4 maggio -
“Sono dati confortanti. E lo sono per l’intera economia italiana” Così Sergio Dompé, presidente della Farmindustria, ha aperto il suo intervento nel corso della presentazione di Bio In Italiy, il Rapporto 2011 sulle biotecnologie nel nostro Paese, realizzato da Ernst & Young per conto di Assobiotech, l’Associazione nazionale per lo sviluppo delle biotecnologie.
“Questo settore” ha proseguito Dompé “costituisce un esempio importante per l’intero comparto produttivo italiano, soprattutto per la capacità che i suoi uomini hanno mostrato di saper gestire la complessità in un momento difficile per l’economia europea e mondiale”. “Certo” ha aggiunto il presidente di Farmindustria “è altrettanto importante che i segnali provenienti dal comparto biotecnologico siano colti da chi ci governa e che si tenga debito conto di come questo comparto generi valore sociale, scientifico, tecnologico ed economico, con esempi di eccellenza diffusi”. A questo proposito Dompè si è richiamato ai provvedimenti allo studio del Governo sulla competitività del sistema Italia, auspicando l’inserimento al loro interno di disposizioni che mirino a incentivare le nuove aree di produzione anche attraverso specifiche forme di defiscalizzazione degli investimenti in ricerca. Che, peraltro, insieme all’innovazione, appare essere il vero “motore” dell’attuale successo delle 375 aziende italiane che lavorano nel campo delle biotecnologie.
Occorre però guardare avanti. Innanzitutto offrendo una tutela specifica alla proprietà intellettuale che, oggi, richiede l’individuazione di nuove forme di protezione: “La ricerca” ha osservato Dompé “tende sempre più a valicare i confini delle singole aziende: occorre quindi pensare a logiche di “open source protection” tali da far sì che le nuove scoperte non debbano essere vincolate a un solo utilizzo ma possano dispiegare le proprie potenzialità su un numero più ampio di applicazioni – fenomeno questo caratteristico delle biotecnologie, nelle quali cresce il numero delle aziende “multi core” che “spendono” le competenze acquisite in settori produttivi diversi – attraverso la crescita delle interazioni multidisciplinari con altri ambiti di ricerca”.
In quest’ottica va impostata la politica industriale del nostro Paese “che deve mettere in condizione le imprese di operare, crescere e, soprattutto, svilupparsi in Italia, dove va “promossa la cultura dell’innovazione assicurandone la sostenibilità economica in un quadro normativo stabile e con regole certe”.