Dopo un ictus cerebrale, la depressione è un sintomo frequente: nonostante circa un terzo dei sopravvissuti a un ictus sviluppi questo disturbo dell’umore, si tratta tuttora di una condizione largamente sotto-diagnosticata e spesso non trattata. La frequenza di depressione post-ictus è maggiore nel primo anno, raggiungendo valori fino al 55% dei pazienti e tende successivamente a ridursi, sia in maniera spontanea che per effetto delle terapie; tuttavia, il disturbo può anche diventare cronico, potendo essere rilevato in una percentuale non trascurabile delle persone (20-30%) anche a 3 anni dall’evento acuto.
A puntare i riflettori su questo disturbo dell’umore è
l’Associazione per la Lotta all’ictus cerebrale (A.L.I.Ce. Italia ODV). Lo sviluppo della Depressione Post Ictus (PSD - Post-Stroke Depression), spiega una nota, può avere un andamento non lineare, con sintomi che talvolta possono comparire anche a lunga distanza dall’ictus e si mantengono per lungo tempo.Le persone mostrano un maggior tasso di mortalità, presenza di declino cognitivo, più elevati livelli di disabilità e qualità della vita complessivamente ridotta. Lo stato dell’umore, quindi, influenza non solo il recupero motorio, ma anche il rischio di morte per un successivo evento cardio-cerebrovascolare.
“Il dibattito sulla correlazione tra depressione e sede di lesione cerebrale – dichiara
Massimo Del Sette, Direttore Uoc Neurologia Policlinico San Martino Irccs di Genova – è tuttora in corso e non vi sono ancora evidenze certe. Da diversi studi emerge come le lesioni a livello della corteccia frontale sinistra si associno più frequentemente a PSD rispetto a quelle a localizzazione posteriore o emisferiche destre; inoltre, è stata descritta una correlazione inversa tra distanza della lesione dal polo frontale e gravità della depressione, in quanto le lesioni più prossime al polo frontale sarebbero responsabili di una sintomatologia depressiva più “grave”.
Quali sono i fattori di rischio per PSD? Si possono distinguere 3 principali categorie di fattori di rischio:
Fattori già presenti prima dell’ictus: genere femminile, storia personale di malattia psichiatrica (in particolare depressione), presenza di altri disturbi del carattere o della personalità;
Fattori correlati alla lesione vascolare cerebrale: ictus di grandi dimensioni o multipli, sede nelle regioni frontali oppure nelle strutture cerebrali profonde;
Fattori che compaiono dopo l’ictus: elevata disabilità post-ictus, presenza di deficit del linguaggio, presenza di isolamento sociale.
Come identificare la PSD. I medici, i pazienti e soprattutto i parenti devono essere consapevoli dell’esistenza di questo problema, che non va sottovalutato, ma deve essere diagnosticato precocemente, così da potere intervenire in modo appropriato, perché la PSD non va considerata come una reazione “normale” al fatto di avere subito un evento che improvvisamente determina un danno alla autonomia personale.
Come prevenire e come trattare la PSD. La strategia ideale è avere ben presenti i fattori di rischio, in modo da intraprendere le azioni volte a identificare precocemente la comparsa di PSD e trattarla. Il trattamento consiste in interventi farmacologici e psico-sociali, con approcci integrati che prevedano sempre il coinvolgimento del caregiver. La terapia per la depressione post-ictus è in grado di migliorare, oltre i sintomi depressivi, anche il recupero funzionale, sottolineando dunque l’importanza di un precoce trattamento della depressione stessa.
“Il grande spavento, il dover seguire un determinato stile di vita, magari con cibi “vietati” e assunzione quotidiana di farmaci, non permettono alla persona che sopravvive all’ictus di sentirsi quella di prima – afferma
Andrea Vianello, Presidente di A.L.I.Ce. Italia Odv, – ma possono far percepire sé stesso come malato, diverso dagli altri, ancora a rischio. Sicuramente il post ictus è una fase delicata, durante la quale è necessario prendere consapevolezza del cambiamento avvenuto e attivare quelle risposte comportamentali necessarie per ottenere il recupero funzionale e per ricominciare a pensare alle prospettive di vita futura”.