L’
ultima epidemia, scoppiata quest’estate in Uganda, ha ucciso 16 persone: un focolaio piuttosto piccolo, se comparato ad altri precedenti. In ogni caso, l’ebola è una patologia che mette molta paura, sia per via della sua aggressività e del fatto che ancora non esistono vaccini o cure, che perché secondo molti potrebbe essere usato come arma biologica. Fino ad oggi: uno
studio pubblicato su
PNAS, condotto dal Medical Research Institute of Infectious Diseases dell’esercito statunitense (USAMRIID)spiegherebbe come con anticorpi monoclonali sia possibile prevenire l’insorgenza della malattia in primati infettati, salvando così loro la vita.
Si tratterebbe non di un unico anticorpo, ma di un cocktail creato ad arte, siglato MB-003, capace di prevenire la patologia letale nelle scimmie Rhesus: in particolare, secondo lo studio, se somministrato entro un’ora dall’infezione il mix di sostanze è capace di evitare ai primati la morte nel 100% dei casi; mentre se assunto entro 48 ore dal contagio riuscirebbe a salvare comunque i due terzi delle scimmie, comunque un risultato record, visto che a seconda del ceppo l’ebola uccide in media dal 50 al 90 per cento dei soggetti contagiati. “È più unica che rara la capacità di MB-003 di prevenire l’infezione da virus ebola con morbidità minime o nulle, a seguito del contagio”, ha spiegato
Gene Olinger, virologo dell’esercito statunitense che ha condotto lo studio. “Fino ad oggi, infatti, la maggior parte dei tentativi in questo senso sono falliti. L’efficacia di questo cocktail è decisamente impressionante”.
Inoltre, il metodo per ottenere il mix usato nello studio sembrerebbe essere economico, oltre che efficace: il cocktail verrebbe creato a partire da piante di tabacco ingegnerizzate. “Siamo rimasti molto stupiti quando abbiamo visto quanto funzionasse bene MB-003, anche perché questo dimostrava una superiorità di questo metodo di produzione rispetto a quello tradizionale”, ha spiegato
Larry Zeitlin, coordinatore dello studio.
Il metodo infatti diminuirebbe in maniera sostanziale il tempo e il costo della produzione, nonché migliorerebbe la qualità delle sostanze prodotte. “In questo modo potremmo riuscire a generare un nuovo lotto di anticorpi in appena due settimane”, ha concluso
Barry Bratcher, co-autore della ricerca. “Il che vuol dire rispondere alle nuove epidemie in maniera tempestiva, e dunque contenerle molto più facilmente.