Scienza e Farmaci
Alzheimer. Uno studio apre la strada a test del sangue per individuarlo in fase precoce
Un recente studio condotto dai neuroscienziati della NYU Langone Health ha rivelato che il declino nei livelli ematici di due molecole naturali dell’organismo è strettamente correlato con il peggioramento della malattia di Alzheimer, soprattutto nelle donne. La ricerca, pubblicata sulla rivista Molecular Psychiatry, suggerisce che queste molecole potrebbero fungere da biomarcatori per identificare precocemente la malattia e misurare la sua gravità, con un semplice esame del sangue.
La ricerca ha evidenziato che i livelli ematici di acetil-L-carnitina e carnitina libera si riducono in modo significativo nelle donne con Alzheimer, già a partire dai primi sintomi di decadimento cognitivo lieve. Nei casi di stadio avanzato, il declino è ancora più marcato. Al contrario, negli uomini, solo l’acetil-L-carnitina presenta un calo significativo. I ricercatori hanno misurato i livelli delle due molecole in 93 volontari con diversi gradi di compromissione cognitiva, confrontandoli con 32 soggetti sani. L'analisi ha confermato che il monitoraggio di acetil-L-carnitina e carnitina libera nel sangue riflette accuratamente la presenza di beta-amiloide e proteina tau, biomarcatori noti dell'Alzheimer. L'accuratezza nella diagnosi della gravità della malattia è passata dall'80% al 93% combinando entrambi i metodi di misurazione. La dott.ssa Betty Bigio, ricercatrice presso la NYU Grossman School of Medicine, ha sottolineato l’importanza della scoperta: “I nostri risultati forniscono la prova più forte che livelli ridotti di acetil-L-carnitina e carnitina libera potrebbero essere utilizzati come indicatori precoci della malattia di Alzheimer, spiegando anche perché le donne siano più vulnerabili”.
Al momento, i biomarcatori dell'Alzheimer vengono rilevati tramite procedure invasive come i prelievi di liquido cerebrospinale. Un semplice test del sangue potrebbe invece rivoluzionare la diagnosi e il monitoraggio della progressione della malattia, rendendolo meno doloroso e rischioso. Per la dott.ssa Carla Nasca, coautrice dello studio, è evidente il potenziale terapeutico dello studio: “Monitorare queste molecole potrebbe aiutarci a individuare nuovi bersagli terapeutici per intervenire prima che il danno cerebrale diventi irreversibile”, afferma.
Lo studio approfondisce anche le connessioni tra l’acetil-L-carnitina e la salute mentale. La ricerca precedente del team della dott.ssa Nasca ha mostrato che la carenza di acetil-L-carnitina è associata a disturbi dell’umore e a episodi di depressione severa. Questo elemento potrebbe essere una chiave per comprendere meglio come la depressione, soprattutto nei pazienti con un passato di traumi, possa evolvere verso forme di demenza. I ricercatori intendono approfondire le dinamiche che regolano la produzione di acetil-L-carnitina e il suo ruolo nei meccanismi cerebrali. L’obiettivo è sviluppare un test del sangue che non solo rilevi la presenza della malattia, ma permetta anche di monitorare l’efficacia dei trattamenti sperimentali volti a rallentare o prevenire l’insorgenza dell’Alzheimer.