Scienza e Farmaci
Dipendenze tecnologiche. Il 54% dei genitori allatta i figli mentre sta utilizzando il cellulare
Lo smartphone è sempre più presente nella vita di genitori e minori, fin dalla più tenera età. Nella fascia 0-4 anni, i genitori usano lo smartphone durante le poppate (54%), intrattengono i figli con i device durante la giornata (60%), li usano in loro presenza (67%), glieli offrono quando sono fuori casa (30%), quando sono stanchi (25,5%) o agitati per calmarli (27%) e il 33% dei bambini si lamenta o protesta perché gli adulti tolgono loro attenzione per dedicarla agli strumenti digitali.
È quanto emerso da una ricerca sulle dipendenze tecnologiche, condotta nell’arco del 2022 dall’Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche e Cyberbullismo (Di.Te) in collaborazione con la Sipec, la Società Italiana di Pediatria Condivisa, di cui si è parlato in occasione della 6° Giornata nazionale sulle dipendenze tecnologiche e sul cyberbullismo dedicata a “Bambini e adolescenti digitali. Il corpo e la mente tra iperconnessioni e realtà mediata”.
Dalla ricerca - che ha coinvolto 198 pediatri sul territorio nazionale e 13.049 persone, tra cui genitori, adolescenti, pre-adolescenti e bambini, compresi tra gli 0 e i 4, 4 e 9 e 9 e 14 anni - è emerso inoltre che nella fascia di età 4-9 anni, invece, addirittura l’88% del campione dichiara di intrattenere i figli durante il giorno con smartphone&co, di usarli in loro presenza (95,7%), di concederne l’uso prima di dormire (37%), quando sono stanchi o agitati (30%), e di intrattenerli durante i pasti (41,5%). Inoltre, il 42% dei genitori ammette che per l’utilizzo dei device si è ridotto il tempo di gioco all’aria aperta, che i figli si annoiano quando non li usano in casa (55%) e anche fuori casa (30%), e che hanno reazioni esagerate quando si chiede loro di disconnettersi (56%).
Infine, nella fascia di età 9-14 anni, il 98,2% dei ragazzi interpellati usa i device durante la giornata, il 42,4% mentre mangia, ben il 61,7% prima di addormentarsi, il 9,4% addirittura durante la notte. L’80,9% dichiara di annoiarsi in casa quando non li usa e il 32,4% anche fuori casa, più della metà (56,7%) preferisce rimanere connesso piuttosto che uscire all’aria aperta. Il 77% di sentirsi molto arrabbiato quando lo fanno disconnettere e la metà (50,5%) chiede e sente il bisogno di andare online quando è stanco o agitato. Anche i figli più grandi, infine, il 48%, si sentono trascurati dagli adulti che sono online in loro presenza.
La tecnologia è entrata prepotentemente in ogni situazione della vita di ogni giorno. Dai pasti al tempo libero, risponde sempre più a bisogni e abitudini, molto spesso inconsapevoli. “Ma attenzione perché un uso sempre più eccessivo e precoce può avere conseguenze negative sul piano psicologico e sociale e potrebbe perfino causare problemi di salute nel percorso di crescita e sviluppo – afferma Giuseppe Lavenia, psicologo e psicoterapeuta, Presidente dell’Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche e Cyberbullismo (Di.Te) – molti adulti, usando in modo non pienamente consapevole la tecnologia e non conoscendo i rischi reali del suo utilizzo nelle diverse fasce di età, è come se abdicassero il loro ruolo di educatori. Come genitori dovremmo, invece, essere un punto di riferimento autorevole per i nostri figli, dovremmo dare e rispettare regole, ma anche coltivare il dialogo, spesso invece giustifichiamo tutto, lasciamo correre senza pensare alle conseguenze”.
Già a partire dal momento dell’allattamento, nei primi mesi di vita. “La relazione che si instaura tra la madre e il figlio ha un valore fondamentale nello sviluppo psico-emotivo e relazionale del bambino – continua Lavenia – è un legame d’amore, che va oltre il nutrimento fisico. Si alimenta con il contatto pelle contro pelle, con gli sguardi, le coccole, gli abbracci, la voce calma con cui si parla al neonato. Dedicarsi quindi pienamente al momento dell’allattamento, senza farsi disturbare dall’uso della tecnologia, contribuisce sicuramente a creare quell’atmosfera di calore e protezione, fondamentale per costruire con i figli un rapporto sereno, ma non paritario, fin da quando sono piccoli”.
Non dimentichiamo poi, ricorda una nota, l’impatto che un uso smodato della tecnologia può avere nella gestione delle relazioni e delle emozioni. “Ci sono casi sempre più numerosi in cui i nostri figli preferiscono vivere online piuttosto che fare esperienze nella vita reale, con tutto quello che può derivarne, dal cyberbullismo all’hikikomori – aggiunge Lavenia – facciamo di tutto affinché la tecnologia non interferisca troppo nello sviluppo e nella crescita dei nostri figli, diventando consapevoli in primis dell’uso che ne facciamo”.
“Un uso eccessivo degli strumenti digitali può addirittura avere conseguenze sul benessere fisico – sostiene Mauro Cinquetti, pediatra, neuropsichiatra infantile e gastroenterologo, Presidente della SIPEC, nonché Direttore del Dipartimento Materno Infantile dell’azienda sanitaria Scaligera a Verona – ho coordinato un gruppo di lavoro, insieme all’Università di Verona, in cui sono stati indagati 1.600 ragazzi delle scuole medie e, incrociando i dati sull’uso dello smartphone, le abitudini alimentari, lo stile di vita e il benessere in generale, è emerso che quelli che lo usavano di più si sentivano meno bene o addirittura male a livello generale, e avevano un potenziale maggiore di sviluppare disturbi fisici, tipo il dolore addominale ricorrente”.
Una connessione cervello-intestino spiega infatti la ragione dello stress e i fattori psicologici strettamente legati alle disfunzioni intestinali e ai sintomi gastrointestinali. “Usare per esempio la tecnologia durante uno dei momenti fondamentali che guidano la nostra vita, cioè mentre mangiamo, non è una buona abitudine perché cattura la nostra attenzione, distraendoci”, continua Cinquetti. “Capita così che non sappiamo neppure cosa stiamo mangiando. È importante, invece, riuscire a coinvolgere i nostri figli, fin dallo svezzamento, stimolarli nella scoperta dei diversi alimenti, nelle loro caratteristiche peculiari e nei loro gusti. Per costruire così una relazione sana con il cibo e con le persone con cui condividiamo il tempo della tavola”, conclude Cinquetti.