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QS Edizioni - mercoledì 4 dicembre 2024

Scienza e Farmaci

Germi resistenti agli antibiotici. L’allarme Simit: “Tra il 2022 e il 2023 circa 430 mila persone hanno contratto un’infezione ospedaliera”

immagine 3 dicembre - Si tratta dell’8,2% dei pazienti ricoverati contro una media europea del 6,5%, con un tasso di somministrazione di antibiotici pari al 44,7%, superiore alla media europea del 33,7%. Oltre 12mila decessi annui attribuibili a infezioni causate da batteri resistenti agli antibiotici, posizionando il Paese al primo posto in Europa per mortalità correlata all'Antimicrobial Resistance. Presentati al Congresso Simit a Napoli i nuovi studi sulla “pandemia strisciante”.

L'antibiotico-resistenza (AMR) si conferma una delle principali minacce per la salute pubblica a livello globale. Lo ha rimarcato pochi giorni fa il G7 Salute di Bari e lo ribadiscono gli oltre mille infettivologi riuniti a Napoli per il XXIII Congresso della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, dove i vari studi presentati in proposito evidenziano il peso di questo fenomeno in Italia, con i dati del progetto Resistimit che sottolineano in maniera concreta il rischio di mortalità per questi microrganismi resistenti agli antibiotici. Un quadro in cui la regione Campania presenta numeri più allarmanti della media nazionale.

I dati di Resistimit
Uno dei principali lavori di Simit di questi mesi consiste nella piattaforma clinica Resistimit: da una parte vi è un registro dinamico nazionale finalizzato a creare un solido sistema di sorveglianza e condivisione di dati su trend epidemiologici, caratteristiche delle infezioni, mortalità associata all’infezione e altri parametri utili. Dall’altra, un software per la messa in rete di questi dati, che tramite intelligenza artificiale diventeranno utile strumento anche per definire futuri scenari.

“Ad oggi vi sono 45 centri operativi nella piattaforma Resistimit, mentre nel database sono analizzati 800 pazienti colpiti da infezione grave da batteri gram negativi - spiega Marco Falcone, Consigliere Simit e responsabile progetto Resistimit - I dati sulla mortalità negli ospedali italiani stratificati per agente patogeno evidenziano una probabilità di morte a 30 giorni che può andare dal 10% dei batteri meno resistenti fino al 40%, in caso di microrganismi che sono diventati epidemiologicamente più rilevanti come Acinetobacter baumannii ed Enterobatteri resistenti ai carbapenemici. In altri termini, alcune infezioni acquisite in ospedale determinano un’elevata probabilità di decesso. Siamo al lavoro per capire quali siano i pazienti più a rischio ed eventuali patologie che rendano il soggetto più vulnerabile. Resistimit è il primo progetto che offre un’esperienza concreta sull’impatto clinico dell’antimicrobico resistenza, di cui manca una piena percezione degli effetti sulle vite umane. Questo potrà costituire la base per ulteriori approfondimenti e per possibili politiche di prevenzione. Un primo risultato che possiamo segnalare è la necessaria presenza di un infettivologo in ogni ospedale per monitorare il problema”.

L’Italia si conferma primo Paese europeo per mortalità per AMR
In Italia, il fenomeno assume dimensioni particolarmente preoccupanti, con oltre 12mila decessi annui attribuibili a infezioni causate da batteri resistenti agli antibiotici, posizionando il Paese al primo posto in Europa per mortalità correlata all'Antimicrobial Resistance (AMR), come da recentissimo dossier Aifa dedicato, basato sui dati più recenti dello European Centre for Disease Prevention and Control (Ecdc). Si stima che tra il 2022 e il 2023 in Italia circa 430mila persone abbiano contratto un'infezione ospedaliera, ovvero l’8,2% dei pazienti ricoverati contro una media europea del 6,5%, con un tasso di somministrazione di antibiotici pari al 44,7%, superiore alla media europea del 33,7%.

“Questo elevato consumo di antibiotici contribuisce significativamente all'aumento della resistenza antimicrobica - sottolinea Ivan Gentile, consigliere Simit e Professore Ordinario di Malattie Infettive, Università degli Studi Federico II, Napoli - Tuttavia, si stima che le infezioni nosocomiali possano essere riducibili del 30% facendo più prevenzione negli ospedali e riducendo i consumi di antimicrobici. In pratica tra le 135 e le 210mila infezioni nosocomiali potrebbero essere evitate, con benefici in termini di minori decessi e notevole risparmio economico”.

“Va inoltre ribadito come l’80-90% del consumo totale di antibiotici avviene a livello territoriale - conclude Gentile - È necessario quindi utilizzare tutti gli strumenti in nostro possesso per ottenere una riduzione sicura del consumo degli antibiotici. In questo senso sono decisivi una formazione adeguata degli operatori sanitari e l’utilizzo di diagnostica rapida che consenta di discriminare tra infezioni batteriche e virali”.

3 dicembre 2024
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