17 giugno -
Gli agenti chemioterapici determinano numerose reazioni poco piacevoli a livello della cute, delle mucose e degli annessi. I farmaci antineoplastici causano innanzitutto una diminuzione rapida e importante dello spessore dell’epidermide e dell’attività mitotica dei cheratinociti, che perdono la loro mobilità e la loro capacità di divisione, per cui la rigenerazione epidermica risulta rallentata. Diminuisce la vascolarizzazione e vengono danneggiate le fibre collagene ed elastiche del derma che porta a una cute “lassa”. Si altera la regolazione delle ghiandole sudoripare e sebacee nonché il trofismo del pelo, con un aumento della secchezza cutanea.
A livello delle cellule pigmentarie viene inibita la sintesi melanocitaria.
Le alterazioni cliniche ed istologiche causate dai chemioterapici sono tipiche anche nei comuni processi di invecchiamento, per cui sommate agli effetti dell’età portano alla comparsa precoce o aumento delle rughe.
L’utilizzo di nuove classi di farmaci usati in oncologia quali gli inibitori del recettore per l’Epidermal Growth Factor (EGFr), recettore molto attivo nelle cellule endoteliali, ha fatto registrare negli ultimi anni frequenti reazioni cutanee.
L’effetto tossico cutaneo di questo tipo di farmaci colpisce in prevalenza le zone seborroiche del volto, cuoio capelluto e torace, con meno frequenza le estremità e il dorso e si presenta come una eruzione acneiforme. Compare durante le prime due settimane di trattamento, si accompagna a prurito molto fastidioso e può essere complicata da ulteriori infezioni batteriche.
La secchezza cutanea e delle mucose ha un’incidenza variabile dal 12% al 35% nei clinical trials, e, spesso, rappresenta uno dei parametri cutanei che influenza in modo costante la qualità di vita del paziente.
Le patologie delle unghie, onicopatie, sono presenti in circa il 10-20% dei pazienti, durano a lungo e quindi risultano fortemente invalidanti.
Di certo l’effetto più noto che spaventa il paziente oncologico è l’alopecia indotta da chemioterapici. L’incidenza e l’entità dell’alopecia variano in base al farmaco assunto, con frequenze più elevate soprattutto per i taxani, le antracicline e gli agenti alchilanti. L’alopecia acuta del cuoio capelluto insorge da 1 a 8 settimane dall’inizio della chemioterapia ed è di solito reversibile. Casi di alopecia permanente da chemioterapici, sono associati alla somministrazione di busulfano (50% dei pazienti) e radiazioni (correlata alla dose ( > 700 Gy ) .
Barba, ciglia, sopracciglia, peli pubici ed ascellari sono affetti da alopecia in misura variabile, dipende dalla fase anagen del pelo all’inizio del ciclo terapeutico e dalla durata e posologia del trattamento.
Meno frequenti, ma non di minor importanza, sono le reazioni di ipersensibilità (orticaria, vasculite, eritema polimorfo, s. di Steven Johnson, ecc.), le alterazioni della pigmentazione cutanea, le mucositi (orale e anali) e le reazioni di fotosensibilizzazione, che necessitano di un accurata valutazione per ottimizzare la scelta del protocollo dermocosmetologico adeguato al singolo caso.