Si muore meno, ma le infezioni sono sempre molte: tutt’altro che finita l’emergenza Aids nel nostro paese, secondo i dati emersi dalla quarta edizione dell’International Roche Infectious Diseases Symposium (IRIDS 2012), il Simposio Internazionale sulle Malattie Infettive organizzato a Roma da Roche Diagnostics. Scopo dell’iniziativa era proprio quello di fare il punto sulle malattie infettive. Non solo sull’Hiv dunque ma anche su epatite B e C ed erpes.
In Italia in base agli ultimi dati del ISS, infatti si muore sempre meno di AIDS, ma i contagi da Hiv sono ancora troppi.“I casi di contagio nel nostro Paese sono circa 4 mila ogni anno, ma manca ancora un Registro Nazionale delle nuove diagnosi. Grazie alla nuova terapia tripla che concentra in una sola pillola tre principi attivi fondamentali per il trattamento dell‘HIV, i pazienti sieropositivi hanno oggi una migliore qualità della vita rispetto a quando dovevano assumerne decine in modo quasi continuativo” , ha spiegato
Carlo Federico Perno, Ordinario di Virologia all’Università Tor Vergata di Roma, nel corso del simposio.Dobbiamo ricordare a questi pazienti che sono fragili come il cristallo e quindi maggiormente esposti a patologie provocate nel loro organismo dal virus ma che non sappiamo ancora quando e come avverranno. Possiamo dire che in media hanno un’aspettativa di vita inferiore di circa dieci anni rispetto a quella di una persona non infetta.”
La patologia si è dunque nel tempo trasformata e da malattia che uccideva nel giro di qualche anno, oggi è diventata cronica. “Una volta contratto il virus non è possibile debellarlo dall’organismo, ma attraverso test diagnostici che ci permettono di identificare terapie sempre più personalizzate per il singolo paziente, oggi possiamo tenere sotto controllo la sua replicazione ed evitare cosi lo sviluppo della malattia conclamata: per questo oggi il virus dell’HIV è di fatto un’altra malattia rispetto a quello che era 30 anni fa, che non uccide più subito, ma continua subdolamente a colpire le persone infette”, ha aggiunto Perno. “Ci sono oggi in Italia circa 150 mila persone che hanno contratto il virus HIV e di questi circa 22mila hanno poi sviluppato la sindrome AIDS. Mentre il tasso di mortalità è calato verticalmente grazie alle nuove terapie antivirali, il tasso di contagio purtroppo è rimasto stabile e quindi non dobbiamo abbassare la guardia in termini di prevenzione."
Per combattere l’AIDS non bastano i 25 nuovi farmaci antivirali ma diventa strategico il ruolo della diagnostica, non solo nella fase di prevenzione ma anche come monitoraggio terapeutico per accompagnare e controllare lo stato di salute del paziente siero positivo per il resto della sua vita. “Ecco perché oggi dico che il virus “dormicchia” ma può mutare in ogni momento e quindi resistere alle terapie in corso. Solo un monitoraggio continuo con test di nuova generazione ci potrà permettere di individuare precocemente queste mutazioni ed adeguare rapidamente la cura”, ha aggiunto l’esperto.
Anche in questo caso, dunque,la medicina personalizzata diventa la soluzione più efficace per il paziente e un mezzo cost-effective per il sistema sanitario.“Personalizzazione delle terapie significa selezionare solo i farmaci efficaci per quel determinato paziente e quindi permette di evitare di prescrivere tanti farmaci, spesso costosi e non così necessari“,ha conclusoPerno.“La diagnostica può aiutare a trovare la terapia giusta, nel tempo giusto e su misura per quel paziente e quindi consente di ottimizzare le risorse, soprattutto in tempi di crisi perchè riduce il numero di terapie costose e sbagliate”.
Ma soprattutto, visto che la patologia non vede diminuire il numero di contagi, secondo gli esperti occorre lanciare una nuova campagna informativa che stimoli una maggiore percezione del rischio di contrazione del virus e quindi ad adottare comportamenti sessuali più responsabili.