Per le donne al di sotto dei 55 anni il tumore al seno è la prima causa di morte: una patologia che nel mondo registra 1 milione di nuovi casi l’anno, 40.000 dei quali in Italia. La Lombardia è ai primi posti: ogni anno sono circa 7.400 le donne lombarde che ricevono una diagnosi di tumore al seno, 1.500 quelle che non ce la fanno. Tuttavia grazie alla diagnosi precoce e a terapie sempre più mirate ed efficaci, un numero crescente di pazienti arriva alla guarigione, mentre l’aspettativa di vita è in costante aumento. Gli obiettivi sono ambiziosi ma piuttosto chiari: guarigione per il maggior numero di donne; aspettativa di vita sempre più lunga; qualità di vita come parte integrante della terapia. Per affrontarli si è tenuto a Milano un importante workshop, all’interno del progetto itinerante
All Around Patients, in cui oncologi medici si confrontano sulle più recenti innovazioni nell’ambito del trattamento del tumore al seno, in particolare il tipo HER2 positivo che rappresenta il 20-30% di tutte le diagnosi di carcinoma mammario, una forma molto aggressiva, con una progressione più rapida e un’età di insorgenza sempre più bassa.
L’HER2 (Human Epidermal Growth Factor Receptor 2) è un recettore presente sulla membrana di molte cellule che in situazioni normali ne regola la crescita e la proliferazione. Quando però il gene HER viene iper-espresso, il numero dei recettori aumenta in modo anomalo provocando una crescita cellulare incontrollata o maligna. Per il tumore HER2 positivo la ricerca scientifica è riuscita a individuare una serie di test diagnostici ad hoc. “La tipizzazione dei vari tipi di tumore mammario è fondamentale. Non tipizzare lo stato di HER2 di un tumore mammario sarebbe un atto di negligenza grave perché l’informazione ha importanza critica per la scelta di farmaci mirati che cambieranno l’evoluzione e la prognosi di questa malattia”, ha precisato
Luca Gianni, Direttore del Dipartimento di Oncologia Medica, IRCCS, Ospedale San Raffaele di Milano. La tipizzazione istologica e molecolare deve essere eseguita con test accurati e precisi in modo da ridurre al minimo eventuali risultati di dubbia interpretazione. “Naturalmente questo implica che il patologo sia sempre più una figura di riferimento nella strategia terapeutica e nel percorso clinico della paziente perché le scelte dell’oncologo si basano sempre di più sulle osservazioni del patologo”, ha continuato.
E una diagnosi precisa e accurata indirizza alla migliore terapia: per il tumore HER2 positivo, trastuzumab ha modificato significativamente la storia naturale della malattia. “I recettori HER2 che mediano la crescita delle cellule vanno immaginati come delle “serrature” nelle quali vanno ad inserirsi delle chiavi, ovvero i fattori circolanti di stimolazione della crescita, trastuzumab agisce occupando queste serrature, impedendo così l’ingresso ai fattori di crescita. Con questa opzione terapeutica possiamo ridurre del 40-50% la mortalità delle donne colpite da tumore al seno HER2 positivo”, ha affermato
Sabino De Placido, Professore ordinario di Oncologia Medica, Azienda Ospedaliero Universitaria Federico II di Napoli.
Oggi, forti di questo importante traguardo terapeutico raggiunto, l’attenzione della ricerca è sempre più indirizzata alla Qualità della Vita delle pazienti e allo sviluppo di terapie personalizzate, più efficaci e meglio tollerate. La ricerca va avanti con studi clinici volti non solo a sperimentare formulazioni innovative, come quella per la somministrazione sottocutanea di trastuzumab, molto meno invasiva e più rapida, ma anche per la messa a punto di nuove terapie per le pazienti con tumore mammario HER2 positivo in fase avanzata. “Le opzioni terapeutiche in sperimentazione potranno aumentare le opportunità di cura delle pazienti con tumore al seno HER2 positivo migliorando l’attività terapeutica già ottimale del trastuzumab. Sicuramente l’introduzione di pertuzumab, inibitore della dimerizzazione di HER2, che inibisce la crescita cellulare e induce la morte delle cellule tumorali, costituisce un avanzamento importante nella possibilità di cura delle pazienti con malattia HER2 positiva sia in fase precoce che metastatica”, ha sottolineato De Placido. “Inoltre, il T-DM1, anticorpo-farmaco coniugato che lega al trastuzumab un potente chemioterapico, rappresenta un altro farmaco di ultima generazione che speriamo sarà presto a disposizione di tutte le pazienti con malattia HER2 positiva del nostro Paese”.
Al momento, infatti, questi due farmaci sono a disposizione solamente attraverso l’ampio programma di studi clinici avviato nei principali centri oncologici italiani.
Sicuramente la malattia metastatica HER2 positiva, in passato sinonimo di malattia molto aggressiva, grazie a questi nuovi farmaci a bersaglio molecolare ha cambiato la sua prognosi in maniera sostanziale. L’aspettativa di vita delle pazienti con tumore metastatico HER2 positivo, grazie alle innovazioni tecnologiche, si è notevolmente allungata e finalmente, dopo anni di ricerca in questo campo, si iniziano a vedere i risultati dello sforzo finora fatto da tutta la comunità scientifica che si occupa di tumore della mammella.
L’impegno a 360° della medicina oncologica nel porre la paziente e la sua qualità di vita al ‘centro’ dei percorsi diagnostico-terapeutici è stato illustrato nel corso dell’incontro, nel quale è stato fatto il punto sui più recenti traguardi raggiunti dalla ricerca scientifica nazionale e internazionale contro il tumore della mammella. “La sopravvivenza è migliorata per tanti motivi: maggiore conoscenza del problema nella popolazione generale e tra le donne, diagnosi precoce, che consente di scoprire tumori molto piccoli con un migliore e più efficace controllo della malattia e migliore qualità delle cure”, ha osservato Gianni. “Negli ultimi 20 anni la medicina oncologica ha fatto progressi formidabili grazie a farmaci innovativi e al coordinamento multidisciplinare. Con le migliori possibilità di cura e la diagnosi precoce, a partire dai primi anni ’90, abbiamo assistito ad una riduzione dei tassi di mortalità a fronte di un aumento delle nuove diagnosi”.
Con questo approccio, forse, si potrà infine sconfiggere il cancro alla mammella.