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QS Edizioni - lunedì 25 novembre 2024

Scienza e Farmaci

Scontro tra Mario Negri e GSK. Garattini: “Le nostre ricerche non sono in vendita”

immagine 5 settembre - L’Istituto di ricerca ha ritirato la propria adesione a un progetto finanziato dal 50% dalla Ue e per l’altra metà dalla multinazionale farmaceutica. Il Mario Negri si è ritirato, spiega una nota dell’Istituto, perché GSK pretende per sé il diritto di accordare o negare l’accesso ai dati dello studio e il controllo della loro pubblicazione.
Un editoriale del British Medical Journal comunica una notizia che ha fatto scalpore nell'ambiente scientifico. L’IRCCS-Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri ha ritirato la propria adesione a un progetto Innovative Medicines Initiative (IMI) che, finanziato al 50% dall'Unione Europea, intende sviluppare un farmaco di proprietà della GlaxoSmith&Kline (GSK).
Il Mario Negri si è ritirato – spiega una nota dell’Istituto di ricerca - perché GSK pretende per sé il diritto di accordare o negare l’accesso ai dati dello studio e il controllo della loro pubblicazione. GSK intende esercitare il suo controllo non solo nei confronti della comunità scientifica in genere, ma perfino degli stessi ricercatori partecipanti allo studio.
“Il segreto posto sui risultati degli studi clinici– commenta Silvio Garattini, Direttore del Mario Negri – rappresenta un’indebita spoliazione dei diritti dei pazienti e dei medici che partecipano allo studio: i dati in definitiva sono loro”.
 
Il Mario Negri non richiedeva per sé la proprietà dei dati. “Non lo facciamo mai – continua Garattini – perché sarebbe contrario ai nostri principi etici”. Notoriamente, infatti, l’Istituto Mario Negri non brevetta le scoperte dei suoi ricercatori, ma le rende subito pubbliche, a beneficio dei pazienti e della comunità scientifica.
Le pretese di GSK – secondo il Mario Negri - sono ancor più inaccettabili nel contesto di un progetto IMI. “L’Innovative Medicines Initiative - precisa Vittorio Bertelé che ha partecipato alle trattative con GSK - sostiene con fondi dell’Unione Europea progetti di collaborazione tra industria e accademia con l’intento specifico di promuovere l’innovazione. L’industria ci mette il prodotto grezzo; ma sono i pazienti e i ricercatori clinici che lo sviluppano, per di più con fondi pubblici”.
 
I ricercatori del Mario Negri – si legge ancora nella nota - chiedevano solo che chi partecipava allo studio potesse almeno accedere a tutti i dati che rappresentavano la base per la pubblicazione. Sembrava  assurdo che si potesse essere autori senza poter aver analizzato i risultati di tutti i pazienti. “Invece - sottolinea Guido Bertolini, Coordinatore della rete di centri che avrebbe dovuto condurre lo studio -, ci siamo trovati a discutere con gli avvocati della casa madre di GSK sui cavilli pretestuosi di una bozza di accordo che sostanzialmente concedeva all’azienda il pieno controllo dello studio, dei suoi risultati e della pubblicazione di questi”. Fatto questo inammissibile sia per il ricercatore del Mario Negri, sia per la rete di centri di terapia intensiva, nota come GiViTI, che avrebbe dovuto partecipare allo studio.
Il mancato accordo con GSK comporta l’impossibilità per il Mario Negri di accedere ai fondi messi a disposizione dall’IMI. “Si tratta di un notevole sacrificio economico in tempi già per sé difficilissimi - conclude Garattini –, ma non potevamo abdicare ai nostri principi né tradire la fiducia di chi sostiene la nostra ricerca”.
 
Il problema sollevato dal Mario Negri – conclude la nota - si inquadra nel problema sempre più sentito a livello della comunità scientifica internazionale: evitare che i pur legittimi interessi dell'industria prevalgano sulla necessità di programmare, condurre e valutare i risultati della ricerca clinica in  modo indipendente per tutelare ciò che più conta, cioè i diritti dei pazienti.
5 settembre 2013
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