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QS Edizioni - domenica 24 novembre 2024

Scienza e Farmaci

Diabete di tipo 2 nei bambini. In crescita anche in Italia. Ma arrivano le Linee guida USA

immagine 1 febbraio - Indicazioni su stile di vita, ma anche sulla cura farmacologica se esercizio e corretta alimentazione non dovessero bastare: questo quanto contenuto nelle nuove Linee guida per il diabete in età pediatrica. Che però secondo la SID sono una sconfitta: “Derivano dall’incapacità di educare e di arginare l’obesità”.
Sempre più preoccupante la prevalenza di obesità nei bambini. Non solo negli Stati Uniti, dove addirittura la First Lady Michelle Obama è scesa in campo per sensibilizzare opinione pubblica e genitori, ma anche in Europa e in Italia in particolare, anche e soprattutto sul fronte delle nuove generazioni. Tra i problemi che la condizione può provocare anche quello di un aumentato rischio per la comparsa dei diabete di tipo 2, il “diabete dei grandi”, una malattia causata da una ridotta sensibilità dei tessuti all’insulina e che insorge nelle persone adulte prevalentemente per via di uno stile di vita sbagliato. Proprio a causa di questa esplosione di casi nei più piccoli, gli esperti americani hanno stilato delle linee guida apposite per i bambini e gli adolescenti diabetici, che verranno pubblicate nel numero di febbraio della rivista Pediatrics.
 
Il diabete di tipo 1, quello caratteristico dei bambini e degli adolescenti, o almeno così ritenuto fino alle soglie del terzo millennio, è causato dall’attacco da parte del sistema immunitario al pancreas, l’organo che produce insulina, e alla conseguente assenza di questo ormone nell’organismo. Il diabete di tipo 2 invece, è una malattia completamente diversa:  una malattia metabolica caratterizzata da glicemia alta e insulino-resistenza, che dipende da fattori genetici ma anche dallo stile di vita, visto che obesità, mancanza di attività fisica, cattiva alimentazione, stress e mancanza di sonno sono tutti fattori di rischio. Da qualche anno, negli Stati Uniti, come in Europa, si sta osservando un numero sempre più importante di casi di diabete di tipo 2 nei bambini e negli adolescenti. È una malattia per molti aspetti inedita e che merita quindi un’attenzione particolare. Per questo gli esperti americani sono scesi in campo, per dettare le istruzioni per l’uso di questa malattia dei grandi che sta facendo sentire sempre più la sua presenza tra bambini e adolescenti. Le linee guida stilate sono le prime in assoluto su questo argomento e sono state redatte a più mani dall’American Academy of Pediatrics in collaborazione con l’American Diabetes Association, la Pediatric Endocrine Society, l’American Academy of Family Phisicians e l’Academy of Nutrition and Dietetics.
 
Ma tutto ciò, lungi dall’essere semplicemente un atto doveroso da parte della classe medica e dei medici specialisti, è soprattutto è un’amara sconfitta per tutti. “Il diabete tipo 2 è diventato un problema talmente importante da avere reso necessario il tentativo di codificare il trattamento di questi bambini redigendo una apposita linea guida, ma ciò deriva dall’incapacità di trasmettere concetti di salute adeguati e di arginare il fenomeno obesità”, ha commentato con durezza Stefano Del Prato, Presidente SID, Società Italiana di Diabetologia. “E per questo siamo costretti a pensare a quale farmaco cominciare a somministrare a un bambino, che dovrà continuare ad assumerne sempre di più per gli anni a seguire nel tentativo di evitare le conseguenze del diabete e cioè le complicanze a carico di occhi, nervi, rene, cuore e vasi. Ritengo che tutto questo debba fare riflettere con grande attenzione perché questo non può essere l’eredità che lasciamo ai nostri figli”.
 
E quello che Del Prato dice vale anche e soprattutto per il nostro paese. Anche in Italia, infatti, il problema dell’obesità è piuttosto grave: secondo i dati di OKkio alla Salute del Ministero della Salute (rilevazione condotte su 42mila bambini di terza elementare), il 23% dei bambini è in sovrappeso e l’11% obeso. Tra i nostri bambini sono molto diffuse le errate abitudini alimentari: il 9% non fa colazione e uno su tre la fa in maniera inadeguata), 1 bambino su 4 non mangia ogni giorno frutta e verdura, circa il 50% consuma soft drink zuccherati nell’arco della giornata,1 bambino su 2 ha la televisione in camera da letto e un bambino su 5 pratica sport per non più di un’ora a settimana (mentre dovrebbe fare sport per almeno un’ora al giorno).
 
Sebbene secondo il presidente SID, la battaglia contro il diabete non possa essere condotta “solo con la promulgazione di sacrosante linee guida, ma anche e soprattutto con una forte azione educativa su tutta la popolazione”, vale la pena osservare cosa nello specifico dicono le raccomandazioni statunitensi: molta attenzione viene infatti dedicata proprio agli aspetti di uno stile di vita salutare, nel tentativo di correggere quello che le errate abitudini alimentari e la sedentarietà hanno squilibrato.
 
Quando questo non dovesse bastare, poi, le terapie di prima linea consigliate sono:
- insulina nei casi in cui non è chiara la diagnosi tra diabete di tipo 1 e tipo 2; quando il piccolo paziente ha dei valori di glicemia altissimi o quando il paziente si presenta in chetoacidosi, una delle più gravi complicanze dello scompenso diabetico.
- metformina: è il farmaco di prima scelta in tutte le altre condizioni, e viene prescritta insieme ad un programma di cambiamento radicale dello stile di vita, comprendente in primo luogo indicazioni dietetiche, oltre ad un programma di attività fisica.
 
Tuttavia, spiega ancora Del Prato, concludendo: “Le armi farmacologiche a nostra disposizione rimangono, nel bambino, limitate. Abbiamo quindi bisogno di capire ancora meglio quali sono i meccanismi che favoriscono la comparsa del diabete, tipo 1 e tipo 2 e quali siano i migliori punti di attacco che garantiscano efficacia senza esporre il bambino a rischi dovuti al farmaco. Questi obiettivi possono essere raggiunti solo con una forte attività di ricerca medica che deve essere adeguatamente sostenuta con un impegno comune. Il nostro Paese continua a produrre ricercatori di eccellenza. Il loro lavoro, la consapevolezza di tutti dovrebbero essere la via migliore per vincere una battaglia che invece in questo momento sta solo preoccupando”.
1 febbraio 2013
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