28 maggio -
Insieme alla malaria e alla tubercolosi, il diabete mellito è una delle tre emergenze sanitarie indicate dalle Nazioni Unite e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. E non a caso, visto che rappresenta una sfida, oltre che un’emergenza, per i sistemi sanitari di tutto il mondo. La sua prevalenza, peraltro in costante aumento, lo impone come priorità nelle agende politiche di tutti i Paesi del mondo. Secondo stime della
International Diabetes Federation, entro il 2030 potrebbero esserci nel mondo 600 milioni di persone con diabete. Per quanto riguarda l’Italia, i dati dell’Osservatorio ARNO Diabete 2012, indicano una prevalenza del diabete del 6,2% pari a 3.750.000 di individui affetti. Accanto a questi, vanno considerati i diabetici noti ma senza esenzione ticket, non farmaco-trattati e senza l’indicazione del diabete nella SDO di un eventuale ricovero ospedaliero e anche tutti i soggetti che sono diabetici senza che la malattia sia mai stata diagnosticata. Nel complesso dunque la popolazione diabetica italiana potrebbe non essere inferiore a 5 milioni; un italiano su 12 insomma, un diabetico per famiglia, una vera pandemia insomma.
“La sfida che ci pone il diabete – afferma il
professor Enzo Bonora, presidente eletto della Società Italiana di Diabetologia (SID) - è complessa è articolata. Oltre ai dati di prevalenza, decisamente allarmanti, va considerato anche che ci troviamo di fronte ad una malattia cronica, che ha una durata, per quanto riguarda il diabete di tipo 2, al momento non inferiore ai 20-30 anni, ma in continuo aumento, grazie a cure sempre migliori che prolungano la sopravvivenza. L’età media alla diagnosi in Italia è attualmente 50 anni ma ormai in molti, il diabete di tipo 2 compare già a 20 - 30 anni, con la prospettiva dunque di convivere con la malattia per i successivi 40-50 anni. Nel caso del diabete tipo 1, malattia che insorge quasi sempre prima dei 20 anni, ma anche da bambini, i pazienti raggiungono ormai spesso gli 80 anni di età, vivendo con questa condizione per 7-8 decadi e più”.
Il diabete non è solo la glicemia alta, ma una malattia che investe ogni singolo organo del corpo; alla sua patogenesi contribuiscono infatti cellule pancreatiche, muscolo scheletrico, fegato, tessuto adiposo, intestino, rene, cervello, in diversa misura. “Anche per questo – ricorda il
prof. Bonora - ogni diabetico è unico nel suo genere e la sua malattia merita una personalizzazione nella diagnosi, nel monitoraggio e nella cura. Una personalizzazione che deve tener conto del fatto che il diabete non è solo iperglicemia ma anche dislipidemia, ipertensione, infiammazione, trombofilia e stress ossidativo”. Nella persona con diabete, sono tutti i tessuti e tutte le cellule dell’organismo a soffrire a causa dell’iperglicemia e dei difetti associati. “Oltre alle complicanze croniche ‘tradizionali’ a carico dell’occhio, del rene e dei nervi (microangiopatia) e dei vasi sanguigni (macroangiopatia) – spiega il
professor Bonora – il diabete aumenta il rischio di malattie polmonari e gastrointestinali, cutanee e osteo-articolari, ematologiche e immunologiche e raddoppia il rischio di sviluppare praticamente tutti i tumori”.
Purtroppo, al momento della diagnosi solo il 20% dei pazienti non presenta danno d’organo, mentre l’80% ha già alterazioni del fondo dell’occhio (retinopatia) o una riduzione di funzionalità renale, o alterazioni neurologiche somatiche o autonomiche (neuropatia) o lesioni aterosclerotiche a livello delle carotidi o delle arterie degli arti inferiori. Non sono rari i casi, in cui la malattia viene diagnosticata in occasione di un infarto o di ictus. Il diabete è la prima causa di cecità, la seconda causa di insufficienza renale terminale con necessità di ricorrere a dialisi o trapianto, la prima causa di amputazione non traumatica degli arti inferiori e una concausa in almeno la metà degli infarti e degli ictus. “In Italia – ricorda il
prof. Bonora - ogni 7 minuti una persona con diabete ha un attacco cardiaco, ogni 26 minuti una persona con diabete sviluppa un’insufficienza renale, ogni 30 minuti una persona con diabete ha un ictus, ogni 90 minuti una persona subisce un’amputazione a causa del diabete e ogni 3 ore una persona con diabete entra in dialisi”. Complicanze che possono abbattersi anche sulla durata della vita, decurtandola di 7-8 anni.Ogni 20 minuti nel nostro Paese, una persona muore a causa del diabete.
Alle persone con diabete viene chiesto un coinvolgimento particolare e continuo nella gestione di questa condizione. “Come in nessun’altra malattia – ricorda il
prof. Bonora - l’esito dipende da quanto il paziente partecipa al monitoraggio e alla cura. Questo implica un’adeguata educazione del paziente alla gestione della malattia da parte delle figure professionali impegnate nella cura delle persone con diabete. Il diabete si cura in
team, comprendenti diabetologi, infermieri e dietisti esperti; ma anche psicologi, podologi, nefrologi, cardiologi, oculisti, neurologi, specialisti che abbiano competenze specifiche nella cura del piede (diabetologi diventati chirurghi, chirurghi plastici, chirurghi vascolari, ortopedici, infettivologi, fisiatri). E’ necessario stringere un’alleanza terapeutica con il paziente, che richiede anche un ingente investimento di tempo. Per conseguire la necessaria aderenza non bastano infatti raccomandazioni verbali frettolose o foglietti con scarne istruzioni. Servono ascolto ed empatia, pazienza e comprensione, dedizione e compassione”.
Come visto, il diabete è una malattia cronica particolare, che richiede uno specifico modello assistenziale. A differenza da altre malattie croniche infatti, il diabete non riguarda un solo organo o apparato. Costa inoltre una quantità enorme di soldi, alla società e al singolo individuo. I dati più recenti sulla cura del diabete indicano che in Italia ogni persona con diabete costa al SSN circa 3.000 euro. Una somma peraltro sottostimata, perché basata sulle tariffe (es. rimborso forfettario di un ricovero col sistema dei DRG) e non sui costi reali (es. costo della giornata di degenza moltiplicato per la durata della stessa). Il costo per i farmaci anti-diabetici, per i presidi (strisce per misurare a domicilio la glicemia), per le visite diabetologiche e per il monitoraggio di laboratorio (es. emoglobina glicata) rappresentano nel loro complesso solo il 10% dei costi totali, mentre il 90% degli stessi è rappresentato dalla spesa per i ricoveri ospedalieri e diagnosi, monitoraggio e terapia delle complicanze acute e croniche.
“Per vincere questa sfida – conclude il
professor Bonora - è fondamentale un’alleanza forte tra chi cura la malattia e chi ha la malattia, fra medici di famiglia e specialisti, fra ospedale e territorio, fra clinici e ricercatori, fra enti governativi nazionali e locali, fra soggetti pubblici e privati, fra istituzioni pubbliche, associazioni di pazienti e società scientifiche. Un’alleanza che includa anche le aziende del settore farmaceutico e dei biomedicali per identificare strumenti di diagnosi e cura sempre più efficaci e sicuri e per realizzare e sostenere ricerca, assistenza, formazione e divulgazione nel campo del diabete”.