Scienza e Farmaci
Prevenzione e innovazione per la salute del futuro. 90 anni di GSK in Italia
di Marzia CaposioPrevenzione, innovazione e programmazione. E poi ancora investimenti e sensibilizzazione alla vaccinazione nell’adulto. Di questo e di molto altro si è parlato lunedì durante l’incontro “InnovaCtion – cosa serve alle idee per diventare salute, impresa, futuro”, promosso da GlaxoSmithKline (GSK) presso la propria sede di Verona, in occasione dei 90 anni di presenza dell’azienda in Italia.
Ad aprire i lavori il Ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti il quale ha confermato l’importanza della presenza di una realtà come quella di GSK su territorio nazionale per la grande spinta che dà all’economia italiana da anni. “I due termini fondamentali sono sicurezza e preparazione e su questo il compito delle istituzioni è quello di creare intorno all’industria farmaceutica privata l’ambiente regolatorio”, ha detto il ministro
“La domanda di farmaci, vaccini e strumenti diagnostici è, in Italia, ma anche in altri Paesi, principalmente una domanda pubblica sostenuta dal sistema sanitario nazionale. Il modo in cui questo è regolato determina i ricavi dell’industria in ogni mercato. Il Governo ritiene che dovrebbe essere aperta una riflessione globale tra le istituzioni e le imprese in Italia per definire una revisione del sistema di regolamentazione e di finanziamento della domanda pubblica di prodotti farmaceutici e delle norme che regolano la loro commercializzazione e la fissazione dei loro prezzi, al fine di rendere compatibili tra loro l’attrazione di investimenti con la sostenibilità del sistema sanitario nazionale”, ha proseguito Giorgetti.
Il dialogo intrapreso con GSK e con altre importanti imprese farmaceutiche che operano sul piano globale, ha aggiunto il ministro, “è importante per l’innovazione regolamentare che vogliamo perseguire e anche per definire le collaborazioni virtuose e favorire gli investimenti in innovazione nel nostro Paese”. Al tempo stesso, precisa ancora Giorgetti, sarebbe auspicabile una convergenza nel sistema di regolamentazione all’interno dei paesi dell’Unione Europea.
Emergono dunque due temi fondamentali: “il primo è il sostegno finanziario pubblico agli investimenti in ricerca e sviluppo e il secondo è quello della riprogettazione del sistema normativo del settore e l’efficienza del sistema”. Il ministro Giorgetti ha poi assicurato che vi è la volontà di utilizzare rapidamente le risolse a disposizione e ne sono un esempio le agevolazioni fiscali: “il ministero dello Sviluppo Economico congiuntamente al quello dell’Economia e delle Finanze ha deciso di aumentare di cinque volte per un periodo di 10 anni il massimale del credito di imposta sugli investimenti nella ricerca e nello sviluppo delle industrie farmaceutiche”.
In conclusione, “i punti di forza della strategia da perseguire sono già presenti in Italia e riguardano la qualità della ricerca e del personale occupato nell’industria farmaceutica e GSK ne è un esempio”.
Dello stesso avviso anche il neo eletto sindaco di Verona Damiano Tommasi: “GSK in questi anni ha fatto molto per Verona e ha dimostrato sul campo quanto può dare alla comunità, al di là dell’aspetto produttivo. Mi riferisco alla capacità del Gruppo di generare valore e di avere da sempre una visione a lungo temine, visione che in Italia manca perché impegnata a gestire l’emergenza”, ha dichiarato.
Dall’evento è emerso chiaramente che per innovare in prevenzione è necessario il contributo di tutti ed una collaborazione su più livelli: i dicasteri che definiscono la politica economica e sanitaria del Paese, le regioni chiamate ad attuarla e le aziende farmaceutiche, fonte di competitività ed attrattività per l’Italia oltre che di fornitura di beni e servizi essenziali per la salute.
Conscia di dover dare il proprio contributo a questa sfida GSK ha voluto organizzare InnovaCtion, per celebrare 90 anni di ricerca, produzione ed export proprio dall’Italia. E ha voluto confermare il proprio impegno con 617 milioni di euro di investimenti in ricerca e produzione nelle strutture italiane nel quinquennio 2020-2024, di cui circa 300 nel prossimo biennio e oltre 400 sul totale destinati alla sola prevenzione nei siti di Siena e Rosia, in Toscana. Proprio a Siena, nei giorni scorsi sono stati investiti infatti 19 milioni di euro in nuovi laboratori per unire con ancora maggiore efficacia la ricerca allo sviluppo, sia nei progetti locali che in quelli internazionali.
Dell’impegno dell’azienda in Italia, degli investimenti passati e del futuro ha parlato Fabio Landazabal, presidente e amministratore delegato GSK S.p.A. “Siamo a Verona da 90 anni, la nostra è una storia di sviluppo, investimento e crescita. Verona ora è un centro strategico per coordinare gli investimenti, e abbiamo sviluppato un polo biofarmaceutico a Parma e in Toscana”, ha detto. Tra il 2020 e il 2022 sono stati investiti circa 300 milioni di euro e altrettanti sono stati preventivati per il 2023 e 2024. “Stiamo investendo in ricerca sul sistema immunitario in chiave terapeutica e per la prevenzione. Nuove tecnologie ci permettono di prevenire malattie nell’adulto, il nuovo centro veronese è pensato anche per attrarre talenti, creare uno spazio in cui generare nuove soluzioni. Anticipare la malattia è la missione più ambiziosa – ha concluso Landazabal - ma serve lavorare insieme con istituzioni, pazienti e società scientifiche. Il miglior modo per anticipare la malattia è prevenirla e in questa direzione vanno gli investimenti del PNRR e noi dobbiamo intervenire sul piano vaccinale”.
La parola “vaccini” chiama necessariamente in causa la parola “prevenzione”. In Italia la prevenzione è diffusa ed efficace fra bambini e adolescenti ma per gli adulti si è ancora lontani dagli obiettivi prefissati.
Come precisato da Roger Connor, presidente Vaccines and Global Health GSK, “la vaccinazione degli adulti è generalmente scarsa, se si confrontano i tassi di copertura con quelli dei bambini”. Inoltre durante la pandemia i tassi di vaccinazione degli adulti sono diminuiti significativamente. Affinché si verifiche una inversione di rotta è necessario un “cambiamento di paradigma. Per far sì che ciò accada, - ha proseguito Connor - abbiamo bisogno di tre azioni: i vaccini per adulti devono essere disponibili e finanziati dal sistema sanitario; questi vaccini devono essere facilmente accessibili e, infine, abbiamo bisogno che i nostri cittadini si convincano che hanno bisogno di questi vaccini, che si ricordino di farli e che siano disposti ad assumerli. Non è facile – ha concluso - ma ci siamo riusciti durante la Covid, possiamo farlo di nuovo”.
Secondo il Rapporto Osmed del 2021, la spesa totale per i vaccini in Italia è stata pari a 562,5 milioni di euro nel 2020 ma, analizzando tale spesa, emerge come per le vaccinazioni destinate all’adulto - quali l’antinfluenzale, lo pneumococco 23 valente e l’herpes zoster, in totale sono stati spesi solo 108 milioni di euro. Una cifra che però ha permesso di coprire solo parzialmente la popolazione eleggibile: in particolare, l’antinfluenzale per la coorte degli over 65enni ha raggiunto il 63%, a fronte di un obiettivo del 75%, come indicato nel Piano nazionale di prevenzione vaccinale 2017-2019. Mentre sempre per la stessa fascia di età il vaccino antipneumococcico 23 valente ha raggiunto solo il 3% a fronte di un indice previsto del 75%; marginale è pure il dato riferito alla somministrazione di anti herpes zoster, che riguarda soltanto l’1% del target, contro un obiettivo del 50%.
Per raggiungere gli obiettivi di copertura prefissati dal Piano nazionale di prevenzione vaccinale (Pnpv), solo per queste tre vaccinazioni bisognerebbe investire il 229% in più (2,4 Md€), senza considerare i soggetti cronici e immuno-compromessi che sono fortemente raccomandati alla vaccinazione, ma per i quali il piano non fissa obiettivi di copertura.
In tutto questo il problema però non è solo quello di trovare risorse per produrre e comprare più vaccini ma anche di trovare le soluzioni normative, organizzative e regolatorie di accesso che permettano di identificare le persone adulte che possono beneficiare di certe vaccinazioni e creare per loro un sistema facile che li porti a proteggersi. Per tale motivo l’esperienza fatta con le vaccinazioni anti Covid di massa nell’adulto potrebbe rivelarsi preziosa per creare anagrafi vaccinali e campagne informative efficaci.
“Il mondo vaccinale contemporaneo è particolarmente complesso. Affinché le strategie vaccinali siano efficaci c'è bisogno di una serie di elementi. Il primo è che le agenzie regolatorie funzionino”, ha sottolineato Walter Ricciardi, professore ordinario di Igiene all’Università del Sacro Cuore, consigliere scientifico del ministro della Salute. “Bisogna che ci siano agenzie regolatorie competenti, rapide, trasparenti ed efficaci. Inoltre, le istituzioni pubbliche devono fare comunicazione, perché ci sono dei vantaggi enormi. Lo devono fare attivamente, coinvolgendo tutti i media a seconda delle fasce di età, compresi i social media per i giovani”.
Come sottolineato da Rino Rappuoli, chief scientist GSK Vaccines, GSK è un’azienda da sempre impegnata nella ricerca dei vaccini, da quelli utilizzati nei paesi in via di sviluppo come quello contro il tifo, fino all’Herpes Zoster e alla ricerca per i vaccini contro il cancro. “Noi in GSK, un mese fa, abbiamo annunciato un vaccino che funziona negli anziani e che protegge dal virus respiratorio sinciziale. Ora è in fase di revisione e sono molto orgoglioso di dire che tra un anno circa avremo un vaccino nuovo che è stato un sogno per l’umanità per 60 anni”.
Le tecnologie di oggi permettono anche di creare vaccini per contrastare l’antibioticoresistenza. “Ora ci stiamo concentrando sui batteri, perché la resistenza agli antibiotici è un problema urgente”, ha proseguito Rappuoli sottolineando come in diversi casi gli antibiotici non sono più efficaci. “Abbiamo diversi batteri su cui stiamo lavorando. La resistenza agli antibiotici è la nuova pandemia: non così veloce come il Covid, arriva piano e non si ferma” con il rischio che possa diventare un “problema insostenibile. I vaccini saranno il futuro dell’uomo”, ha concluso Rappuoli ma per far sì che ciò accada si devono “affiancare le nuove e le vecchie tecnologie per utilizzare le più appropriate al momento più opportuno” e spingere anche la popolazione adulta a vaccinarsi.
“Con il Covid abbiamo visto che gli anziani hanno risposto meglio alla campagna vaccinale”, ha poi ricordato Giovanni Rezza, direttore generale della Prevenzione sanitaria del ministero della Salute. “Questo ci indica che la percezione del rischio è importante e più è elevata la percezione più le persone si vaccinano”.
Ad aumentare il divario tra vaccinazione in età pediatrica e nell’adulto c’è il fatto che “nei bambini noi abbiamo l’obbligo vaccinale per l’accesso scolastico e questo ha alzato le coperture vaccinali con un conseguente controllo delle epidemie. Per la popolazione adulta serve dunque maggiore comunicazione da parte dei medici di medicina generale, dei farmacisti” e di tutti gli specialisti che rappresentano il primo contatto con il cittadino. “L’Italia è pioniera nella vaccinazione dell’adulto con il calendario per la vita. Tutti i vaccini a disposizione sono inseriti nei LEA con una offerta molto ampia. Bisogna però fare di più per aumentare le coperture nell’anziano”, ha concluso.
Come sottolineato anche dallo stesso Giovanni Rezza, il valore dei vaccini sta nel loro guadagno. Investire nella prevenzione fa bene non solo alla salute delle persone ma anche all’intero Servizio Sanitario Nazionale e alle casse dello Stato. Se la parola “vaccini” chiama in causa la parola “prevenzione”, queste non possono esistere senza innovazione e sostenibilità.
A proposito di ciò Nicola Magrini, direttore generale dell’Agenzia Italiana del Farmaco ha lanciato un messaggio per il prossimo quinquennio: “alla luce dei dati è garantita la sostenibilità del sistema farmaceutico e in esso quella dei vaccini. Il vero elemento che potrebbe incidere sugli equilibri sono gli orizzonti di guerra. Ciò che viene destinato dalla spesa corrente potrebbe cambiare qualche equilibrio. Ma la salute pubblica resta la proprietà e compito del sistema sanitario è di garantire la piena accessibilità a farmaci e vaccini”.
“Investire in salute consente un miglioramento della vita delle persone e, tra i diversi vantaggi, le rende più efficienti sul piano produttivo”, ha aggiunto Luca Paolazzi, consigliere del ministro dell’Economia e delle Finanze. “Questo settore è tra i più importanti dell’industria italiana: conosciamo la moda, l’arredamento, l’alimentare, mentre siamo tra i primi al mondo in quello farmaceutico. Dobbiamo innalzare occupazione e investimenti, con un’attenzione particolare alle figure professionali femminili”.
A proposito di cosa poter fare concretamente per incentivare gli investimenti nel nostro paese, la “Fondazione Enea Tech ha molti strumenti per implementare le innovazioni e non farle andare all’estero”, ha precisato Giovanni Tria, economista, presidente della Fondazione Enea Tech e Biomedical, consigliere del ministro dello Sviluppo Economico. L’idea è quella di “agire in modo strategico costruendo poli di ricerca, sperimentazione clinica e banche dati che aiutano tutti coloro che dalla ricerca vogliono arrivare fino all’industria”.
Secondo l’esperto c’è infatti in Italia una ricerca importante che non si trasforma in brevetti e che quindi non ha un futuro industriale. Per questo serve supportare i brevetti e incentivare questo passaggio. Inoltre, “serve supportare un sistema che renda conveniente per i privati fare investimenti in Italia. Qui c’è una buona ricerca, tecnici che garantiscono la qualità, però le autorizzazioni richiedono molto tempo. Lentezza che si ritrova anche nell’ingresso sul mercato, anche perché il sistema sanitario è regionalizzato”. Occorre dunque, ha concluso Tria, rendere efficiente il sistema regolatorio con investimenti per uffici adeguati e personale adeguato per rispondere alle esigenze dell’industria in tempi rapidi. Se si riuscirà a fare questo l’Italia potrebbe avere altre opportunità di investimento.
A proposito di sistemi sanitari regionali, Giovanni Pavesi, direttore generale Welfare Regione Lombardia, ha portato l’esperienza di questa Regione in cui risiedono circa 10 milioni di abitanti. “Il tema della vaccinazione è anche un tema di organizzazione aziendale e di modelli organizzativi”, ha detto Pavesi. “In Regione Lombardia abbiamo cercato di privilegiare i modelli organizzativi che ci consentissero di mantenere una forte governance centrale ma che poi rafforzassero l'operatività delle singole aree operative nelle singole Asst. La ragione che ci ha portato a questo modello organizzativo è l'esperienza del Covid” che ha insegnato a tutti l’importanza di una buona comunicazione e la necessità di portare la vaccinazione vicino ai cittadini, ha concluso.
Dello stesso avviso si è mostrato George Katzourakis, senior vice president Head of Europe GSK. “La pandemia ha sottolineato l’importanza cruciale della ricerca e dell’innovazione nel campo della salute pubblica e ci ha mostrato come sia possibile raggiungere risultati incredibili quando si collabora per obiettivi condivisi”, ha sottolineato Katzourakis. Inoltre, il “Covid-19 ci ha mostrato anche delle aree di miglioramento: l'Europa e i singoli stati membri hanno bisogno di un ambiente politico che sostenga lo sviluppo e la produzione di nuovi farmaci, ma anche il loro accesso ai pazienti. Questo è fondamentale perché l'industria possa continuare a investire e a produrre innovazione medica”.
Al presidente della Conferenza delle Regioni e governatore della Regione Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga le conclusioni dei lavori. “Ritengo sia fondamentale una forte collaborazione tra privato e pubblico per incentivare la ricerca scientifica nel nostro paese. Non c'è dubbio che l'Italia, dal punto di vista della capacità manifatturiera nel settore farmaceutico, sia tra le più avanzate al mondo. Perciò dobbiamo attrarre ricerca sul territorio italiano ed europeo”.
“La prevenzione è fondamentale: da una parte per attrarre investimenti economici nel nostro Paese, dall’altra ovviamente nell'interesse pubblico e per la salute pubblica. Dobbiamo arrivare a organizzare un sistema nel quale - grazie ai dati sanitari a disposizione - siamo in grado di anticipare l’acuzie o la cronicità di una patologia per un paziente. Oggi l'approccio principale è: ‘c'è una patologia chiedo una risposta medica’. Invece, noi dovremmo in prospettiva riuscire ad avere una risposta medica prima che la malattia si manifesti. Le regioni possono essere valide alleate per raggiungere questo obiettivo e sono pienamente a disposizione. Infine, dobbiamo cominciare a spostarci dalla propaganda alla programmazione. Non possiamo infatti pensare di attrarre investimenti stranieri se non offriamo una programmazione, con regole chiare e certe”.