Le notizie che riguardano il virus influenzale sono molte, da quelle più scientifiche sugli
studi sulle possibili modifiche genetiche che potrebbero rendere la malattia più pericolosa, a quelle sui
sistemi di monitoraggio, agli avvertimenti ai cittadini per quanto riguarda
vaccini e categorie a rischio. Eppure, c’è ancora molto che non sappiamo dell’agente patogeno che causa i più comuni sintomi stagionali. Ad esempio, non si sa come funzioni di preciso il suo meccanismo di replicazione all’interno delle cellule infette. O almeno non si sapeva fino ad oggi. Uno
studio dello Scripps Research Institute pubblicato su
Science Express, infatti, osservato ad un dettaglio mai raggiunto prima le proteine del virus e in particolare la ribonucleoproteina (RNP) che contiene il materiale genetico del patogeno e l’enzima che gli permette di replicarsi. In questo modo – forse – sarà possibile anche scoprire delle aree di vulnerabilità del virus.
All’interno del nucleo di ognuno dei virus influenzali risiedono 8 ribonucleoproteine, delle molecole cruciali per la capacità di questi agenti patogeni di sopravvivere e moltiplicarsi, fatte di Rna ed enzimi. Tra quest il più importante è forse la polimerasi, un enzima coinvolto proprio nei processi di replicazione dell'Rna, nonché nei meccanismi di trascrizione delle proteine. A parte l’importanza che la molecola svolge nell’infezione, però, la polimerasi influenzale contiene anche alcune delle “barriere” che prevengono il passaggio del virus tra specie diverse: in passato proprio mutazioni di questo enzima hanno infatti permesso ad alcuni virus, ad esempio, di passare dalle sole infezioni agli uccelli a quelle dei mammiferi. Conoscere i dettagli precisi di come questo avvenga potrebbe dunque dare informazioni importanti per prevenire pandemie anche tra gli esseri umani.
Tramite innovative tecniche di biologia molecolare e microscopia elettronica, gli scienziati statunitensi sono oggi riusciti ad osservare proprio quei dettagli e a raccogliere più facilmente una maggiore quantità di dati: i ricercatori hanno così osservato con una precisione mai ottenuta prima la struttura ramificata delle ribonucleoproteine e la loro replicazione. Il modello sviluppato era così in grado di descrivere dettagliatamente come la polimerasi si legasse all’Rna, e come il virus riuscisse a completare la trascrizione genetica, nonché come agisse l’enzima stesso al momento della replicazione. “Con queste informazioni siamo in grado di prendere molto di quello che già sapevamo sui virus e le proteine RNP e creare una mappa di come e dove avvengono i meccanismi più importanti”, ha spiegato
Robert N. Kirchdoerfer, primo autore dello studio.
Ma non solo. Il modello ha anche portato alla luce alcuni punti deboli del virus stesso. Uno riguarda il cambiamento di forma che la polimerasi subisce durante la trascrizione. Un altro risiede invece nell’interazione tra questo enzima e le nucleoproteine virali. Punti deboli che da soli non possono essere tradotti direttamente in campo farmacologico, ma che potrebbero in futuro potrebbero servire a sconfiggere le influenze definitivamente. “Non potremmo sviluppare farmaci esclusivamente a partire da questo modello”, ha concluso il ricercatore. “Ma adesso abbiamo un’idea molto più chiara di come il virus e le sue proteine più importanti funzionano, e questo potrebbe portare a migliorare le armi a nostra disposizione”.