“L’evidenza scientifica che l’infezione da HPV sia la principale causa del tumore del collo dell’utero ha rivoluzionato lo scenario della prevenzione e ha reso possibile ulteriori passi avanti nella lotta a questa malattia, che tutt’oggi nel mondo colpisce circa 500 mila donne ogni anno. Grazie a questa scoperta è stato possibile sviluppare nuovi strumenti di prevenzione primaria e secondaria, come i vaccini e il test HPV DNA per la rilevazione del Papillomavirus. Approfondire la conoscenza del Papillomavirus e il livello di rischio associato ai vari ceppi virali significa quindi continuare lungo il percorso intrapreso, con l’obiettivo di abbattere significativamente il numero di nuovi casi di tumore”. È stato questo il commento del presidente del Consiglio di Amministrazione dell’Agenzia Italiana del Farmaco Sergio Pecorelli alla scoperta - compiuta da un gruppo di ricercatori internazionali e pubblicata su Lancet Oncology - degli otto ceppi di Papillomavirus responsabili del 90% dei casi di tumore del collo dell’utero.Pecorelli, oltre al suo ruolo ai vertici dell’Aifa, è direttore del dipartimento Ostetrico-Ginecologico presso gli Spedali Civili di Brescia e nel suo curriculum vanta una lunga esperienza nel campo dei tumori ginecologici. È quindi entusiasta dei nuovi dati raccolti dallo studio che “potrebbero rappresentare la base per ulteriori sviluppi nella ricerca e nell’applicazione clinica di nuovi ed efficaci strumenti di prevenzione”.
Inoltre, lo studio apre il campo a nuove ipotesi, per esempio “sul legame tra il Papillomavirus e altre patologie universali, maschili e femminili, come le patologie dell’apparato orofaringeo, le malattie sessualmente trasmesse come i condilomi e, se venissero validati i dati sulle conseguenze dell’infezione HPV sulla fertilità maschile, anche il crescente problema dell’infertilità potrebbe trovare nuovi strumenti di prevenzione. Approfondire la conoscenza del Papillomavirus potrebbe portare quindi alla conquista di altri importanti baluardi nella prevenzione, rinforzando i progressi già ottenuti nella prevenzione del tumore del collo dell’utero”, ha spiegato il presidente Aifa.L’Italia, intanto, fa progressi importanti nella prevenzione di un tumore, quello del collo dell’utero, che colpisce circa 3 mila donne l’anno ed è causa di mille decessi. “Il numero dei nuovi casi si è notevolmente ridotto negli ultimi anni, grazie all’introduzione di programmi di screening organizzato basati sulla citologia (Pap test) e oggi al test HPV DNA”, ha illustrato Pecorelli. “Tuttavia la strada da percorrere è ancora lunga e studi come quello spagnolo contribuiscono a delineare le nuove prospettive della prevenzione e della lotta a questo tumore, ormai molto conosciuto, ma purtroppo ancora diffuso”.
Le premesse per il successo ci sono tutte: “i nuovi strumenti di prevenzione quali i vaccini sono mirati a combattere direttamente l’infezione da Papillomavirus, agendo sulle sue cause per evitare l’insorgere del tumore e proteggono contro i ceppi virali ad alto rischio 16 e 18”. Inoltre, aggiunge il ginecologo, “le nuove generazioni di vaccini proteggeranno da un più ampio numero di ceppi virali e amplieranno il livello di prevenzione primaria”.Ma una vera rivoluzione è in atto anche sul fronte della prevenzione secondaria con il recente arrivo del test HPV DNA. “Per quest’ultimo se ne sta valutando l’utilizzo con ulteriori e più ampie modalità attraverso studi di implementazione attualmente in corso in alcune regioni italiane. Tali studi hanno introdotto il test HPV DNA come test primario e solo in seconda istanza il Pap test, modificando i protocolli di screening utilizzati fino a oggi. Valuteremo l’efficacia operativa di questo nuovo approccio e l’opportunità di estenderlo a livello nazionale”.
Tuttavia, non sarà possibile dominare il cambiamento in corso senza “adeguati interventi di informazione e comunicazione rivolti alle donne e ai professionisti sanitari coinvolti”, ha precisato. “Un’informazione chiara, puntuale ed esaustiva è alla base di un approccio consapevole e corretto alla prevenzione. Su questo fronte è fondamentale un impegno costante e condiviso a livello istituzionale, sanitario e mediatico per fornire nozioni semplici, comprensibili e corrette e per trasmettere alle donne l’importanza della prevenzione e il significato dei nuovi strumenti disponibili, affinché possano comprendere e utilizzare appieno tutte le armi a disposizione contro questa malattia”, ha concluso Pecorelli.