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QS Edizioni - domenica 24 novembre 2024

Scienza e Farmaci

Covid. Per la Johns Hopkins i lockdown non riducono la mortalità ma molti scienziati non sono d’accordo

di C.F.
immagine 15 febbraio - L’università americana ha recentemente pubblicato una sua review dove ha analizzato diversi studi internazionali per valutare se esiste una correlazione tra i lockdown e la riduzione della mortalità per Covid concludendo che i blocchi hanno avuto effetti minimi o nulli sulla salute pubblica. Ma questa tesi è stata ribaltata da molti scienziati di altri atenei secondo i quali lo studio della John Hopkins è in realtà molto poco attendibile
Durante questi due anni di pandemia abbiamo assistito molto spesso a confronti anche aspri e polemici tra scienziati su diversi aspetti di questa emergenza sanitaria.
 
L’effetto di queste diatribe è spesso quello di disorientare i non addetti (ma anche i nostri decisori politici) lasciando sul campo un senso di smarrimento ma anche dando vita a vere e proprie fazioni di pensiero che influenzano i comportamenti e le decisioni individuali e collettive su come agire per contrastare la pandemia.
 
A tutto ciò gli scienziati sono i primi a rispondere che la scienza è in continua evoluzione e che ciò che oggi sembra un fatto domani non lo è più o viceversa.
 
Il problema è che con questa pandemia abbiamo appreso sulla nostra pelle cosa vuol dire fare una cosa o farne un’altra (vi ricordate lo scetticismo sulle mascherine a inizio emergenza, mentre oggi sono un presidio che nessuno mette più in discussione?) e che gli stop and go sugli approcci (una volta allarmistici, una volta rassicuranti) pronunciati da scienziati diversi (ma a volte dallo stesso che cambia idea) ci hanno quanto meno frastornato, portandoci ad atteggiamenti nostro malgrado non sempre coerenti.
 
In questa fattispecie rientra oggi una nuova querelle di cui in Italia si è ancora parlato poco, con l’eccezione di una presa di posizione sul nostro giornale della senatrice (medico) Laura Stabile di Forza Italia che ne ha accennato ieri in una lettera.
La polemica è scaturita dopo la pubblicazione da parte della Johns Hopkins University di una review finalizzata, come scrivono gli stessi autori, a determinare se esistano o meno prove empiriche a sostegno della convinzione che i "lockdown" riducano la mortalità da COVID-19.
 
Chiarito che per lockdown si intende l’imposizione di almeno un intervento obbligatorio non farmaceutico (NPI) la review del prestigioso ateneo americano conclude con la tesi che “i blocchi hanno avuto scarsi o nessun effetto sulla mortalità da COVID-19”.
 
Ma essi, affermano ancora gli autori, “hanno invece imposto enormi costi economici e sociali là dove sono stati adottati”.
 
Per questo “le politiche di blocco sono infondate e dovrebbero essere estromesse dagli strumenti di contrasto alla pandemia”
 
Considerando che tale tesi non viene da ambienti no vax o complottisti ma da un ateneo del quale è universalmente riconosciuta l’autorevolezza è ovvio che se ne sia discusso molto all’interno della comunità scientifica internazionale.
 
Un dibattito molto accesso che grazie alla raccolta di dichiarazioni effettuata dal network Scienze Media Center ci consente di fare luce su come la pensino in proposito molti altrettanto autorevoli scienziati.
 
Ma prima vediamo più nel dettaglio le conclusioni della review della Johns Hopkins.
Lo studio ha utilizzato una procedura sistematica di ricerca e screening in cui sono stati identificati 18.590 studi potenzialmente inerenti la tematica. Dopo tre livelli di screening ne sono stati selezionati in via definitiva solo 24 sui quali si è poi basata l’analisi delle politiche di lockdown in rapporto agli effetti sulla salute e la mortalità.
 
L’analisi di questi studi ha portato alla conclusione che i lockdown hanno avuto scarsi o nessun effetto sulla mortalità da COVID-19.
 
In particolare, gli studi sull'indice di rigore delle misure adottate avrebbero rilevato che i blocchi in Europa e negli Stati Uniti hanno ridotto la mortalità da COVID-19 in media dello 0,2%. Anche gli inviti a restare a casa sono risultati inefficaci, e avrebbero ridotto la mortalità COVID-19 in media del 2,9%.
 
Inoltre, studi specifici sulle misure non farmaceutiche non evidenziano prove ad ampia base di notevoli effetti sulla mortalità da COVID-19.
 
Insomma, una bocciatura completa, almeno ai fini del contenimento della mortalità Covid, di tutte le misure di lockdown adottate comprese quelle più comuni come isolamento e distanziamento ma anche mascherina.
 
E vediamo allora cosa ne pensano gli altri scienziati

Per Neil Ferguson, Direttore del Centro MRC per l'analisi delle malattie infettive globali, Jameel Institute, Imperial College London, "Questo rapporto sull'effetto dei "blocchi" non fa avanzare in modo significativo la nostra comprensione dell'efficacia relativa della pletora di misure di salute pubblica adottate da diversi paesi per limitare la trasmissione di COVID-19. In primo luogo, le politiche che comprendevano il "blocco" variavano notevolmente tra i paesi, il che significa che definire il termine è problematico”.
 
“Una seconda e più importante questione – dice ancora Ferguson - è che i metodi statistici utilizzati per stimare l'impatto degli NPI utilizzando i dati osservazionali devono essere appropriati. Tali interventi hanno lo scopo di ridurre i tassi di contatto tra gli individui in una popolazione, quindi il loro impatto principale, se efficace, è sui tassi di trasmissione. Gli impatti sull'ospedalizzazione e sulla mortalità sono ritardati, in alcuni casi di diverse settimane. Inoltre, tali misure sono state generalmente introdotte (o intensificate) durante i periodi in cui i governi hanno visto ricoveri e decessi in rapida crescita. Quindi la mortalità osservata immediatamente dopo l'introduzione del lockdown è generalmente più alta. Né il blocco è un singolo evento come ipotizzano alcuni degli studi che alimentano questa meta-analisi; la durata dell'intervento deve essere presa in considerazione nel valutarne l'impatto”.
 
Per Seth Flaxman, Professore Associato presso il Dipartimento di Informatica dell'Università di Oxford, “Il fumo provoca il cancro, la terra è rotonda e ordinare alle persone di rimanere a casa (la corretta definizione di lockdown) diminuisce la trasmissione delle malattie. Niente di tutto ciò è controverso tra gli scienziati. Uno studio che pretende di provare il contrario è quasi certo che sarà fondamentalmente imperfetto”.
 
“In questo caso – sottolinea Flaxman - un trio di economisti ha intrapreso una meta-analisi di molti studi precedenti. Fin qui tutto bene. Ma hanno sistematicamente escluso dalla considerazione qualsiasi studio basato sulla scienza della trasmissione delle malattie, nel senso che gli unici studi presi in considerazione nell'analisi sono studi che utilizzano i metodi dell'economia. Questi non includono fatti chiave sulla trasmissione della malattia come: i blocchi successivi sono meno efficaci dei blocchi precedenti, perché molte persone sono già infette; i blocchi non salvano immediatamente vite, perché c'è un ritardo dall'infezione alla morte, quindi per vedere l'effetto dei blocchi sui decessi Covid dobbiamo aspettare circa due o tre settimane”.
 
“È come se volessimo sapere se il fumo provoca il cancro e così abbiamo chiesto a un gruppo di nuovi fumatori: hai avuto il cancro il giorno prima di iniziare a fumare? E il giorno dopo? Se lo facessimo, ovviamente concluderemmo erroneamente che il fumo non è correlato al cancro, ma ignoreremmo la scienza di base. La scienza delle malattie e delle loro cause è complessa e ci riserva molte sorprese, ma esistono metodi appropriati per studiarla e metodi inappropriati. Questo studio esclude intenzionalmente tutti gli studi radicati nell'epidemiologia, la scienza della malattia", conclude il dottor Flaxman.
 
Samir Bhatt, Professore di Statistica e Salute Pubblica, Imperial College London esprime anch’egli molte perplessità: “Trovo che questo documento abbia dei difetti e debba essere interpretato con molta attenzione. Dopo due anni, sembra ancora concentrarsi sulla prima ondata di SARS-COV2 e in un numero molto limitato di paesi. L'aspetto più inconsistente è la reinterpretazione di cosa sia un lockdown. Gli autori definiscono il lockdown come “come l'imposizione di almeno un intervento obbligatorio, non farmaceutico”.
 
“Questa interpretazione renderebbe quindi l’indossare una maschera equivalente a un blocco. Per una meta-analisi usare una definizione che è in contrasto con la definizione del dizionario (uno stato di isolamento o accesso limitato istituito come misura di sicurezza) è strano. Gli autori – prosegue Bhatt - confondono ulteriormente le cose quando nella Tabella 7 tornano alla definizione più comune di lockdown. È una parola ombrello per una serie di politiche rigorose progettate per ridurre il numero di riproduzione al di sotto di uno e fermare la crescita esponenziale delle infezioni. Il blocco in Danimarca e il blocco nel Regno Unito sono costituiti da politiche individuali molto diverse”.
 
Per David Paton, Chair of Industrial Economics, Nottingham University Business School, va osservato che “In primo luogo, il documento non è ancora sottoposto a revisione paritaria. Sembra essere di buona qualità ma ovviamente i risultati devono essere interpretati con quest'avvertenza”.
 
Insomma i commenti di questi studiosi sembrano concordare sul fatto che la review della Johns Hopkins non debba essere presa come oro colato e per qualcuno le perplessità sono molto forti tanto da mettere in dubbio l’intero studio sia dal punto di vista del metodo che del merito.
 
Il problema è che, come per quasi tutte le polemiche scientifiche sorte attorno al Covid, anche in questo caso quella che potrebbe restare una normale disputa tecnico-scientifica su metodi e risultati offre ovviamente il fianco a strumentalizzazioni o quanto meno a “interpretazioni” interessate da parte di chi ha sempre visto il lockdown come una misura inutile e liberticida ma anche tra chi al contrario lo ha appoggiato e su quelle critiche alla review della John Hopkins può trarre convincimento che il lockdown è servito, eccome.
 
Che dire…parafrasando Humphrey Bogart: “E’ la scienza bellezza e non puoi farci niente!”.
 
C.F.
15 febbraio 2022
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