Da quando è stata inventata la risonanza magnetica ha aiutato moltissimi pazienti e professionisti della sanità ad arrivare a una corretta diagnosi, in diversi campi della medicina. Ma oggi questa tecnica potrebbe essere stata portata a un livello ancora superiore. Un team della Eindhoven University of Technology (TU/e) dell’Academic Medical Center (AMC) di Amsterdam hanno infatti sviluppato una tecnica di imaging 3D capace di fornire fotografie di strutture muscolari a risoluzione ancora maggiore, anche per muscoli molto complessi. Questa potrebbe essere usata per studiare gli oltre 600 tipi di malattie e danni che possono coinvolgere questi tessuti.
Il nuovo metodo è stato sviluppato a partire dall’imaging con tensore di diffusione (DTI), una tecnica di risonanza magnetica che permette di vedere i movimenti delle molecole d’acqua all’interno dei tessuti. Poiché i muscoli sono fatti di fibre, i movimenti di quelle in direzione delle fibre saranno diversi dal quelli delle altre, e questo permetterà un alto livello di dettaglio delle immagini. Tutto ciò era già possibile precedentemente per tessuti di piccole dimensioni e dalla struttura semplice, ma oggi, grazie al lavoro del team olandese, la tecnica è stata estesa a muscoli più complessi. E soprattutto, con la nuova versione, è possibile riconoscere danni anche molto piccoli.
Per ottenere questo risultato, il team ha dovuto lavorare al processo di acquisizione stesso dell’immagine: il meccanismo doveva avvenire in maniera piuttosto veloce, visto che per il paziente mantenere a lungo la stessa posizione all’interno del macchinario da risonanza magnetica può essere scomodo. Tuttavia, allo stesso tempo, l’immagine finale doveva fornire un livello sufficiente di dettaglio. Per farlo
Martijn Froeling, primo autore del lavoro, ha sviluppato un programma che conteneva oltre 125 funzioni matematiche per simulare, processare, migliorare e analizzare i dati ottenuti tramite DTI.
Una volta ottenuto il risultato ricercato, gli scienziati lo hanno testato su diversi soggetti, inclusi degli atleti che corrono la maratona. L’immagine dei loro muscoli veniva scansionata una settimana prima della maratona, due giorni dopo l’arrivo, e ancora tre settimane dopo. Con il nuovo strumento – ottenuto comunque a partire dagli stessi macchinari da risonanza magnetica presenti negli ospedali – i danni muscolari post-maratona erano visibili anche a distanza di settimane, anche nel caso in cui gli atleti non riportassero più dolore. Un altro terreno di test sono stati i muscoli pelvici di alcune donne, che rappresentano un buon esempio di struttura molecolare complessa.
Secondo gli scienziati, la tecnica potrebbe essere usata in studi che riguardano l’atrofia muscolare spinale e la sindrome post-polio. Ma altre applicazioni del metodo potrebbero trovarsi nella cura degli atleti, nel riconoscimento di danni muscolari anche minimi e nella stima del tempo di riabilitazione necessario dopo che uno di questi ha avuto luogo.