Scienza e Farmaci
Bimbi pretermine. “Bene la sopravvivenza, ma il 90% soffre di disfagia”
Oltre 30 mila bimbi ogni anno in Italia nascono pretermine. Fragili, altamente complessi, bisognosi di un rapporto speciale e privilegiato, a partire dall’aspetto alimentare. Se da un lato la tecnologia e il progresso scientifico hanno favorito la sopravvivenza dei piccoli pretermine, dall’altro sono aumentati i problemi di disfagia neonatale (pari oggi al 90%), cioè l’incapacità di passare dalla nutrizione enterale, con sondino naso gastrico, all’alimentazione orale e, quindi, al raggiungimento dell’alimentazione orale completa (‘full oral feeding’), necessaria per la dimissione del neonato dalla TIN.
Fondamentale per favorire questa dinamica è il logopedista, figura chiave per le elevate competenze in ambito di comunicazione e funzioni orali. “Gesti semplici, grandi risultati” non è dunque solo lo slogan della giornata mondiale della prematurità che si svolge oggi, ma è anche l’impegno e la missione della moderna neonatologia e dei dipartimenti di eccellenza di tutta Italia, che garantiscono la sopravvivenza dei piccoli prematuri. Molte le iniziative di sensibilizzazione oggi in Italia
“Il progresso nella ricerca scientifica, tecnologica e terapeutica – spiega Tiziana Rossetto, presidente della Federazione Logopedisti Italiani – ha favorito la sopravvivenza, sensibilmente aumentata di neonati prematuri, piccoli pazienti difficili da trattare per le complessità correlate. Fra queste, ad esempio, la disfagia neonatale, cioè l’incapacità naturale di passare dalla nutrizione con sondino naso gastrico (nutrizione enterale) alla alimentazione orale, fino al raggiungimento del cosiddetto ‘full oral feeding’, cioè la condizione che permette la dimissione dal neonato dalla TIN, secondo le linee guida della Accademia Americana di Pediatria (2008-2011)”.
“Questa dinamica prevede la gestione del neonato da parte di una équipe multidisciplinare, dove il logopedista ha un ruolo chiave per le elevate competenze in ambito di comunicazione e di funzioni orali, e di ‘guida’ nel percorso di riabilitazione, secondo un approccio della cosiddetta ‘co-regolazione’ – aggiunge Sara Panizzolo, logopedista presso l’Unità Operativa Complessa TIN dell’ospedale Monaldi di Napoli –. Quest’ultima si basa sui principi dell’assistenza allo sviluppo (developmental care): un pool di azioni e di interventi, attuate anche dal logopedista, che permettono, in termini di neuroprotezione, l’armonica evoluzione psico-fisica del neonato vulnerabile, cambiando completamente i paradigmi della nutrizione. Si è infatti passati da criteri di quantità, che imponevano di far mangiare ai neonati tutto il latte prescritto e incondizionatamente per favorirne la crescita, a criteri di qualità basati sulla lettura delle risposte comunicative del neonato quale guida per il caregiver”.
“Il logopedista, attraverso un training di apprendimento guidato, trasferisce queste informazioni e competenze al genitore affinché le possa adottare e mettere in pratica in maniera autonoma anche dopo le dimissioni – conclude Rossetto –. Si tratta di azioni promosse anche dalle maggiori società scientifiche del settore sia internazionali (European Foundation for the Care of Newborn Infants) che nazionali (Società Italiana di Neonatologia)”.