire addio alla sigaretta. Ma resta ancora tanto da fare, come dimostrano i 42 milioni di fumatori stelle e strisce ancora attivi e il fatto che il
trend in diminuzione della prevalenza si sia arenato negli ultimi dieci anni.
E’ per questo che le associazioni di
advocacy per la salute pubblica si sono rimboccate le maniche, alla ricerca di nuove iniziative che rendano il fumo sempre meno ‘accettabile’ socialmente parlando. L’idea è quella di stigmatizzare l’insalubre abitudine, così da renderla meno oggetto del desiderio per chi non ha ancora ceduto al suo fascino e invogliare a smettere chi invece ne è già stato soggiogato. E questo è il
leitmotiv delle tre campagne anti-fumo che saranno lanciate negli Usa nel corso del 2014 dai CDC (
Centers for Disease Control and Prevention), dall’FDA e da
Legacy Foundation for Health.
Le campagne saranno ispirate all’idea di ‘denormalizzare’ l’abitudine al fumo; insomma, parafrasando Celentano, a trasformare il fumo da ‘Rock’ a ‘Lento’. E l’America in questo è già piuttosto avanti: a New York non si può fumare neppure all’aperto nei luoghi pubblici, le assicurazioni fanno pagare una soprattassa ai fumatori e i datori di lavoro possono rifiutare di assumerli. Insomma, tolleranza zero.
E nella new wave anti-fumo adesso sono finiti anche i rivenditori di sigarette. Alcuni studi hanno dimostrato l’esistenza di una relazione tra offerta di 'bionde' e prevalenza di fumatori: quante più rivendite di tabacco ci sono intorno casa insomma, tanto più si fuma. La crociata anti-fumo del terzo millennio fa dunque perno su due punti: rinforzare l’inaccettabilità sociale del fumo e limitarne la disponibilità.
Particolarmente mal vista è l’abbinata farmaci-sigarette, che va in scena nelle grandi catene di
pharmacy americane. Già nel 2010 l’
American Pharmacists Association, aveva invitato i farmacisti ad abbandonare la vendita di sigarette, esortando le autorità regolatorie a non rinnovare le licenze alle farmacie che avessero continuato a vendere prodotti a base di tabacco.
Una presa di posizione analoga di condanna nei confronti di questa pratica è arrivata anche dall’
American Medical Association e, a cascata, da
American Heart Association,
American Cancer Society e
American Lung Association. Alcune città della California e del Massachusetts invece hanno
tout court bandito la vendita del tabacco dalle
pharmacy, ma si tratta di iniziative
spot.
Il paradosso della sigaretta in farmacia è diventato ancora più stridente da quando alcune mega-catene di farmacie si sono regalate un
restyling salutista; Rite Aid ha adottato un format ispirato al
wellness, mentre Walgreen è diventata la bandiera dello stile di vita salutare.
Senza contare il fatto che all’interno delle grande catene di
pharmacy stanno per aprire delle
retail health clinic, in pratica angoli dedicati alla prevenzione (es. vaccinazioni, misurazione della pressione o della glicemia) e al trattamento di malanni di stagione (bronchiti, ecc). Ecco, è molto difficile capire come tutto ciò potrebbe mai conciliarsi con la vendita di sigarette.
E la catena CVS ha fatto l’unica cosa possibile: mettere alla porta le ‘bionde’.
Maria Rita Montebelli