Sempre più spesso si sente parlare di interazione tra nanotecnologie e medicina. L’ultimo studio italiano in ordine di tempo che cerca di far interagire queste discipline per il benessere dei pazienti è una ricerca pubblicata su
Nature Technology da uno scienziato del dipartimento di Medicina Molecolare e Traslazionale all’Università di Milano-Bicocca, dove ha sede il NANOMIB, un avanzato centro di ricerca sulla nanomedicina. Lo studio che è valso l’importante pubblicazione riguarda il campo oncologico, e spiega infatti come ingannare il sistema immunitario umano per far arrivare il farmaco dritto sulle cellule tumorali.
Questo fa, in estrema sintesi, il sistema messo a punto da
Nicoletta Quattrocchi, che ha condotto la ricerca durante la sua tesi di dottorato. “È noto che in presenza di processi infiammatori, quale ad esempio un tumore, le cellule bianche del sistema immunitario, dette leucociti, sono capaci di passare dal circolo sanguigno al sito infiammato grazie al coinvolgimento di specifiche proteine espresse sulle loro membrane cellulari”, ha spiegato Quattrocchi che nel lavoro dimostra come queste proprietà dei leucociti possano essere trasferite ai sistemi di “drug-delivery” ricoprendoli con membrane cellulari isolate dai leucociti stessi.
Lo sviluppo e l’ottimizzazione di questo sistema ibrido, costituito da particelle nanoporose di silicio ricoperte con membrane cellulari di leucociti, è avvenuto presso il dipartimento di Nanomedicina del The Methodist Hospital System Research Institute a Houston. Proprio qui, con il contributo di Alessandro Parodi, del dipartimento di Nanomedicine al The Methodist Hospital System Research Institute e del Dipartimento di Oncologia Sperimentale all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, la ricercatrice ha dimostrato in vitro la capacità di questo sistema di sfuggire al riconoscimento del sistema immunitario e di interagire e trasmigrare attraverso un modello di sistema endoteliale.
Esperimenti preliminari su modelli animali hanno confermato queste proprietà, che si riflettono in una incrementata permanenza del farmaco nel circolo sanguigno e in un conseguente accumulo nel tessuto tumorale. “I dati ottenuti dovranno poi essere confermati attraverso studi clinici per provarne stabilità, immunogenicità, possibilità di migliorare la capacità di colpire il tumore e versatilità, ovvero l’applicazione in campi differenti da quelli presi in considerazione nella ricerca”, ha spiegato Quattrocchi.
I vantaggi attesi da questo innovativo sistema sono dettati anche dalla sua possibile applicazione in tutte le patologie di natura infiammatoria, dal tumore all’aterosclerosi, che hanno come caratteristica comune la trasmigrazione dei leucociti dal circolo sanguigno al tessuto infiammato.